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Tag: Sanremo 2023

Tubercolosi, Bassetti: incidenza è tornata a crescere in Europa

Tubercolosi, Bassetti: incidenza è tornata a crescere in Europa


Tubercolosi, Bassetti: incidenza è tornata a crescere in Europa – askanews.it



Tubercolosi, Bassetti: incidenza è tornata a crescere in Europa – askanews.it



















Genova, 24 mar. (askanews) – “Oggi è la giornata mondiale della tubercolosi. Sono oltre un milione e mezzo ogni anno le vittime della malattia nel mondo. Crisi climatiche, povertà, immunodepressione e guerre stanno aggravando il quadro già molto critico della trasmissione della Tbc. Nel 2021 il tasso di incidenza è tornato a crescere in Europa (Italia +11%) e si è anche arrestato il calo della mortalità”. Lo scrive su Facebook l’infettivologo genovese Matteo Bassetti.

“Oggi – aggiunge il direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova – la Tbc è una malattia curabile. Il trattamento farmacologico si basa sull’uso di diversi antibiotici per un periodo di tempo piuttosto lungo. La Tbc – conclude Bassetti – è tutt’altro che una malattia scomparsa. Non bisogna ricordarsene solo un giorno all’anno”

Meloni rientra da Bruxelles “soddisfatta”.Ma partite Ue ancora aperte

Meloni rientra da Bruxelles “soddisfatta”.Ma partite Ue ancora aperte


Meloni rientra da Bruxelles “soddisfatta”.Ma partite Ue ancora aperte – askanews.it



Meloni rientra da Bruxelles “soddisfatta”.Ma partite Ue ancora aperte – askanews.it


















Bruxelles, 24 mar. (askanews) – La premier Giorgia Meloni è ripartita da Bruxelles dicendosi “molto soddisfatta” per i risultati del Consiglio europeo e anche per il bilaterale del ‘disgelo’ con il presidente francese Emmanuel Macron.

Per quanto riguarda il summit, però, grandi risultati concreti non ce ne sono stati, ma del resto non era questa l’occasione. Il Consiglio, infatti, era già preannunciato come “interlocutorio”, una prosecuzione di quello di febbraio e un ‘primo tempo’ di quello in programma a giugno (ma potrebbe esserci una riunione straordinaria a maggio). Il tema che stava più a cuore alla presidente del Consiglio era quello dei migranti, previsto all’ordine del giorno nella sezione ‘varie ed eventuali’. Ieri sera, nel corso della cena, c’è stato un confronto sul report della Commissione sull’implementazione delle misure decise a il 9 febbraio. Meloni ha preso la parola, chiedendo azioni “rapide e concrete” per una situazione che, vista anche la questione tunisina, rischia di andare “fuori controllo” in estate. Alla fine la premier ha ottenuto il richiamo (non scontato) del tema nelle conclusioni finali: cinque righe in cui il punto centrale è l’impegno a una “rapida implementazione” delle intese, con una verifica a giugno. Dunque adesso occorre, per il governo, controllare e sollecitare l’attuazione concreta.

Altro punto centrale per l’esecutivo italiano è quello del sostegno alla competitività, su cui le conclusioni non mostrano grandi passi avanti. L’Italia è contraria a una semplice e ampia riduzione dei vincoli agli aiuti di Stato, che avvantaggerebbe i Paesi più solidi, e punta invece su una maggiore flessibilità sui fondi esistenti, a partire dal Pnrr. A proposito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, Meloni è arrivata a Bruxelles mentre in Italia suonava l’allarme per ritardi nell’attuazione che metterebbero a rischio il pagamento della terza rata da 19 miliardi. A margine dei lavori il ministro Raffaele Fitto ne ha parlato con il commissario all’economia Paolo Gentiloni e la stessa premier ne ha discusso con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Meloni ha assicurato di non vedere “assolutamente rischi” sull’erogazione della tranche ma qualche preoccupazione, sia in Europa che in Italia, c’è. E una conferma sembra arrivare dal presidente della Repubblica: citando De Gasperi, Sergio Mattarella ha rivolto oggi un pressante invito a “mettersi alla stanga” per realizzare il piano. Il tema economico contingente, per Meloni, va però di pari passo con la partita, appena iniziata, per la revisione del Patto di stabilità e crescita, che per l’Italia deve guardare più alla “crescita” e allo “sviluppo”, senza tornare a regole di austerity che sarebbero “tragiche”. Su questo, però, la partita è appena iniziata. L’idea della presidente del Consiglio è quella di creare un fronte dei Paesi del Sud, dando vita a un blocco in grado di contrastare la linea di austerity dei cosiddetti ‘frugali’. Di questo Meloni ha parlato con Macron, in un incontro di oltre un’ora e mezza che si è svolto ieri sera all’hotel Amigo, nel centro di Bruxelles, dove entrambi soggiornavano. Un faccia a faccia arrivato dopo mesi di gelo, causato dallo scontro a distanza sui migranti e le navi Ong e poi peggiorato dall’invito all’Eliseo del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky che aveva fatto infuriare la premier. L’incontro per Meloni è andato “bene” ed è emersa “voglia di collaborare” su alcune questioni strategiche, tra cui migranti e politica industriale. Proprio sul Patto di stabilità Meloni si dice convinta di poter contare su un “ampio allineamento” di Parigi, che invece ha il sostegno di Roma sul nucleare. La Francia, infatti, vuole che l’Ue inserisca l’atomo tra le tecnologie utilizzabili per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. “Indipententemente da quella che può essere poi la scelta italiana in tema di nucleare – ha detto Meloni – se le altre nazioni vogliono utilizzare una tecnologia che rispetta determinati target secondo me è giusto che lo possa fare”.

Sempre in tema di transizione green, resta aperta (e in salita) la partita sulla direttiva per lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035. Sia il vice presidente della Commissione Frans Timmermans che la presidente del Parlamento Roberta Metsola hanno detto, ieri, che la questione non può essere riaperta. La Germania sta trattando per ottenere una interpretazione che permetta l’uso di motori endotermici ma con i cosiddetti e-fuel, i carburanti sintetici, e probabilmente la otterrà. L’Italia vorrebbe lo stesso trattamento per i bio-carburanti e per Meloni “la partita non è affatto persa”. Con questo risultato la premier ha fatto rientro a Roma, dove la attende la preparazione di un importante Consiglio dei ministri martedì (all’ordine del giorno ci saranno, tra l’altro, un provvedimento contro il caro-benzina e il codice degli appalti) e la partita delle nomine nelle partecipate, che crea fibrillazioni tra gli alleati, in particolare con la Lega. “Non ci sono tensioni – cerca di smorzare – ci sono interlocuzioni a 360 gradi che guardano al merito delle persone e delle questioni”.

Ue in pressing sull’Italia ma Meloni frena ancora

Ue in pressing sull’Italia ma Meloni frena ancora


Ue in pressing sull’Italia ma Meloni frena ancora – askanews.it



Ue in pressing sull’Italia ma Meloni frena ancora – askanews.it



















Bruxelles, 24 mar. (askanews) – L’Unione europea fa sentire la pressione sull’Italia per la ratifica del Mes ma Giorgia Meloni ancora frena. A rilanciare il tema dell’ok di Roma è stato il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe arrivando questa mattina all’Eurosummit. “E’ importante che andiamo avanti con la piena ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità, per assicurare che il Fondo di risoluzione unico abbia il supporto che è stato già concordato che debba avere”, ha detto. Donohoe non ha citato l’Italia, ma il riferimento è chiaro dato che il nostro è l’unico Paese a non averlo ancora approvato.

Più tardi, a una domanda precisa, il numero uno dell’Eurogruppo ha sottolineato che “il modo in cui ciò accadrà spetta al Parlamento italiano e, naturalmente, al Governo italiano”. Ma deve essere chiaro “il valore della ratifica del trattato nel suo complesso da parte di tutti i membri, perché giocherà un ruolo prezioso nel modo in cui potremo rafforzare la nostra collaborazione per tutti”. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, rispondendo a una domanda in conferenza stampa, ha auspicato un completamento dell’iter “nel minor tempo possibile” anche se “la parte che è importante per situazioni come quelle che stiamo vivendo è stata già fatta, ed è quella che permette una supervisione comune e degli interventi sugli attori”. Un messaggio chiaro, da parte delle istituzioni Ue, che però Meloni non recepisce. Come già detto più volte nelle scorse settimane, infatti, per la presidente del Consiglio la ratifica è la fine e non l’inizio di un percorso. “Credo che la materia non vada discussa a monte ma vada discussa a valle e nel contesto nel quale opera”, ha detto oggi rispondendo a una domanda al termine dell’Eurosummit. In pratica, è il suo ragionamento, in un contesto mutato rispetto al passato (e anche con la tempesta iniziata sulle banche), prima occorre discutere della governance europea, dell’unione bancaria e solo dopo del Mes, che comunque considera uno strumento non efficace e a cui l’Italia non aderirà mai, finchè sarà al governo. Per lei ci sono altri strumenti “più efficaci”. Ad esempio – ha rilevato – stamattina abbiamo discusso dell’Unione bancaria e sul tema di un backstop”, una barriera di protezione, il Mes “è una sorta di Cassazione, il primo e il secondo grado sono l’Unione bancaria e le materie che sono state discusse questa mattina, quindi è un ragionamento del quale non si può discutere se non in un quadro complessivo”.

Tenendo presente però che l’iter per la modifica del Patto di stabilità e crescita andrà avanti a lungo (l’Italia, ma non solo, auspica che sia approvato entro il 2023) bisognerà vedere per quanto tempo Meloni riuscirà a evitare di portare in Parlamento la ratifica, dove la maggioranza rischierebbe perchè la Lega molto difficilmente darebbe il suo ok. Certo, tenere la pratica in sospeso può essere anche un mezzo per far pressione nella trattativa sulla governance, ma questo potrebbe rivelarsi anche un gioco rischioso, a maggior ragione in una fase di turbolenza sui mercati finanziari. “Sul Mes – attacca il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova – arranca, cerca scuse inesistenti. L’Italia deve ratificare la riforma del Mes, nell’interesse di tutti i paesi dell’Euro a partire dal nostro. Siccome lo farà, la melina di Meloni non serve a nulla se non a perdere credibilità ed autorevolezza”. Per Enrico Borghi (Pd) “la premier viene iscritta d’ufficio al club dei pifferi di montagna, che andarono per suonare e tornarono suonati. Prossima puntata di questa serie: il Mes. Questione di tempo”.

Fdi vuole cancellare il reato di tortura,le opposizioni insorgono

Fdi vuole cancellare il reato di tortura,le opposizioni insorgono


Fdi vuole cancellare il reato di tortura,le opposizioni insorgono – askanews.it



Fdi vuole cancellare il reato di tortura,le opposizioni insorgono – askanews.it


















Roma, 24 mar. (askanews) – Torna alla ribalta un vecchio cavallo di battaglia di Fdi. Quello di cancellare il reato di tortura dal codice penale. La Pdl è stata presentato in commissione Giustizia della Camera nel novembre scorso e assegnata in sede referente il 24 gennaio e ancora non calendarizzata. Ma lo scontro riflette il clima incandescente tra maggioranza e opposizione, dalla maternità surrogata alle detenute madri.

L’obiettivo esplicitato nella proposta di legge è quello di tutelare gli agenti da “denunce e processi strumentali” da pene ritenute “spoporzionate rispetto ai reati che puniscono nel codice attualmente tali ci condotte”, per garantire “adeguatamente l’onorabilità e l’immagine delle Forze di polizia”. L’ordinamento penale italiano, tengono a sottolineare gli esponenti di Fdi, “contempla già una sufficiente ‘batteria di norme repressive’: percosse, lesioni personali, sequestro di persona, arresto illegale, indebita limitazione di libertà personale, abuso di autorità contro arrestati o detenuti, perquisizioni e ispezioni personali arbitrarie, violenza privata, minacce, stato di incapacità procurato mediante violenza. Si tratta di fattispecie penali che, unite alla nuova aggravante, andrebbero a comporre un’adeguata costellazione punitiva”.

Il testo, infatti, di soli due articoli, introduce una nuova aggravante comune che darebbe attuazione agli obblighi internazionali discendenti dalla ratifica della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (Cat) ma nello stesso tempo prevede la contestuale abrogazione delle fattispecie penali della tortura e dell’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura (articoli 613-bis e 613-ter del codice penale). Secondo i deputati di Fratelli d’Italia la legge attuale (approvata nel 2017) porta ad una “incertezza applicativa” con il rischio della “pericolosa attrazione nella nuova fattispecie penale di tutte le condotte dei soggetti preposti all’applicazione della legge, in particolare del personale delle Forze di polizia che per l’esercizio delle proprie funzioni è autorizzato a ricorrere legittimamente anche a mezzi di coazione fisica”. Gli appartenenti alla polizia penitenziaria “rischierebbero quotidianamente denunce per tale reato a causa delle condizioni di invivibilità delle carceri e della mancanza di spazi detentivi, con conseguenze penali molto gravi e totalmente sproporzionate”.

Insorgono le opposizioni. La capogruppo dei senatori Pd, Simona Malpezzi, definisce “agghiacciante” la proposta. “Meloni – scrive su twitter – dica qualcosa: il suo governo e la sua forza politica vogliono attaccare una norma in difesa dei diritti umani?”. Mentre la collega di partito, la vicepresidente di Palazzo Madama, Anna Rossomando, attacca la destra che fa un “disastro dietro l’altro” e chiede al “ministro Nordio da che parte sta”. Ivan Scalfarotto di Az-Iv, fa notare come il governo introduca “un nuovo reato con pene pesantissime per chi va a un rave party ed elimina invece il reato di tortura che punisce chi ‘agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia’”.

Riccardo Magi di +Europa, parla di schizofrezia dell’esecutivo (“da un lato annuncia di voler introdurre, incostituzionalmente, nuovi reati universali inventandoseli di sana pianta, come nel caso della Gpa; dall’altra, vuole l’abolizione di reati reali che danneggiano l’immagine del nostro Paese, come quelli commessi appunto dalle Forze dell’Ordine” e rilancia chiedendo l’introduzione dei codici indentificativi delle divise. “Mentre a Biella si consuma con 23 agenti sospesi dal servizio l’ennesimo caso di tortura nelle carceri italiane, Fratelli d’Italia, il partito della presidente del consiglio dei ministri propone una legge per abrogare il reato di tortura”, è il commento del vicepresidente dei deputati dell’Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimaldi.

Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie

Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie


Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie – askanews.it



Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie – askanews.it



















Roma, 24 mar. (askanews) – Farine di grilli, biscotti di locusta, pasta di larve: gli insetti arriveranno presto sugli scaffali dei supermercati, dopo i 4 decreti ministeriali che regolano la vendita in Italia di questi prodotti. Ma gli esperti della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) mettono in guardia: i prodotti derivati dagli insetti possono indurre allergie alimentari e casi sono già stati registrati in Cina, Stati Uniti e in qualche caso in Europa. Il pericolo è particolarmente velato se si è già allergici a crostacei, molluschi o acari della polvere, perché si possono avere reazioni crociate a causa della similitudine molto marcata con alcune proteine presenti negli insetti. Secondo le stime degli esperti, sono a rischio alto di reazioni allergiche da insetti il 2% degli italiani sensibili ai crostacei, circa 800mila persone. Per tutelarli è importante che le etichette riportino con chiarezza le informazioni in merito all’eventuale contenuto di prodotti derivati da insetti, così da poter fare scelte alimentari consapevoli e non correre pericoli.

“In letteratura scientifica sono già stati riferiti numerosi casi di pazienti con reazioni a farine di artropodi, in particolare a farine di grilli, con sintomi che vanno da lieve orticaria a gravi shock anafilattici”, sottolinea Mario Di Gioacchino, Presidente SIAAIC, “si tratta spesso di pazienti già allergici ad altre sostanze, sia alimentari che animali, che nella maggior parte dei casi avevano un’allergia nota ai crostacei e dopo aver ingerito farine di grillo hanno avuto una reazione. Sia nei crostacei che nei grilli sono infatti presenti molecole simili, che quindi giustificano una reazione crociata tra i due alimenti. Anche molluschi, insetti, acari della polvere, cavallette, vermi della farina, granchi, scarafaggi, moscerini della frutta sono artropodi che crostacei e grilli, condividono perciò molte proteine; quelle individuate più spesso come causa di reazione crociata sono la tropomiosina e l’arginina chinasi, più raramente l’esamerina 1B e le catene leggere e pesanti della miosina. Si ipotizza peraltro la possibile presenza di proteine cross-reattive non ancora individuate, e in generale si suppone una reattività crociata tra questi alimenti attorno al 90%”. Le farine di insetti a scopo alimentare sono un’abbondante fonte di proteine, grassi, vitamine e minerali ed emettono meno gas serra rispetto alla maggior parte del bestiame; anche per questo il mercato è in continua crescita e si stima che per il 2030 riguarderà 390 milioni di consumatori, che acquisteranno questi nuovi alimenti per 260mila tonnellate. Anche le Istituzioni tuttavia, nel dare l’ok con 4 decreti ministeriali all’arrivo degli insetti sulle nostre tavole, hanno sottolineato l’importanza di una corretta informazione ai consumatori e segnalato la necessità di riportare in etichetta l’ingrediente anche se non presente al livello massimo previsto, con informazioni chiare sulle confezioni e su ogni aspetto della catena alimentare. Cautele condivise da SIAAIC perché come aggiunge Di Gioacchino, “il rischio di anafilassi dopo l’ingestione di farine di artropodi, in particolare grilli, in chi è allergico ai crostacei o agli acari non è di dominio comune, i pazienti non sono consapevoli della necessità di evitare l’ingestione di insetti. Poiché questi sono sempre più promossi come fonte di proteine in tutto il mondo, i medici dovranno educare i pazienti su questo rischio e le agenzie di regolamentazione dovranno considerare l’esigenza di un’etichettatura precauzionale pertinente, in modo da favorire un consumo consapevole e senza rischi”, conclude Di Gioacchino.

Diritti, il sindaco Tommasi: Verona sta con i bambini

Diritti, il sindaco Tommasi: Verona sta con i bambini


Diritti, il sindaco Tommasi: Verona sta con i bambini – askanews.it



Diritti, il sindaco Tommasi: Verona sta con i bambini – askanews.it



















Treviso, 24 mar. (askanews) – “Verona sta con i bambini e le bambine che hanno dei diritti e che vanno tutelati, ci stiamo organizzando nel modo più lineare possibile sapendo che c’è un vuoto normativo che va colmato. Ci siamo confrontati più volte anche con il sindaco Giordani, con il sindaco Sala, con il sindaco Conte. C’è una questione molto pratica e molto reale, cioè i bambini che hanno diritti da tutelare”. Così il sindaco di Verona, Damiano Tommasi, a margine dell’Assemblea dell’Anci Giovani, in tema di registrazione dei figli di coppie gay.

Luxottica: dopo oltre 20 anni stop accordo di licenza con Bulgari

Luxottica: dopo oltre 20 anni stop accordo di licenza con Bulgari


Luxottica: dopo oltre 20 anni stop accordo di licenza con Bulgari – askanews.it



Luxottica: dopo oltre 20 anni stop accordo di licenza con Bulgari – askanews.it



















Milano, 24 mar. (askanews) – Luxottica e Bulgari annunciano che l’accordo di licenza per il design, la produzione e la distribuzione in tutto il mondo di collezioni di occhiali da sole e da vista a marchio Bulgari arriverà a naturale scadenza il 31 dicembre 2023 e non sarà rinnovato.

Luxottica e Bulgari, spiega una nota congiunta, “hanno portato avanti per più di vent’anni una collaborazione di successo e di reciproca soddisfazione che ha arricchito il mercato dell’eyewear di lusso globale. Le due aziende continueranno a lavorare insieme per valorizzare la partnership fino al termine dell’accordo previsto per la fine dell’anno”.

Pressing dell’UE sull’Italia per la ratifica del Mes (ma Meloni frena ancora)

Pressing dell’UE sull’Italia per la ratifica del Mes (ma Meloni frena ancora)


Pressing dell’UE sull’Italia per la ratifica del Mes (ma Meloni frena ancora) – askanews.it



Pressing dell’UE sull’Italia per la ratifica del Mes (ma Meloni frena ancora) – askanews.it


















Bruxelles, 24 mar. (askanews) – L’Unione europea fa sentire la pressione sull’Italia per la ratifica del Mes ma Giorgia Meloni ancora frena. A rilanciare il tema dell’ok di Roma è stato il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe arrivando questa mattina all’Eurosummit. “E’ importante che andiamo avanti con la piena ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità, per assicurare che il Fondo di risoluzione unico abbia il supporto che è stato già concordato che debba avere”, ha detto. Donohoe non ha citato l’Italia, ma il riferimento è chiaro dato che il nostro è l’unico Paese a non averlo ancora approvato.

Più tardi, a una domanda precisa, il numero uno dell’Eurogruppo ha sottolineato che “il modo in cui ciò accadrà spetta al Parlamento italiano e, naturalmente, al Governo italiano”. Ma deve essere chiaro “il valore della ratifica del trattato nel suo complesso da parte di tutti i membri, perché giocherà un ruolo prezioso nel modo in cui potremo rafforzare la nostra collaborazione per tutti”. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, rispondendo a una domanda in conferenza stampa, ha auspicato un completamento dell’iter “nel minor tempo possibile” anche se “la parte che è importante per situazioni come quelle che stiamo vivendo è stata già fatta, ed è quella che permette una supervisione comune e degli interventi sugli attori”. Un messaggio chiaro, da parte delle istituzioni Ue, che però Meloni non recepisce. Come già detto più volte nelle scorse settimane, infatti, per la presidente del Consiglio la ratifica è la fine e non l’inizio di un percorso. “Credo che la materia non vada discussa a monte ma vada discussa a valle e nel contesto nel quale opera”, ha detto oggi rispondendo a una domanda al termine dell’Eurosummit. In pratica, è il suo ragionamento, in un contesto mutato rispetto al passato (e anche con la tempesta iniziata sulle banche), prima occorre discutere della governance europea, dell’unione bancaria e solo dopo del Mes, che comunque considera uno strumento non efficace e a cui l’Italia non aderirà mai, finchè sarà al governo. Per lei ci sono altri strumenti “più efficaci”. Ad esempio – ha rilevato – stamattina abbiamo discusso dell’Unione bancaria e sul tema di un backstop”, una barriera di protezione, il Mes “è una sorta di Cassazione, il primo e il secondo grado sono l’Unione bancaria e le materie che sono state discusse questa mattina, quindi è un ragionamento del quale non si può discutere se non in un quadro complessivo”. Tenendo presente però che l’iter per la modifica del Patto di stabilità e crescita andrà avanti a lungo (l’Italia, ma non solo, auspica che sia approvato entro il 2023) bisognerà vedere per quanto tempo Meloni riuscirà a evitare di portare in Parlamento la ratifica, dove la maggioranza rischierebbe perchè la Lega molto difficilmente darebbe il suo ok. Certo, tenere la pratica in sospeso può essere anche un mezzo per far pressione nella trattativa sulla governance, ma questo potrebbe rivelarsi anche un gioco rischioso, a maggior ragione in una fase di turbolenza sui mercati finanziari.

“Sul Mes – attacca il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova – arranca, cerca scuse inesistenti. L’Italia deve ratificare la riforma del Mes, nell’interesse di tutti i paesi dell’Euro a partire dal nostro. Siccome lo farà, la melina di Meloni non serve a nulla se non a perdere credibilità ed autorevolezza”. Per Enrico Borghi (Pd) “la premier viene iscritta d’ufficio al club dei pifferi di montagna, che andarono per suonare e tornarono suonati. Prossima puntata di questa serie: il Mes. Questione di tempo”.

Meloni non cita antifascismo vittime Fosse Ardeatine, opposizione attacca

Meloni non cita antifascismo vittime Fosse Ardeatine, opposizione attacca


Meloni non cita antifascismo vittime Fosse Ardeatine, opposizione attacca – askanews.it



Meloni non cita antifascismo vittime Fosse Ardeatine, opposizione attacca – askanews.it


















Roma, 24 mar. (askanews) – Il primo anniversario delle Fosse Ardeatine sotto il governo Meloni è già oggetto di polemica. Con le opposizioni all’attacco della premier che nella dichiarazione fatta in occasione del 79esimo dall’eccidio nazifascista sottolinea che “furono uccisi solo perchè italiani”. Interviene perfino la cantante Ornella Vanoni a criticare Giorgia Meloni: “Non sono stati uccisi solo perché italiani, ma perché italiani ebrei e italiani partigiani. Forse la Meloni è un po’ confusa davanti a questa memoria.”, ha scritto su twitter.

E naturalmente la precisazione dell’Anpi: “certo, erano italiani, ma furono scelti in base a una selezione che colpiva gli antifascisti, i resistenti, gli oppositori politici, gli ebrei”. Questa mattina come di consueto è stato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accompagnato dalle più alte cariche istituzionali, a rendere omaggio al Mausoleo delle Fosse Ardeatine dove il 24 marzo di 79 anni fa a Roma furono trucidati 335 tra civili e militari, dalle truppe di occupazione tedesche. L’azione fu una rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella, compiuto il 23 marzo da membri dei Gap romani. “Una delle pagine più brutali e vergognose della nostra storia”, ha detto il Presidente del Senato Ignazio La Russa. “Preservare la memoria di quella pagina orribile della nostra Storia significa anche richiamare le generazioni più giovani all’importanza di coltivare tutti i giorni i valori della libertà e della democrazia”, ha sottolineato il Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana.

“Una strage che ha segnato una delle ferite più profonde e dolorose inferte alla nostra comunità nazionale: 335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani”, ha detto la presidente del Consiglio. Le sue parole non sono piaciute alle opposizioni, Pd e M5s in testa, che subito sono partite all’attacco. “Non perché italiani ma perché partigiani, politici, ebrei, dissidenti – puntualizza Chiara Braga, probabile futura capogruppo dem alla Camera – insieme a tante donne e uomini liberi, uccisi per rappresaglia. La notte più buia della violenza nazifascista”. “La premier, come Fonzie, non riesce a pronunciare la parola antifascisti”, aggiunge Chiara Gribaudo. Per l’ex presidente della Camera ed esponente M5s, “è compito delle istituzioni e della politica tutta non essere omissivi, non indugiare sulle responsabilità e le complicità del fascismo. E non si può certo dire che le vittime delle Fosse Ardeatine furono uccise solo in quanto italiane. I 335 martiri furono uccisi perché antifascisti, oppositori politici o ebrei. La storia non può essere riscritta”. Per Nicola Fratoianni di Sinistra italiana quelle 335 persone furano trucidate “perchè erano italiani ed antifascisti, ebrei, partigiani. Un giorno o l’altro riuscirà a scrivere quella parola? ANTIFASCISTA”. “La presidente Meloni ha perso un’altra occasione per pacificare e pacificarsi -è la riflessione di Daniela Ruffino, deputata di Azione -. Gli rimane il 25 aprile, ma, ancora di più, il 2 giugno, che del 25 aprile fu il frutto più maturo e rigoglioso. Provi qualche volta a sostituire la Nazione con la Repubblica: scoprirà tutta un’altra storia”.

Ma la premier, che si trovava a Bruxelles per il consiglio europeo, mentre infuriava la polemica ha replicato serenamente: “Li ho definiti italiani, ma che vuol dire che gli antifascisti non sono italiani? Mi pare onnicomprensivo storicamente”. All’associazione nazionale dei partigiani non è sfuggito poi che nelle dichiarazioni degli esponenti della maggioranza di centrodestra non si faccia mai cenno alla responsabilità del fascismo: “È doveroso aggiungere che la lista di una parte di coloro che, come ha affermato Giorgia Meloni, sono stati ‘barbaramente trucidati dalle truppe di occupazione naziste’, – ha spiegato Gianfranco Pagliarulo presidente dell’Anpi – è stata compilata con la complicità del questore Pietro Caruso, del ministro dell’Interno della Repubblica di Salò Guido Buffarini Guidi, del criminale di guerra Pietro Koch, tutti fascisti”.

Banche di nuovo nella bufera, Deutsche Bank (-8,5%) nel mirino

Banche di nuovo nella bufera, Deutsche Bank (-8,5%) nel mirino


Banche di nuovo nella bufera, Deutsche Bank (-8,5%) nel mirino – askanews.it



Banche di nuovo nella bufera, Deutsche Bank (-8,5%) nel mirino – askanews.it



















Milano, 24 mar. (askanews) – A nove giorni dal crollo del Credit Suisse e a due settimane dal fallimento della Silicon Valley Bank, le banche tornano nella bufera, nonostante gli interventi di salvataggio dei giorni scorsi e le continue rassicurazioni delle autorità sulla tenuta del sistema finanziario. Nel mirino della speculazione oggi Deutsche Bank, colpita pesantemente dalle vendite fin dall’apertura, fino a scendere sotto quota 8 euro. Il titolo ha poi dimezzato il crollo iniziale ma il bilancio finale resta pesante: -8,5% a 8,54 euro, sui minimi da ottobre 2022. A far scattare il sell-off è stato il brusco aumento dei Cds (credit default swap) della banca, ossia il costo dell’acquisto di un’assicurazione per proteggersi dall’insolvenza sul debito, che hanno toccato i massimi degli ultimi 4 anni. Deutsche Bank ha annunciato questa mattina il rimborso di 1,5 miliardi di dollari di bond subordinati Tier 2 con scadenza 2028, mentre ieri due banche minori tedesche – Deutsche Pfandbriefbank e Aareal Bank – hanno reso noto di rinunciare al rimborso delle loro obbligazioni AT1, tipologia di bond finite nell’occhio del ciclone con il salvataggio del Credit Suisse.

Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha respinto il paragone tra Deutsche Bank e Credit Suisse. “Deutsche Bank ha radicalmente modernizzato il suo modello di business e ha riorganizzato la propria attività, è una banca molto redditizia. Non c’è nulla di cui preoccuparsi”, ha rassicurato al termine del vertice europeo a Bruxelles. La prima banca tedesca ha attraversato anni di scandali e controversie, ma le sue sorti sono migliorate negli ultimi anni dopo un importante programma di ristrutturazione. Dopo 10 trimestri consecutivi di utili, ha chiuso l’esercizio 2022 con un risultato netto di 5,7 miliardi, il più alto dal 2007, e il CET1 ratio al 13,4%. Gli stessi analisti spiegano che non vi è alcuna ragione fondamentale per la reazione eccessiva nei confronti di Deutsche Bank. “E’ vittima di un mercato irrazionale”, hanno commentato gli analisti Citigroup. Il vertice europeo è stata l’occasione per tutti i protagonisti per prendere posizione a difesa del settore bancario europeo. “E’ resistente, con posizioni solide in termini di capitale e liquidità”, hanno dichiarato i leader dei 27 Paesi dell’Ue in una dichiarazione congiunta rilasciata al termine della riunione. Stesse rassicurazioni da parte della presidente della Bce Christine Lagarde. “Il settore dell’area dell’euro è resiliente, perché dispone di solide posizioni patrimoniali e di liquidità – ha detto, secondo quanto riportato da fonti -. E’ forte perché abbiamo applicato tutte le riforme normative concordate a livello internazionale dopo la crisi finanziaria globale”.

Ma le rassicurazioni non sono bastate e le vendite hanno comunque colpito tutto il settore bancario in Europa: a Francoforte Commerzbank ha perso il 5,45%, a Piazza Affari Unicredit il 4,06%, a Parigi SocGen il 6,1%. Alla Borsa di Zurigo Credit Suisse e Ubs hanno ceduto rispettivamente 5,5% e il 3,8% dopo la notizia secondo cui sarebbero sotto esame nell’ambito di un’indagine del Dipartimento di Giustizia Usa per verificare se abbiano aiutato gli oligarchi russi a eludere le sanzioni.