Maersk taglia 10mila posti di lavoro dopo nuovi cali di fatturatoRoma, 3 nov. (askanews) – Dopo nuovi crolli di fatturato e utili, il gigante del trasporto merci marittimo Moeller Maersk ha annunciato pesanti tagli occupazionali volti ad accelerare la riduzione dei costi. Nel comunicato con i risultati trimestrali di bilancio, la società riferisce che il numero totale dei dipendenti ridotto di 10.000 persone portandosi sotto i 100.000, rispetto ai 110.000 che si contavano lo scorso gennaio. Ne dovrebbero risultare risparmi per 600 milioni di dollari a partire dal prossimo anno, a fronte di un surplus di costi di ristrutturazione di 350 milioni di dollari.
La società risente della normalizzazione degli scambi internazionali di merci dopo i rimbalzi che si erano verificati lo scorso anno con il venir meno di lockdown e restrizioni, imposte al motivo del Covid, che in precedenza avevano devastato le economie e contribuito a creare strozzature nelle catene di approvvigionamento e pressioni rialziste sui prezzi. Moller Maersk ha riportato un fatturato da 12,1 miliardi di dollari sul terzo trimestre di quest’anno, in drastico calo rispetto ai 22,8 miliardi dello stesso periodo di un anno prima. Sui primi 9 mesi del 2023 il fatturato è crollato 39,3 miliardi, da 63,7 miliardi di un anno prima. L’utile netto è crollato a poco più di mezzo miliardo (554 milioni di dollari) nel terzo trimestre, da 8,9 miliardi un anno prima e a 4,36 miliardi sui 9 mesi da 24,34 miliardi un anno prima.
La società ha confermato le previsioni per l’intero anno finanziario ma ora afferma che i risultati dovrebbero fermarsi alla parte più bassa della forchetta previsionale. “Il nostro settore si trova davanti ad una nuova normalità di domanda sottotono, cali dei prezzi che tornano alle medie storiche e pressioni inflazionistiche sulla nostra base di costi. Dato il periodo impegnativo che ci aspetta abbiamo accelerato diverse misure di contenimento dei costi per salvaguardare il nostre performance finanziarie”, afferma l’amministratore delegato Vincent Clerc. L’annuncio dei tagli non è riuscito a tamponare l’effetto dei conti e le azioni della società crolla del 12% circa.
Crea: produrre un chilo di miele italiano costa tra i 9 e i 10 euroMilano, 3 nov. (askanews) – Produrre un chilo di miele in Italia ha un costo che oscilla tra gli 8,9 e i 9,7 euro, mentre le rese di miele per alveare si differenziano in base alla modalità di allevamento: per il nomadismo la resa media è di circa 22 chili di miele per alveare, per gli stanziali si attesta intorno ai 12 chili. A calcolare questi valori è stato il Crea che, con il suo centro di politiche e bioeconomia, in collaborazione con l’Osservatorio nazionale miele, ha realizzato l’indagine statistica Honey cost, con l’obiettivo di determinare i costi di produzione del miele, identificati per la prima volta attraverso una metodologia scientifica, rigorosa e precisa.
Di fronte al trend positivo del comparto nell’ultimo decennio, testimoniato sia dal numero crescente di alveari e di apicoltori sia dall’incremento del valore registrato dal comparto in termini economici, il Crea ha cercato di definire in maniera attendibile e sistematica i costi per misurare la sostenibilità tecnica ed economica delle aziende e l’efficienza gestionale. Se confrontiamo i costi italiani a quelli del contesto europeo, sebbene manchino statistiche sul prezzo medio, osserviamo una serie di stime con prezzi piuttosto differenziati, dai circa 3-4 euro nei paesi dell’est Europa (Polonia, Ungheria, Romania) ai 15-20 euro dell’Austria, della Germania, dell’Irlanda; in Spagna, il maggior produttore in Europa, il prezzo stimato si attesta sui 7 euro.
Nel contesto nazionale, da una prima analisi, il Crea deduce buone performance economiche: la produttività unitaria degli alveari (resa in miele), rispetto al prezzo riconosciuto agli apicoltori, si posiziona sopra la soglia minima delle rese unitarie, consentendo di coprire i costi di produzione – ad eccezione delle aziende del gruppo “piccole – stanziali”. I costi di produzione sono distinti in tre livelli, ciascuno con componenti di costo che si aggiungono passando da un livello all’altro. Un primo livello – spese variabili, quelle correnti e quelle sostenute per il confezionamento e la commercializzazione del prodotto – pari mediamente a 4,1 euro per chilo di miele prodotto, un secondo livello – i costi fissi, quelli del lavoro retribuito, degli affitti, delle manutenzioni ordinarie e degli ammortamenti – che ammontano mediamente a 3,2 euro per chilo di miele, e un terzo livello – con la stima del costo opportunità del lavoro familiare non retribuito – che raggiunge i 13 euro per chilo di miele.
Il campione oggetto di indagine è composto da 434 aziende rappresentative del contesto produttivo nazionale e regionale, la cui produzione standard è superiore a 8 mila euro, con una dimensione minima di 120 alveari per un totale di 6.100 apicoltori rappresentati. I dati (2021 e 2022) sono stati rilevati a partire da 392 questionari. Il 70% delle aziende rispondenti praticano il nomadismo e oltre il 30% è di tipo biologico; il 45% delle aziende rilevate sono grandi (con una consistenza media di oltre 240 alveari), corrispondente a oltre 50 mila euro di produzione standard. Circa un terzo si caratterizza, invece, dall’essere di dimensione piccola (meno di 25 mila euro di produzione Standard e una consistenza media di 65 alveari). “Comprendere quanto costa all’apicoltore produrre un vasetto di miele – ha spiegato Milena Verrascina, I tecnologa Crea politiche e bioeconomia e una degli autori dell’indagine – è un importante elemento per determinare le strategie e pianificare gli investimenti aziendali. Per quanto il settore sia soggetto infatti a variabilità, dipendenti da clima, ambiente esterno e eventi non facilmente prevedibili, avere chiaro il costo può aiutare l’apicoltore a pianificare attività, avviare azioni di rafforzamento, intervenire su minacce e problematiche, valutare piani assicurativi adeguati. La determinazione del costo di produzione è un parametro di valutazione anche per il consumatore, che spesso viene attirato dal prezzo basso per la sua scelta di acquisto”. “Un miele di qualità – conclude – prodotto dagli apicoltori italiani che possono contare su una grande varietà di ambienti, di essenze e specie botaniche, di biodiversità, non può avere un costo particolarmente basso, bisogna diffidare”.
Questa rilevazione è la prima di ulteriori analisi, nelle annualità successive, che costituiranno serie storiche utili ad analizzare, anche nel lungo periodo, gli andamenti dei fattori, non solo economici, presi in considerazione. L’indagine, infatti, proseguirà con un’azione specifica nell’ambito della Rete rurale nazionale.
Confcooperative: mancanza lavoratori costa 28 mld, l’1,5% del PilRoma, 3 nov. (askanews) – La mancanza di lavoratori costa 28 miliardi, l’1,5% del Pil. E’ quanto rileva il focus di Censis-Confccoperative “Lavoro, il mercato contorto: l’Italia alle prese con mismatch, demografia e grandi dimissioni”, che stima gli effetti economici della mancanza di occupati basata sulle posizioni lavorative e sul tasso dei posti vacanti nell’industria e nei servizi.
“Il lavoro continua a esserci, ma anche i lavoratori continuano a mancare e ciò non consente alle imprese di spingere sull’acceleratore così come potrebbero – dice il presidente di Concooperative, Maurizio Gardini – il Pil del 2023 avrebbe potuto raggiungere i 1.810 miliardi di euro se tutte le imprese fossero riuscite a trovare tutte le figure professionali di cui hanno bisogno. Un conto salato per il Paese che equivale a 28 miliardi, l’1,5% del Pil”. Invecchiamento degli occupati, squilibrio nella redistribuzione del lavoro tra le aree più dinamiche e quelle condizionate da contesti economici non favorevoli, cambiamenti nelle aspettative che riguardano il lavoro e che rivendicano un maggiore riconoscimento delle competenze, sono tutti fattori che contribuiscono a non far incrociare domanda e offerta di lavoro. Tutto questo, sottolinea Confcooperative, determina un costo economico che, negli anni, tende a crescere. Nel 2021 pesava per l’1,2% del Pil per arrivare oggi all’1,5%. Tra le persone in cerca di occupazione il ridimensionamento riguarda le forze di lavoro (occupati e disoccupati) e, soprattutto, la popolazione con età uguale o superiore ai 15 anni. La criticità che accompagna questo quadro, sottolinea il report Censis-Confcooperative, è data da un fenomeno che negli ultimi anni si è mostrato sempre più rilevante: gli occupati totali (con almeno 15 anni) sono aumentati nell’ultimo decennio di quasi 800mila unità, con un incremento rispetto al 2012 del 3,6%.
Scomponendo il dato complessivo e prendendo in esame la classe degli over 50 il fenomeno appare molto più marcato: tra il 2012 e il 2022 gli occupati anziani sono aumentati di quasi tre milioni, passando dai 6,3 milioni del 2012 ai 9 milioni del 2022. L’incremento è stato del 42,4%, tanto che oggi la classe d’età 50 e più rappresenta una quota pari al 39% sul totale dell’occupazione (era il 28,4% nel 2012). Sempre nel 2022 risultavano ancora occupati 687mila individui con un’età uguale o superiore ai 65 anni. Tra il 2012 e il 2022 la componente più anziana è, di fatto, cresciuta del 72,2%. Di riflesso, l’aspetto controverso di questo fenomeno riguarda, ovviamente, gli occupati più giovani. Tra il 2012 e il 2022 i 15-34enni occupati si riducono, in termini assoluti, di 361mila unità. In termini relativi la variazione negativa è di 6,5%. La quota dei giovani fra gli occupati passa dal 25,1% del 2012 al 22,6%. Nel 2022, aggiunge lo studio Censis-Confcooperative, il numero di lavoratori dipendenti che si sono dimessi è stato di 1.047.000. Di questi circa 700.000 (sette su dieci) si sono ricollocati nel giro di tre mesi (il 66,9% sul totale delle dimissioni volontarie. Un trend decisamente in rialzo rispetto all’era pre-Covid, quando nel 2019 le dimissioni volontarie interessavano poco più di 810.000 lavoratori, ma entro tre mesi se ne ricollocava il 63,2% (quasi -4% rispetto al 2022). Il tasso di ricollocazione tende a crescere, in linea tenendo il passo dell’aumento dell’occupazione che si è registrata negli ultimi due anni. Emerge un’accelerazione: molti lavoratori cercano un nuovo lavoro perseguendo migliori condizioni lavorative. Cambiano le motivazioni. Nel 2012 il 51,2% degli occupati a tempo indeterminato dichiarava di voler cambiare lavoro per guadagnare di più. Nel 2022 questa percentuale, pur restando la più elevata fra le motivazioni, si attesta a un livello molto più in basso: il 36,2%. Tra i motivi che inducono a cambiare lavoro c’è la ricerca di un lavoro più qualificante per le proprie capacità/competenze e con maggiori prospettive di carriera 36,1%.
Generalmente, chi cambia lavoro lo fa all’interno dello stesso settore di provenienza, sebbene il grado di continuità vari da settore a settore. Solo il 52% risulta infatti ricollocato dopo tre mesi nell’ambito delle attività alloggio e ristorazione. Nel 2012, gli insoddisfatti del proprio lavoro rispetto alle competenze possedute era il 13,1% Dieci anni più tardi la percentuale ha raggiunto il 36,1%. Si riduce, invece, dal 19,1% al 6,9% la quota di chi è indotto a cercare un nuovo lavoro poiché teme di perdere quello attuale e ciò riflette anche il diverso clima che caratterizzava il 2012, anno di forte crisi economica rispetto al 2022, anno particolarmente positivo per l’occupazione.
Disney lancia la campagna di Natale ispirata al nuovo film “Wish”Roma, 3 nov. (askanews) – Disney ha lanciato la campagna di Natale intitolata “… e il sogno realtà diverrà” incentrata sul potere dei desideri in occasione del suo centesimo anniversario. Include il primo video live-action di Natale dal titolo “Un Augurio per Queste Feste”, che ha debuttato in oltre 50 paesi in tutto il mondo ed è ispirato al nuovo film Walt Disney Animation Studios “Wish” in arrivo nelle sale italiane il prossimo 21 dicembre.
Diretto dal regista nigeriano-britannico vincitore del Grammy Award Meji Alabi, il video rappresenta sei diverse aree geografiche e linguistiche, raccontando la storia di alcune famiglie e di alcuni amici di tutto il mondo alle prese con un desiderio comune: stare insieme ai propri cari durante le feste. Nel racconto si mostrano anche diverse tradizioni festive locali. Meji Alabi ha dichiarato: “Mi sento molto fortunato ad aver collaborato alla campagna di Natale Disney di quest’anno con un gruppo di persone così variegato. Ci sono stati tantissimi momenti indimenticabili durante le riprese, ma credo che il più memorabile sia stato vedere cantare il coro dei bambini del Sud Africa. Mi ha fatto venire la pelle d’oca”. Il video include il brano Disney celebre in tutto il mondo “I Sogni Son Desideri” dal film Cenerentola, riarrangiato per consentire a diversi artisti di unirsi in un’unica voce. La cantante e attrice vincitrice dell’Academy Award, Ariana DeBose, voce della protagonista di “Wish” Asha nella versione originale del film, interpreta le prime battute della canzone.
Durante i festeggiamenti per il centesimo anniversario, Disney ha proseguito il suo impegno al fianco del partner di beneficenza di lunga data Make-A-Wish. Da oltre 40 anni collaborano per portare in tutto il mondo gioia e conforto a bambine e bambini affetti da gravi malattie e ai loro cari quando ne hanno più bisogno. La campagna di Natale Disney rappresenta l’ultimo tassello dell’impegno di quest’anno. Inoltre, per celebrare l’arrivo nelle sale di “Wish” e il lancio della nuova collezione a tema di shopDisney, Disney ha donato 300 mila dollari a Make-a-Wish International e i suoi affiliati per aiutare a realizzare ancora più desideri in tutto il mondo. In aggiunta, Mattel donerà a Make-A-Wish una parte del ricavato delle vendite delle nuove Star magiche sorprese. Quasi 300 retailer a livello globale si sono uniti alla campagna di Natale Disney 2023, portando in vita le storie e i personaggi Disney grazie a tanti prodotti innovativi di varie categorie: giocattoli, abbigliamento, gioielli, tecnologia, beni di consumo e altro ancora.
Istat: a settembre +42mila occupati su mese, +512mila su annoRoma, 3 nov. (askanews) – A settembre 2023 l’occupazione continua a crescere – di 42 mila unità rispetto al mese precedente – tra i dipendenti permanenti e tra gli autonomi. Il numero degli occupati si attesta a 23milioni 656mila e registra, rispetto a settembre 2022, un aumento di 512mila unità. Il tasso di occupazione sale al 61,7% (+0,1 punti). E’ la stima preliminare diffusa dall’Istat.
L’aumento dell’occupazione (+0,2%), su base mensile, è sintesi della crescita osservata tra gli uomini, i dipendenti permanenti, gli autonomi, gli under35 e tra chi ha almeno 50 anni, da un lato, e del calo registrato tra le donne, i dipendenti a termine e tra i 35-49enni, dall’altro. Su base annua l’aumento coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età, ad eccezione dei 35-49enni per effetto della dinamica demografica negativa: il tasso di occupazione, che nel complesso è in aumento di 1,4 punti percentuali, sale anche in questa classe di età (+0,6 punti) perché la diminuzione del numero di occupati 35-49enni è meno marcata di quella della corrispondente popolazione complessiva. In particolare si registra un aumento di 443 mila dipendenti permanenti e di 115 mila autonomi; il numero dei dipendenti a termine risulta invece inferiore di 47 mila unità.
La disoccupazione risale leggermente nell’eurozona: settembre 6,5%Roma, 3 nov. (askanews) – Lieve risalita a settembre del tasso di disoccupazione nell’area euro, che tuttavia al 6,5%, un decimale di punto in più rispetto ad agosto, secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat resta in prossimità dei minimi storici. L’ente di statistica comunitario ha contato 69.000 disoccupati in più nell’area valutaria rispetto ad agosto e 95.000 in più guardando a tutta l’Unione Europea, dove il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 6%.
Secondo Eurostat dei 13 milioni 26 mila disoccupati totali dell’Ue 11 milioni 17 mila sono nell’area euro. Nel paragone su base annua il numero di disoccupati resta però in calo, di 212.000 persone per l’area euro.
Tajani: mi auguro che da Hezbollah arrivino parole a favore della de-escalation in Medio OrienteRoma, 3 nov. (askanews) – “Visto che la cultura è strumento di pace, io vorrei lanciare un appello alle massime autorità di Hezbollah affinché dalle parole che oggi saranno usate nel corso della conferenza stampa escano messaggi di pace a favore di una de-escalation”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, alludendo al discorso atteso questo pomeriggio di Hassan Nasrallah, leader del ‘Partito di Dio’ che parlerà nel corso di una cerimonia di commemorazione “in onore dei martiri caduti in difesa di Gaza”.
Ecco, ha aggiunto Tajani, intervenuto durante la conferenza stampa di presentazione della conferenza Unesco a Napoli insieme al ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, “l’Italia vuole una de-escalation nel Medio Oriente e mi auguro che le parole di oggi contribuiscano a questa de-escalation: è un appello formale che lancio alle autorità di Hezbollah perché non gettino benzina sul fuoco ma siano portatrici di un’azione a favore della de-escalation che impedisca l’allargarsi del conflitto al Libano e ad altri Paesi confinanti con Israele”. L’Italia, ha concluso il titolare della Farnesina, “lavora per la pace, il nostro obiettivo è quello di avere ‘due popoli due Stati’, il diritto di Israele a esistere che nessuno potrà mai calpestare…Ma il diritto è lo stesso del popolo palestinese ad avere uno stato riconosciuto da tutti”.
Meloni esprime profondo cordoglio per le vittime del maltempoRoma, 3 nov. (askanews) – “Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni segue con apprensione l’evoluzione degli eventi calamitosi che hanno colpito in particolare la Toscana ed esprime il profondo cordoglio per le vittime, suo personale e del governo tutto. Il Presidente Meloni si mantiene in costante contatto con il ministro Nello Musumeci, con il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio, con il presidente della Regione Eugenio Giani e con le autorità competenti”. E’ quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi.
La Croce rossa invia volontari e mezzi nelle zone colpite dal maltempoRoma, 3 nov. (askanews) – Sono operativi da questa notte volontari e mezzi della Croce Rossa Italiana nelle zone colpite dal maltempo, tra cui in Toscana 69 volontari e 30 mezzi. Sono rientrate, invece, le squadre di monitoraggio e di assistenza che nella notte sono state impegnate in Emilia Romagna. Dalle strutture di Emergenza della Direzione delle Operazioni sono partiti nella notte anche due pullmini anfibi e due ambulanze speciali. Al momento sono in corso le operazioni di assistenza ed evacuazione della popolazione in Toscana a Campi Bisenzio e tutta la colonna mobile nazionale è allertata con idrovore e mezzi d’opera.
“Notte dura nelle province di Firenze e Prato, ma anche nel resto della Toscana e di altre regioni del Nord Italia. Ho seguito l’evolversi della situazione, che ancora impone molta prudenza”, ha scritto sui social il presidente della Cri, Rosario Valastro. “La catena dell’emergenza della Croce Rossa Italiana è stata attivata, e sono in azione squadre specializzate per intervento in ambiente alluvionale, con idrovore e mezzi di soccorso anfibi. Sempre pronta la risposta dei Volontari e delle Volontarie CRI, così come della struttura nazionale della Direzione Operazioni, Emergenze e Soccorsi. Un abbraccio a tutti coloro i quali sono stati e sono impegnati sui luoghi a supporto ed in aiuto alla popolazione, molto provata”, ha continuato Valastro.
Taxi, Antitrust a comuni Roma, Napoli e Milano: aumentare licenzeRoma, 3 nov. (askanews) – L’Antitrust ha inviato ai comuni di Roma, Milano e Napoli una segnalazione sulle criticità riscontrate nell’erogazione del servizio taxi a danno degli utenti, in termini di qualità ed efficienza del servizio reso. Dall’analisi delle risposte fornite dai Comuni alle richieste di informazioni inviate dall’Autorità è emersa una diffusa e strutturale inadeguatezza del numero delle licenze attive rispetto alla domanda del servizio taxi.
Questa situazione, spiega l’Autorità, ha generato un numero molto elevato di richieste inevase e di tempi eccessivamente lunghi di attesa per l’erogazione del servizio. L’indagine svolta, prosegue l’Autorità, fotografa un contesto in cui a Roma il numero di licenze attive è pari a 7.962, cui corrispondono 2,8 licenze ogni 1.000 residenti; a Milano le 4.853 licenze attive sono pari a 3,5 licenze ogni 1.000 residenti; a Napoli, a fronte di 2.364 licenze attive, sono disponibili 2,6 licenze ogni 1.000 abitanti.
Per superare questa grave situazione e aprire il mercato alla concorrenza, l’Autorità sollecita i Comuni di Roma, Milano e Napoli ad adeguare il numero delle licenze taxi alla domanda di tali servizi, di cui una significativa parte rimane, ad oggi, costantemente insoddisfatta, spingendo l’aumento oltre il tetto del 20% fissato in via straordinaria nel cosiddetto decreto Asset (n. 104/2023 convertito nella legge 9 ottobre 2023, n. 136) e adottando in tempi brevi i bandi di pubblico concorso per l’assegnazione delle nuove licenze. Sempre nell’ottica di aumentare la qualità del servizio, si auspica anche l’adozione di misure aggiuntive, come la regolamentazione dell’istituto delle doppie guide (attualmente presente a Roma e a Milano ma non a Napoli); l’implementazione del taxi sharing; l’efficientamento dei turni, per renderli più flessibili. Inoltre l’Autorità raccomanda l’esercizio di un monitoraggio, attivo ed efficace, sull’adeguatezza dell’offerta del servizio taxi e sull’effettiva prestazione del servizio stesso, adottando adeguati meccanismi di controllo, i cui esiti dovranno essere adeguatamente pubblicizzati.