I piani Ue sull’industria Green e per ridurre la dipendenza da CinaBruxelles, 16 Mar. (askanews) – La Commissione europea ha presentato ieri a Bruxelles i due attesi regolamenti sul piano industriale per l’obiettivo zero emissioni nette (“Net-Zero Industry Act”) e sulla riduzione dell’eccessiva dipendenza da paesi terzi, e soprattutto dalla Cina, per l’approvvigionamento di materie prime critiche per il Green Deal (“Critical Raw Material Act”).
Il “Net-Zero Industry Act” mira a produrre in Europa almeno il 40% di quanto è necessario al Green Deal, non con un obiettivo vincolante di politica industriale (che non sarebbe possibile nell’Ue), ma creando le condizioni normative affinché ciò avvenga. Non dovrà più succedere quello che è accaduto con i pannelli solari, che sono stati introdotti in Europa e incentivati dalle politiche ambientali dell’Ue, ma che oggi sono prodotti praticamente solo in Cina, come ha ricordato il vicepresidente esecutivo della Commissione per il Green Deal, Frans Timmermans.
In particolare, verranno semplificate e rese più molto rapide le procedure autorizzative per i progetti industriali nell’ambito del Green Deal, che dovranno essere aggregate, quando ce ne sono di diverso tipo, in uno sportello unico. Il tempo massimo per ottenere l’autorizzazione dovrà essere ridotto a 12-18 mesi al massimo, attraverso un potenziamento del personale e dei mezzi a disposizione delle amministrazioni pubbliche negli Stati membri.
Per una serie di tecnologie individuate come davvero strategiche per la transizione verde, che vengono elencate in una lista allegata al regolamento (solare termico e fotovoltaico, eolico, batterie e accumulatori, pompe di calore ed energia geotermica, elettrolizzatori e celle a combustibile, biogas e biometano, cattura e stoccaggio del carbonio, tecnologie per la rete elettrica) gli Stati membri potranno concedere ai progetti lo status di priorità, come “progetti strategici a zero emissioni nette”. Questi progetti potranno essere considerati “di interesse pubblico prevalente” e beneficiare di termini di autorizzazione ancora più brevi: da 9 a 12 mesi.
Le autorizzazioni più rapide non dovranno compromettere l’integrità e la validità delle procedure previste per la valutazione dell’impatto ambientale dei progetti, ma nel caso che questi siano stati definiti “di prevalente interesse pubblico”, le autorità competenti dovranno considerare attentamente a quali scelte dare la priorità.
Un elemento importante della proposta riguarda lo stoccaggio del carbonio, che è una delle soluzioni individuate come necessarie per decarbonizzare l’industria. Il regolamento fissa a livello europeo l’obiettivo di raggiungere una capacità di iniezione nei siti di stoccaggio di 50 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030. L’industria del petrolio e del gas avrà l’obbligo di fornire i siti di stoccaggio, che oggi scarseggiano.
Strettamente connesso allo “Zero-Net Industry Act” è l’altro regolamento, che riguarda le materie prime critiche per la transizione verde (e anche per quella digitale). In questo caso, gli obiettivi indicativi che la Commissione propone riguardano l’estrazione dei minerali, la loro raffinazione e il riciclaggio. Entro il 2030, l’Ue dovrebbe riuscire a produrre sul proprio territorio almeno il 10% delle materie prime critiche utilizzate per la propria industria, a raffinarne almeno il 40% e a riciclarne almeno il 15%. Inoltre, ed è forse l’obiettivo più significativo, sempre entro il 2030 l’Unione dovrà fare tutto il possibile per evitare di essere dipendente da un solo paese per più del 65% dei propri approvvigionamenti di materie prime critiche.
Il percorso verso questa riduzione della dipendenza dell’industria dell’Ue verrà monitorato costantemente, e se la Commissione verificherà il rischio di mancare gli obiettivi del 2030, potrà valutare la possibilità di esercitare i propri poteri per ricorrere a misure che ne assicurino il conseguimento (ma il testo del regolamento evita di usare l’aggettivo “vincolanti” per gli obiettivi).
“Per la produzione di turbine eoliche – ha sottolineato il vicepresidente esecutivo della Commissione responsabile per il commercio internazionale, Valdis Dombrovskis presentando la proposta in conferenza stampa -, la domanda di terre rare dovrebbe essere da cinque a sei volte superiore entro il 2030 rispetto a oggi, e da sei a sette volte superiore entro il 2050. Per le batterie dei veicoli elettrici, la domanda di litio dovrebbe essere 12 volte maggiore entro il 2030 e 21 volte maggiore entro il 2050”. Il regolamento comprende una lista di 34 materie prime critiche, di cui 16 sono inserite in un’altra lista che le classifica, in più, come “strategiche”.
La Commissione prevede anche in questa proposta procedure autorizzative più semplici e più rapide (massimo 24 mesi) per i progetti strategici riguardanti attività di estrazione dei minerali (ma sempre rispettando le valutazioni d’impatto e le norme ambientali), e per quelli riguardanti la raffinazione e il riciclaggio (massimo 12 mesi).
Ma è chiaro che, se potrà diminuire la propria dipendenza e diversificare maggiormente le fonti di approvvigionamento, l’Ue non potrà mai contare sull’autosufficienza per le materie prime. Per questo, la Commissione pensa di proporre e sviluppare al massimo gli accordi di partenariato con paesi terzi, basati su vantaggi reciproci. Ad esempio, proponendo di affiancare all’estrazione dei minerali anche attività di raffinazione in loco, e lo sviluppo delle infrastrutture nei paesi con cui stipulerà i partenariati.
“Abbiamo recentemente concluso accordi, ad esempio – ha riferito Dombrovskis -, con la Nuova Zelanda e il Cile, che hanno capitoli dedicati alle materie prime. Stiamo lavorando a un accordo di libero scambio con l’Australia, anche qui con un capitolo sulle materie. Abbiamo già firmato partenariati strategici con Canada, Kazakistan, Namibia e Ucraina. E stiamo lavorando per espandere la nostra rete di partenariati per le materie prime critiche con Norvegia e Groenlandia, e poi con la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, con l’Argentina e altri paesi dell’ America Latina”.
“Creeremo un ‘club delle materie prime critiche’ con tutti i paesi interessati a rafforzare le catene di approvvigionamento globali, riunendo i paesi consumatori e quelli ricchi di risorse per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa”, ha concluso il vicepresidente esecutivo della Commissione.