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Tag: Sanremo 2023

Giappone, nel 2023 record di export grazie a yen debole

Giappone, nel 2023 record di export grazie a yen deboleRoma, 24 gen. (askanews) – Le esportazioni del Giappone sono aumentate per il terzo anno consecutivo nel 2023, raggiungendo un livello record, grazie anche allo yen molto debole. Lo affermano i dati preliminari pubblicati oggi dal Ministero delle Finanze.

Le esportazioni totali hanno raggiunto i 100.880 miliardi di yen (626 miliardi di euro) lo scorso anno, in aumento del 2,8% rispetto al 2022. Le spedizioni di automobili sono aumentate del 32,7%, mentre quelle di macchinari edili e minerari sono cresciute del 16,2%. Lo scorso anno le importazioni totali sono state pari a 110.170 miliardi (684 miliardi di euro), in calo del 7%, a causa del calo dei prezzi del petrolio e del gas, con un conseguente deficit commerciale annuale di 9.290 miliardi di yen (57,7 miliardi di euro).

I dati commerciali mensili di dicembre hanno mostrato che le esportazioni sono aumentate del 9,8% rispetto all’anno precedente, mentre le importazioni sono diminuite del 6,8%. Le spedizioni dirette in Cina sono cresciute del 9,6% a dicembre, segnando il primo aumento su base annua in 13 mesi.

Giappone, partite trattative sui salari: previsti maxi-aumenti

Giappone, partite trattative sui salari: previsti maxi-aumentiRoma, 24 gen. (askanews) – Dirigenti aziendali e leader sindacali in tutto il Giappone hanno dato il via ai negoziati per fissare i salari per il nuovo anno fiscale, con forti utili aziendali che alimentano le speranze per il più grande aumento salariale degli ultimi tre decenni.

Japan Business Federation, la comnfindustria giapponese conosciuta anche come Keidanren, ha tenuto oggi a Tokyo il suo forum annuale sul lavoro e sul management. In un videomessaggio, il presidente Masakazu Tokura ha affermato che le aziende “hanno la responsabilità sociale” di aumentare i salari in modo da tenere il passo con l’inflazione. Le trattative salariali primaverili, conosciute come “shunto”, riuniscono sindacati e management per fissare i salari mensili prima dell’inizio dell’anno fiscale giapponese ad aprile. In Giappone i sindacati sono generalmente a livello aziendale, piuttosto che a livello di settore, e mirano a rafforzare la loro posizione negoziale tenendo colloqui più o meno nello stesso periodo.

“Il tasso di crescita salariale dello scorso anno è stato il più alto degli ultimi 30 anni, ma i salari reali non sono aumentati perché l’inflazione era ancora più alta”, ha detto in un’intervista Tomoko Yoshino, presidente della Confederazione sindacale giapponese Rengo, composta da 7 milioni di membri. “Siamo stati in grado di dimostrare che aumentare i salari è possibile. Nel 2024 vogliamo dimostrare che possiamo continuare ad aumentare i salari.” Rengo ha detto che quest’anno vuole almeno un aumento del 5% per i suoi membri. I capi di alcune grandi aziende giapponesi hanno già promesso di aumentare gli stipendi oltre l’obiettivo di Rengo. Takeshi Niinami, amministratore delegato del produttore di bevande Suntory Holdings, lo scorso ottobre ha dichiarato che la società aumenterà i salari in media del 7%. Anche Dai-ichi Life Holdings, una compagnia di assicurazioni sulla vita, prevede di aumentare i salari del 7%, in parte attraverso un nuovo piano di remunerazione azionaria per circa 50.000 dipendenti.

La contrattazione collettiva non ha quasi mai previsto i salari in Giappone da quando è scoppiata la bolla economica nei primi anni ’90. La situazione ha iniziato a cambiare intorno al 2022, quando l’inflazione è rimasta elevata e il management ha iniziato a sentire il peso di una grave carenza di manodopera. Lo shunto dello scorso anno si è tradotto in un aumento salariale medio di circa il 3,6%, il massimo degli ultimi 30 anni, che comprendeva un aumento dello stipendio base mensile e aumenti della retribuzione basata sull’anzianità. La Banca del Giappone, la banca centrale del paese, ha affermato che i colloqui sono fondamentali per determinare se esiste un “circolo virtuoso tra salari e prezzi” e per porre fine alla sua politica di tassi di interesse negativi. Il governatore della banca centrale Kazuo Ueda ha espresso le sue speranze per un ciclo virtuoso in una conferenza stampa dopo il suo ultimo incontro politico di martedì, dicendo: “I sindacati hanno espresso la loro politica di chiedere salari più alti rispetto allo scorso anno, e ci sono stati alcuni risultati positivi dichiarazioni del management, in particolare nelle grandi aziende”.

Questo “è un momento cruciale per determinare se l’economia del Giappone tornerà alla deflazione o si muoverà verso una completa fuga dalla deflazione”, ha detto lunedì il primo ministro Fumio Kishida in un incontro le parti sociali. Un punto critico è rappresentato dalle piccole imprese, che faticano a trasferire i costi più elevati ai propri clienti. In un sondaggio condotto questo mese su 833 piccole imprese dalla Johnan Shinkin Bank di Tokyo, solo il 27,7% ha dichiarato di voler aumentare i salari quest’anno, mentre il 35% ha dichiarato di non avere tali piani. Un altro 37,3% si dichiara indeciso.

Domani in Cdm norme per agevolare missione militare in mar Rosso

Domani in Cdm norme per agevolare missione militare in mar RossoRoma, 24 gen. (askanews) – La missione militare nel mar Rosso approderà domani in Consiglio dei ministri. Secondo quanto riferiscono fonti parlamentari di maggioranza, il Governo si appresta a modificare nel senso di una maggiore flessibilità la legge 145 del 2016, strumento che regola le missioni militari all’estero. Missioni già in atto potranno essere impiegate “nella medesima area” e ci potranno essere forze di “prontezza operativa” a disposizione per nuove crisi o situazioni di emergenza senza passare per un nuovo decreto. Il tutto potrebbe quindi “agevolare” si spiega negli stessi ambienti, lo svolgimento della prevista missione militare nel mar Rosso.

Nella bozza approdata in pre-Consiglio, fra le modifiche c’è quella relativa all’articolo 2, comma 2 della legge 145/2016. Nel testo attualmente in vigore si specifica che nell’informare le Camere “il Governo indica, per ciascuna missione, l’area geografica di intervento, gli obiettivi, la base giuridica di riferimento, la composizione degli assetti da inviare, compreso il numero massimo delle unità di personale coinvolte (…)”, qui si inserirebbero le parole “anche in modalità interoperabile con altre missioni nella medesima area geografica”. Un comma aggiuntivo al medesimo articolo 2 della legge, sempre secondo la bozza che circola negli ambienti governativi e di maggioranza, indica la possibilità per il Governo di “individuare forze ad alta e altissima prontezza operativa, da impiegare all’estero al verificarsi di crisi o situazioni di emergenza”, forze il cui “effettivo impiego” è deliberato dal Consiglio dei ministri, previa comunicazione al presidente della Repubblica. “La deliberazione è trasmessa dal Governo alle Camere, le quali, entro cinque giorni, con appositi atti di indirizzo, secondo i rispettivi regolamenti, ne autorizzano l’impiego o ne negano l’autorizzazione”.

Biden o Trump, quale politica estera in Usa dopo il 2024

Biden o Trump, quale politica estera in Usa dopo il 2024Roma, 24 gen. (askanews) – Joe Biden e Donald Trump hanno idee opposte sulla politica estera e sulla proiezione americana sullo scenario globale, ma la situazione contingente imporrà anche alcuni elementi di continuità all’indomani del voto presidenziale del 2024.

È quanto è emerso dall’incontro organizzato dal Centro Studi Americani, dal titolo “L’America e la leadership mondiale dopo il voto”, con la giornalista e conduttrice Monica Maggioni, Alessandro Colombo, professore di Relazioni internazionali presso l’Università di Milano, e l’esperto di Medio Oriente dell’Atlantic Council Karim Mezran. Maggioni ha sottolineato come sia difficile prevedere il comportamento della futura Amministrazione “in un momento di altissima disruption globale”: e se le differenze fra i due candidati sono strutturali “non è ancora detto che a giocarsela siano proprio loro: Nikki Haley non ha ancora rinunciato e ci sono i problemi legali di Trump”.

Per Biden tuttavia la difficoltà principale potrebbe trovarsi nell’andare alle urne con i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente ancora aperti: una situazione da cui Trump potrebbe trarre vantaggio poiché “dà risposte semplici a un elettorato al quale non importa molto delle questioni di politica estera”. Colombo da parte sua sottolinea tre temi su cui tutte le ultime Amministrazioni hanno dovuto confrontarsi: “Un problema, e cioè che il ruolo egemonico degli Stati uniti non è più perseguibile e quindi trovare un equilibrio fra risorse e impegni; un dilemma, ovvero in che modo rendere sostenibili gli impegni senza perdere credibilità, come accaduto con i ritiri dall’Iraq e dall’Afghanistan; e una priorità, la Cina”.

E tuttavia, vi sono molte differenze fra i due candidati: una di linguaggio, con Biden che “è convinto della superiorità americana in termini di soft power mentre Trump è completamente disinteressato alla questione”; l’altra sul multilateralismo, di cui Biden è un convinto assertore mentre Trump vuole avere le mani libere. Per Mezran a decidere l’esito delle elezioni saranno soprattutto le questioni economiche; ma mentre Biden difende l’idea di una governance globale, Trump (ma non necessariamente tutto il partito Repubblicano) nega questa possibilità con il suo Make America Great Again.

Anche la politica estera tuttavia conterà qualcosa sullo scenario elettorale: la questione cinese preoccupa i colletti blu mentre il conflitto israelo-palestinese potrebbe aver alienato a Biden il voto di una parte dei giovani e delle minoranze – fattore non trascurabile in quello che si preannuncia un testa a testa. Infine, le conseguenze sull’Europa e in particolare la Difesa europea. Non è detto che con una vittoria di Trump un disimpegno parziale degli Stati Uniti porti a un aumento della coerenza e dell’impegno europei, nota Colombo: anzi, in passato è accaduto esattamente il contrario. L’Europa, alle prese con una maggiore unione politica e militare, deve infatti “decidere in anticipo chi comanda, e questa è una domanda sempre divisiva”; inoltre, i conflitti in corso in Ucraina e Medio Oriente aumenteranno le difficoltà di coesione all’interno dell’Ue: per l’Europa centrale e settentrionale la chiave della sicurezza ora è a Est, mentre per quella meridionale è a sud “ed è difficile avere una politica comune quando si hanno preoccupazioni diverse”. L’incontro fa parte di un ciclo denominato “Road to 2024: L’America si prepara al voto”. Il programma è frutto della collaborazione del Centro con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma Tre, con la Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione di Sapienza Università di Roma, con l’Atlantic Council, con il Centro Studi Geopolitica.info, The Union e con American Chamber of Commerce in Italy.

Cina, banca centrale abbassa riserva obbligatoria delle banche

Cina, banca centrale abbassa riserva obbligatoria delle bancheRoma, 24 gen. (askanews) – La Banca del popolo cinese (PBoC) ha dichiarato oggi che consentirà la circolazione di più denaro nell’economia, riducendo la quantità di contante che i creditori commerciali, le banche, devono detenere come riserva.

La mossa punta a liberare risorse per tamponare il rallentamento della crescita economica. Il taglio del coefficiente di riserva obbligatoria, o RRR, è arrivato pomeriggio quando Pan Gongsheng, governatore della PBoC, è intervenuto in una conferenza stampa programmata a Pechino, spiegando come la finanza sia al servizio della “crescita di alta qualità del mercato reale”. Pan è apparso sul palco insieme a due vice governatori, Zhu Hexin e Xuan Changneng, e ha detto ai giornalisti che la banca centrale taglierà le riserve obbligatorie per tutte le banche di 0,5 punti percentuali il 5 febbraio, rilasciando 1.000 miliardi di yuan (129,2 miliardi di dollari) di liquidità verso il mercato.

“La nostra politica monetaria ha ancora margini”, ha detto Pan, sottolineando che la decisione è stata presa bilanciando varie considerazioni tra cui il perseguimento di una crescita moderata con la valutazione di eventuali rischi. La PBoC alla fine ha deciso di dare il “la” a questo provvedimento “al fine di creare un buon ambiente monetario e finanziario per far funzionare l’economia”, ha affermato il governatore. Il taglio del RRR, il primo da settembre, è stato accompagnato da una riduzione dei tassi di rifinanziamento e di sconto per il settore rurale e le piccole imprese di 0,25 punti percentuali, che entrerà in vigore giovedì.

Il governo di Hong Kong si è allineato, adottando una serie di misure di politica finanziaria di concerto con le autorità del continente, già poche ore dopo la mossa della PBOC.

Autonomia, Zaia: Paese a due velocità è figlio del centralismo

Autonomia, Zaia: Paese a due velocità è figlio del centralismoRoma, 24 gen. (askanews) – “Assolutamente no”, non c’è il rischio che qualcuno rimanga indietro, “ed è immorale che oggi si ricordi che c’è un paese a due velocità e altrettanto immorale sostenere che ci sono cittadini che fanno le valigie per andare a curarsi fuori regione. Ma tutti questi fatti non sono figli dell’autonomia ma figli di un centralismo che non ha prodotto i risultati sperati”. Lo ha detto il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, intervistato da Bruno Vespa in “Cinque minuti” su Rai Uno.

“Penso – ha aggiunto Zaia – che” se in “alcune ragioni la sanità non funziona la colpa non la si debba ricercare nell’autonomia, che ancora non esiste, ma in una mala gestione del passato che ancora oggi lascia il segno”.

Autonomia, Emiliano: Regioni ricche faranno dumping alle povere

Autonomia, Emiliano: Regioni ricche faranno dumping alle povereRoma, 24 gen. (askanews) – Con il ddl Calderoli sull’autonomia regionale differenziata “l’Italia diventerebbe una Repubblica di 20 staterelli perché ogni Regione potrà legiferare in modo diverso sulle stesse materie e quindi un cittadino o un’impresa che ha sede o interessi su tutto il territorio nazionale rischia di dover cambiare legislazione a seconda del luogo dove arriva e poi ovviamente le Regioni più ricche, per quanto riguarda la sanità e la scuola, potranno integrare le retribuzioni dei lavoratori di quel settore e quindi le regioni più povere saranno” in una situazione di “dumping rispetto al fatto di poter ottenere i migliori insegnanti o i migliori medici”. Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, intervistato da Bruno Vespa in “Cinque minuti” su Rai Uno.

“I bilanci ordinari di regioni come Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna – ha proseguito Emiliano -, sono talmente forti che potrebbero introdurre forme di retribuzione supplementare del personale sanitario e degli insegnanti in modo tale da richiamare tutte le ‘star’ della medicina in quelle regioni a danno delle altre, creando un differenziale di qualità di cura molto pesante”.

Migranti, ok Camera a intesa con l’Albania, maggioranza compatta

Migranti, ok Camera a intesa con l’Albania, maggioranza compattaRoma, 24 gen. (askanews) – Con l’ok della Camera è arrivato il primo via libera del Parlamento al ddl di ratifica del protocollo Italia-Albania (155 voti a favore, 115 contrari, 2 astensioni). Il protocollo, fortemente voluto dalla premier Giorgia Meloni come uno dei tasselli della politica del governo di destra sui migranti, prevede la creazione di un hotspot presso il porto di Shengjin e un Cpr nell’entroterra presso Gjder.

Nelle due strutture, con una capienza complessiva per non più di 3mila migranti, saranno condotti stranieri salvati in operazioni di soccorso in acque extra-Ue e il primo screening sarà effettuato, secondo quanto riferito dall’esecutivo durante i lavori sul provvedimento, in alto mare. Non dovranno essere portati in Albania soggetti vulnerabili (“minori, minori non accompagnati, disabili, anziani, donne, genitori singoli con figli minori, vittime della tratta di esseri umani, persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali, persone per le quali è accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, vittime di mutilazioni genitali”, ha spiegato il sottosegretario agli Esteri Edmondo Cirielli di Fdi) e dunque la scelta dovrebbe cadere su uomini provenienti da Paesi considerati “sicuri”. Uno screening non banale e non privo di incognite.

Il ddl di ratifica equipara le aree concesse in uso all’Italia, di cui il nostro Paese avrà la concessione, la responsabilità e la gestione, e di cui sosterrà tutti i costi, a zone di frontiera e di transito dove è prevista la procedura accelerata di identificazione ed espulsione. Nel caso in cui venisse riconosciuto a qualcuno dei migranti il titolo di rifugiato, la persona in questione dovrà essere condotta in Italia, così come coloro per i quali si dovessero oltrepassare i tempi massimi di detenzione amministrativa senza aver terminato le procedure necessarie. L’iter a Montecitorio ha visto la maggioranza compatta, sia in commissione che in aula, dove si è proceduto voto dopo voto, bocciando tutti gli emendamenti e anche gli ordini del giorno delle opposizioni, senza la questione di fiducia. Con i gruppi di minoranza che hanno protestato contro un “metodo” che ha “impedito il confronto nel merito”, che ha lasciato “senza risposte” i “dubbi e gli interrogativi” sui rischi sotto il profilo del “rispetto delle normative internazionali, europee e nazionali sui diritti umani” e contro un centrodestra che si è piegato “ai diktat di Palazzo Chigi”. Questa operazione produrrà “discriminazioni di trattamento tra chi è salvato in acque nazionali e chi è salvato in acque internazionali, tra i richiedenti asilo in Italia e coloro che andranno in Albania”, dove il diritto di difesa sarà espletabile “solo da remoto”.

“Il governo non ha il controllo di quello che accadrà in Albania e dovrà assumersi anche la responsabilità penale di quanto farà”, ha detto Riccardo Magi di +Europa, il quale ritiene che l’operazione si sgonfierà dopo la “foto opportunity” in occasione della posa della prima pietra. Per Filiberto Zaratti (Avs) “Fdi è ormai una fortezza e in Albania ci sarà una Guantanamo italiana, inutile, costosissima e dannosa”. Maria Elena Boschi (Iv) ha parlato di un’intesa “inattuabile”: una “grande campagna elettorale sulle spalle di disperati che costerà 675 milioni di euro ai cittadini italiani per portare 3mila migranti sugli oltre 157mila arrivati lo scorso anno, risorse che potevano essere impiegate per assumere forze dell’ordine, migliorare i centri o anche solo per alimentare il fondo per i disturbi alimentari tagliato nella Legge di Bilancio”. O per “costruire una politica migratoria più umana, incentrata sull’accoglienza e sull’apertura di percorsi sicuri e regolari per i migranti”, ha osservato il verde Angelo Bonelli. Con il protocollo Italia-Albania “siamo passati dal facile e vuoto slogan ‘aiutiamoli a casa loro’ allo slogan ‘aiutiamoli a casa di altri, a spese nostre, purché non li vediamo’”, ha detto in aula Carmela Auriemma (M5S). “Si dice che ai migranti si applicano, ma solo in quanto compatibili, le norme italiane ed europee sull’ammissione e la permanenza degli stranieri nel territorio nazionale. Eh no – ha rilevato Laura Boldrini del Pd – le norme applicate fuori del territorio nazionale devono essere identiche a quelle applicate nel territorio italiano, cioè non possono essere compatibili, come dite voi, altrimenti sono illegittime”. “Con l’approvazione del ddl di ratifica dell’accordo Italia-Albania – è stata la replica del capogruppo di Fratelli d’Italia Tommaso Foti – si traccia la rotta per nuove politiche migratorie e per la difesa dei confini. Questo darà fastidio alla sinistra. La strada intrapresa dal presidente Giorgia Meloni sull’immigrazione convince l’Ue e sta portando buoni risultati, come dimostra il calo degli sbarchi dalla Tunisia, confermati ed apprezzati anche dalla Commissione Europea”.

Preoccupazione è stata espressa in queste settimane dalle organizzazioni che si occupano di migranti e che sono state ascoltate in audizione, come l’Asgi, il tavolo Asilo e Amnesty international. Oggi Emergency ha definito “inaccettabile” il protocollo che “conferma la politica di esternalizzazione delle frontiere” e fa prevalere “l’approccio securitario al fenomeno migratorio” con il rischio per il Paese di “generare ulteriori violazioni dei diritti umani e creare disparità di trattamento tra persone che approdano in Italia e persone portate in Albania”. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato dove si annuncia un iter ancora più rapido per l’ok definitivo. In attesa della ratifica del protocollo nel Paese delle Aquile, dopo lo stop impresso dalla corte costituzionale albanese che dovrà pronunciarsi entro i primi di marzo.

Parmalat, Bassani: 2023 discreto per il latte, determinante private label

Parmalat, Bassani: 2023 discreto per il latte, determinante private labelMilano, 24 gen. (askanews) – Il 2023 è stato “un anno discreto, non eccellente ma discreto e quindi siamo soddisfatti”. Il direttore generale di Parmalat, Maurizio Bassani traccia un bilancio sul mercato del latte per l’azienda oggi parte del gruppo francese Lactalis, durante lo scorso anno. “A livello di comparto il latte non ha sofferto. Noi un po’ di più complessità l’abbiamo avuta ma siamo qui a investire”, ha detto presentando nella sede di Collecchio un progetto di sostenbilità per le bottiglie di latte a lunga conservazione. “Il latte tutto sommato nel 2023 non è andato malissimo, con una crescita dell’Uht e una continua piccola perdita del fresco, ma nella sommatoria dei due comparti non ha subito dei grossi cambiamenti – ha spiegato – E’ vero però che il latte fresco per un fatto di comodità ma anche di prezzo tende a cedere il passo al latte a lunga conservazione”. La business milk sviluppa un fatturato di un miliardo, ha otto stabilimenti di cui quello di Collecchio è il più importante, anche in termini di varietà di prodotti, con 350 milioni di litri di latte lavorati ogni anno.

In questo scenario un ruolo chiave l’ha giocato, come del resto nel largo consumo in generale, la marca del distributore: “Questa domanda è stata sostenuta dalla private label, dai discount dove l’effetto prezzo è stato determinante. I grandi brand, che hanno un posizionamento di prezzo superiore, hanno subito una competizione interna” ha ammesso. Parmalat è entrata nel mercato della private label più di dieci anni fa ed “è un canale molto importante per noi in alcuni segmenti dove abbiamo capacità produttive in esubero, sicuramente nel latte dove non esiste un grande know how e una tecnologia proprietaria. Oggi a volume la private label rappresenta il 25% del totale. E’ un fatto di equilibrio, ma è anche una grande opportunità perchè abbiamo otto fabbriche che vogliamo mantenere e alimentare costantemente”. Nel corso di questi dieci anni, ci ha spiegato Bassani, la produzione mdd di Parmalat ha registrato una crescita a volume molto importante, ma negli ultimi due ci siamo regolarizzati e ora iniziamo a selezionare i dossier perchè vogliamo mantenere questo equilibrio in percentuale”. Tornando all’andamento dello scorso anno, Parmalat ha registrato una migliore performance del segmento latte basico rispetto allo Zymil, il prodotto ad alta digeribilità, senza lattosio che negli ultimi 10 anni ha registrato una costante crescita tanto che, a oggi, è il secondo prodotto più venduto nei supermercati italiani come numero di referenze (secondo solo alla birra Peroni da 0,66 cl), con un produzione pari a 160 milioni di litri l’anno. “Anche questa volta l’effetto prezzo ha giocato la sua parte: qualche consumatore pur rimanendo fedele alla marca ha fatto il passaggio dallo Zymil al basico: non ha rinunciato al prodotto Parmalat ma accetta un prodotto diverso con un prezzo inferiore – ha spiegato Bassani – Non è drammatico, succede ma dobbiamo ricordarci che in Italia la mdd ha una delle quote più basse a livello europeo e la fedeltà alle marche c’è sempre stata, anche se ogni anno guadagna spazio”.

Tuttavia nel mercato, in questi anni, si sono fatte spazio le bevande vegetali che hanno costituito una alternativa al latte, non solo per chi fa scelte alimentari di tipo etico. “Le bevande vegetali hanno fatto crescere il mercato perchè chi ha fatto una scelta etica non consuma il latte, certo qualche consumatore di latte, ma è la minor parte, si è spostato verso le bevande vegetali, ma la maggior parte della crescita di questi prodotti è aggiuntiva al mercato” ha spiegato Bassani chiarendo che Parmalat non percorrerà questa strada. “Noi non produciamo bevande vegetali, ci siamo affacciati timidamente su questo mercato che è cresciuto molto ma da un paio di anni si è abbastanza stabilizzato. C’è un chiaro leader con una gamma ampia e segmentata, per cui non riteniamo che ci sia particolare interesse a entrarci”, ci ha detto. Per i prossimi anni piuttosto la scommessa è quella di creare nuove occasioni di consumo del latte durante la giornata: “Noi lo abbiamo esplorato in lungo e in largo, insieme alla pasta è la categoria più importante in Italia ma ha un limite: il 95% del consumo avviene a colazione. Altri Paesi, come gli Stati Uniti lo usano come bevanda durante i pasti: noi non possiamo aspirare a tanto, ma un break o il latte prima di andare a letto sicuramente. E’ una scommessa complicata però ci lavoriamo – ha ammesso il dg – In questo senso gli aromatizzati stanno performando bene e l’obiettivo è anche quello di essere consumati fuori pasto, non a colazione. I risultati sono incoraggianti, per questo estenderemo questa gamma che sta funzionando con altri gusti e altri brand”.

Vino, Cuzziol GrandiVini chiude 2023 con fatturato di 25,5 mln, +4,9%

Vino, Cuzziol GrandiVini chiude 2023 con fatturato di 25,5 mln, +4,9%Milano, 24 gen. (askanews) – Cuzziol GrandiVini chiude il 2023 con un fatturato di 25,5 mln di euro, il +4,9% rispetto ai 24,3 del 2022, mentre l’Ebitda si conferma stabile all’11,1% come per l’esercizio passato. L’azienda, con un team di 30 persone, opera attraverso oltre 6.900 clienti su tutto il territorio nazionale distribuendo 43 aziende italiane e 90 estere per un totale di circa 2 mln di bottiglie consegnate nel 2023, avvalendosi di una rete di 160 agenti di vendita.

“Sono soddisfatto dei risultati ottenuti, dove un contenuto aumento dei ricavi ha confermato un dato percentuale stabile sull’Ebitda che significa avere maggiori risorse per proseguire negli investimenti programmati” ha commentato l’amministratore unico, Luca Cuzziol, spiegando che “l’anno appena concluso si è caratterizzato con un secondo semestre in contrazione, soprattutto nel mercato horeca al quale si rivolge in prevalenza la nostra azienda, ma il team commerciale e la struttura aziendale interna hanno ben supportato la rete vendita permettendole di ben performare”. “Continueremo con l’organizzazione di incontri di formazione per la rete vendita e per i clienti, con un occhio particolare al loro personale, fornendo informazioni, strumenti e proposte atte ad una migliore gestione del loro lavoro quotidiano” ha proseguito, sottolineando che “il 2024 sarà da un lato un anno di attesa, ma al tempo stesso confidiamo che quanto messo in campo dall’azienda possa ben supportare le richieste del mercato e dei suoi attori”. II 2024 segna l’ampliamento del portfolio in modo significativo con nuovi inserimenti che riguardano Denominazioni assenti o poco rappresentate finora, “attraverso i quali, ma non solo, si possono costruire valide alternative ai trend in voga”. Per l’Italia entrano Fontefico, realtà abruzzese attraverso la quale si porta avanti un progetto territoriale ad oggi non rappresentato, e Colpaola, azienda marchigiana che va a completare il percorso di selezione nel territorio delle Marche con Matelica.

La maggiore novità è però rappresentata dall’entrata in portfolio di Giuseppe Vezzoli, azienda già distribuita nel Nord-Est da un decennio che, insieme con Derbusco e Sullali “offrirà una selezione completa e variegata della Franciacorta”. Tra i nuovi inserimenti esteri aziende, austriache, tedesche, francesi, australiane e anche americane: Loimer, Griesel & Compagnie, Roy-Prevostat, Domaine Derey Frères, Domaine Heresztyn-Mazzini, Domaine Buisson, Domaine Gilles Guerrin, Clos Culombu, The Mascot, Xanadu, Mount Langi Ghiran, e Yering Station. Oltre che a Milano, il tasting annuale per la presentazione del nuovo Portfolio di Cuzziol GrandiVini, si è tenuto anche a Roma. “Dopo alcuni anni abbiamo ritenuto importante tornare nella Capitale, una città che ha fatto la storia della nostra azienda, che ci ha permesso di crescere e divenire quello che siamo oggi”.