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Tag: Sanremo 2023

Turismo, Santanchè accoglie partecipanti al primo G7 del settore

Turismo, Santanchè accoglie partecipanti al primo G7 del settoreFirenze, 14 nov. (askanews) – Nello storico Cortile del Michelozzo di Palazzo Vecchio, a Firenze, il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, accoglie oggi le principali figure internazionali del settore per l’apertura ufficiale del primo G7 dedicato interamente al turismo.


Alla storica riunione partecipano leader da tutto il mondo: il ministro del Turismo del Canada Soraya Martinez Ferrada, accompagnata dal viceministro Sony Perron; Hubert Gambs, vicedirettore generale per il Mercato interno, l’Industria, l’Imprenditoria e le PMI dell’Unione Europea; Marina Ferrari, delegata francese per l’Economia del Turismo; Dieter Gerald Janecek, coordinatore tedesco per l’Economia Marittima e il Turismo; Naoya Haraikawa, commissario dell’Agenzia del Turismo del Giappone; Robert Specterman-Green, direttore britannico per i Media e l’Internazionalizzazione, e Alex Lasry, vice assistente segretario per i Viaggi e il Turismo degli Stati Uniti. Il G7 del Turismo si pone l’obiettivo di affrontare le sfide e le opportunità del settore a livello globale, favorendo una crescita sostenibile, la valorizzazione delle tradizioni culturali e nuove collaborazioni internazionali.

Migranti, Meloni sente Musk e tenta di chiudere polemica

Migranti, Meloni sente Musk e tenta di chiudere polemicaRoma, 13 nov. (askanews) – Nel pomeriggio di oggi, quando la polemica era ormai giunta oltre il livello di guardia, Giorgia Meloni ha alzato il telefono per chiamare Elon Musk e cercare di chiudere il ‘caso’ nato dai post su X del miliardario – da oggi membro della futura amministrazione Trump – contro i giudici italiani che hanno negato il trasferimento di migranti in Albania. Un colloquio definito “cordiale e amichevole” tra i due, necessario per un chiarimento e per gettare acqua sul fuoco.


Questa mattina era stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a intervenire con fermezza, diramando una nota per affermare che “l’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che ‘sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione’. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”. Da Palazzo Chigi non trapelano dettagli sul confronto, ma è Elon Musk stesso a svelarne il contenuto, affidandolo a un post del suo referente in Italia, Andrea Stroppa. “L’imprenditore Elon Musk – scrive – esprime il suo rispetto per il Presidente Mattarella e la Costituzione italiana” ma “sottolinea che la libertà di espressione è protetta dal Primo Emendamento e dalla stessa Costituzione italiana pertanto da cittadino continuerà a esprimere liberamente le proprie opinioni”. Musk, conclude Stroppa, “si augura che le relazioni Stati Uniti-Italia siano sempre più forti e auspica di incontrare presto il Presidente della Repubblica”.

Migranti, Meloni sente Musk e tenta di chiudere la polemica

Migranti, Meloni sente Musk e tenta di chiudere la polemicaRoma, 13 nov. (askanews) – Nel pomeriggio di oggi, quando la polemica era ormai giunta oltre il livello di guardia, Giorgia Meloni ha alzato il telefono per chiamare Elon Musk e cercare di chiudere il ‘caso’ nato dai post su X del miliardario – da oggi membro della futura amministrazione Trump – contro i giudici italiani che hanno negato il trasferimento di migranti in Albania. Un colloquio definito “cordiale e amichevole” tra i due, necessario per un chiarimento e per gettare acqua sul fuoco.


Questa mattina era stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a intervenire con fermezza, diramando una nota per affermare che “l’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che ‘sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione’. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”. Da Palazzo Chigi non trapelano dettagli sul confronto, ma è Elon Musk stesso a svelarne il contenuto, affidandolo a un post del suo referente in Italia, Andrea Stroppa. “L’imprenditore Elon Musk – scrive – esprime il suo rispetto per il Presidente Mattarella e la Costituzione italiana” ma “sottolinea che la libertà di espressione è protetta dal Primo Emendamento e dalla stessa Costituzione italiana pertanto da cittadino continuerà a esprimere liberamente le proprie opinioni”. Musk, conclude Stroppa, “si augura che le relazioni Stati Uniti-Italia siano sempre più forti e auspica di incontrare presto il Presidente della Repubblica”.

Salvini: rispetto Mattarella ma Musk ha diritto esprimere idee

Salvini: rispetto Mattarella ma Musk ha diritto esprimere ideeRoma, 13 nov. (askanews) – “Quando si tratta di difendere la sovranità nazionale, l’interesse nazionale, la sicurezza nazionale io sono assolutamente in prima fila, quindi grande rispetto per le parole del Presidente della Repubblica. Per quello che riguarda Musk è un signore che paga 200.000 stipendi e che ha mandato 6mila satelliti in aria, alcuni dei quali usati ad esempio in Emilia Romagna durante l’alluvione, quindi ritengo che abbia diritto di esprimere il suo parere sulla Cina, sull’Italia, sull’India, sulla politica estera, su quant’altro”. Lo ha detto il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini a Otto e mezzo su La7.


“Poi gli italiani si gestiscono senza aver bisogno di aver lezioni né da Soros, né da Macron, né da nessun altro”, quindi “neanche da Musk”, ha aggiunto Salvini.

Ue, Crosetto: il no del Pd a Fitto è solo livore ideologico

Ue, Crosetto: il no del Pd a Fitto è solo livore ideologicoRoma, 13 nov. (askanews) – “Ricordo come se fosse oggi quando Fratelli d’Italia chiese al gruppo dell’Ecr di votare a favore del Commissario Italiano. Era Paolo Gentiloni, uno degli esponenti di maggior spicco del Pd, già ministro degli Esteri e Presidente del Consiglio in diversi Governi dei quali Fdi era il maggior, se non l’unico, oppositore. Ma si trattava, in quel caso, del rappresentante dell’Italia in senso alla Commissione Europea e il nostro unico obiettivo, oltre che dovere, era quello di tutelare l’Italia prima del partito e lo si poteva e doveva fare votando per lui. Non ci pensammo nemmeno un minuto. Oggi, a parti invertite, il Pd non solo non vota per Raffaele Fitto, ma chiede di non dargli un ruolo importante. Un ruolo importante per l’Italia, non per Raffaele. Questa non è politica, né tantomeno un modo per difendere l’interesse nazionale, ma solo una manifestazione di livore politico e ideologico”. Lo scrive su X il ministro della Difesa Guido Crosetto.


“Un tale comportamento – prosegue Crosetto – non mi appartiene, non è mai appartenuto al mio modo di vedere i rapporti con gli avversari, neppure i più accaniti. Questo modo di ‘fare’ politica umilia la Politica, quella con la P maiuscola, tutta, ma soprattutto danneggia l’Italia”.

Musk sente Meloni: rispetto per Mattarella ma esprimo opinioni

Musk sente Meloni: rispetto per Mattarella ma esprimo opinioniRoma, 13 nov. (askanews) – “L’imprenditore Elon Musk esprime il suo rispetto per il Presidente Mattarella e la Costituzione italiana. Cosi come ribadito in una amichevole conversazione avvenuta con la presidente del Consiglio Meloni nel pomeriggio”. Lo scrive su X Andrea Stroppa, referente di Musk in Italia.


“Tuttavia – aggiunge – l’imprenditore sottolinea che la libertà di espressione è protetta dal Primo Emendamento e dalla stessa Costituzione italiana pertanto da cittadino continuerà a esprimere liberamente le proprie opinioni”. “Nel 2023 – ricorda Stroppa – ancor prima di conoscere il Presidente Meloni, l’imprenditore ha dato connettività satellitare gratuita all’Emilia-Romagna colpita da una grave alluvione garantendo connessioni immediate e sicure a soccorritori, forze di pubblica sicurezza, ospedali, scuole e privati cittadini con il solo obiettivo di aiutare un Paese amico. L’imprenditore si augura che le relazioni Stati Uniti-Italia siano sempre più forti e auspica di incontrare presto il Presidente della Repubblica”.

Nato, base Usa in Polonia inaugurata nell’attesa di Trump

Nato, base Usa in Polonia inaugurata nell’attesa di TrumpMilano, 13 nov. (askanews) – “È stato fantastico visitare la Polonia e incontrare il presidente Andrzej Duda e il Primo Ministro Donald Tusk. Abbiamo discusso di come rafforzare il nostro sostegno all’Ucraina e rispettare gli impegni presi dagli Alleati al Summit della Nato a Washington Dc”. Lo ha scritto il segretario generale della Nato Mark Rutte su X, alla fine di una giornata particolare, iniziata questa mattina a Bruxelles accogliendo il segretario di stato Usa Antony Blinken e proseguita in Polonia, dove gli Usa hanno inaugurato una nuova base missilistica nel nord del Paese. La base, parte dello scudo missilistico più ampio della NATO ed è progettato per rilevare, tracciare e intercettare missili balistici in volo.


Secondo numerosi osservatori potrebbe alleviare le preoccupazioni per la sicurezza europea una volta che Donald Trump entrerà in carica; è parte del NATO Ballistic Missile Defence (BMD), ossia un sistema di difesa antimissile integrato volto alla protezione dei territori e delle popolazioni dei Paesi Membri dell’Alleanza. La base si trova a circa 250 km dall’exclave russa di Kaliningrad, dove Mosca ha una potente presenza militare, incuneata tra i membri della NATO, Polonia e Lituania. Situata nella città di Redzikowo, Aegis Ashore Poland, vicino alla costa baltica, era stata criticata dal Cremlino perché ritenuta un tentativo di “contenere” la Russia ma il tempo – e in particolare l’invasione dell’Ucraina – hanno dimostrato perché chi l’ha ideata, la riteneva una necessità. “Il 13 novembre inaugureremo la base di difesa missilistica di Redzikowo: in materia di sicurezza e politica estera, le élite politiche polacche restano unite. L’alleanza Usa-Polonia è forte, indipendentemente da chi governa a Varsavia e a Washington” ha scritto su X il ministero degli esteri polacco. “Ci è voluto un po’ di tempo, ma questa costruzione dimostra la determinazione geostrategica degli Stati Uniti”, ha affermato il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski in un video pubblicato martedì sulla piattaforma di social media X. I progetti per la base furono avviati dal presidente George W. Bush e proseguiti durante la presidenza di Barack Obama , il primo mandato di Donald Trump e furono ultimati dall’amministrazione di Joe Biden, ha affermato Sikorski.


La missione della NATO Ballistic Missile Defence è quella di proteggere le popolazioni, il territorio e le forze europee della NATO dalla crescente minaccia rappresentata dai missili balistici. Gli elementi chiave dello scudo missilistico della NATO includono i due siti Aegis Ashore degli Stati Uniti in Polonia e Romania assieme ai cacciatorpediniere della marina statunitense fuori Rota, in Spagna, e un radar di allerta precoce a Kurecik, in Turchia. Aegis Ashore è puramente difensivo come vuole l’articolo 5. Il sito di Deveselu, in Romania, è operativo dal 2016. Oggi incontrando Donald Tusk, Rutte ha nuovamente specificato che “la guerra” in Ucraina “ha preso una nuova pericolosa svolta, con le truppe nordcoreane che ora sono schierate in Russia. E questo non è gratis: Putin sta pagando per questo. Non solo in denaro, ma anche attraverso la tecnologia. Sta fornendo tecnologia missilistica alla Corea del Nord. E questo ora sta presentando una minaccia, non solo per noi qui in Europa, ma anche per la Corea del Sud, per il Giappone e per il territorio degli Stati Uniti, e, naturalmente, la Cina fa parte dello sforzo bellico di elusione delle sanzioni”. (Di Cristina Giuliano)

Europarlamento domani vota se avviare retromarcia sul Green Deal

Europarlamento domani vota se avviare retromarcia sul Green DealBruxelles, 13 nov. (askanews) – Il Parlamento europeo potrebbe votare domani, durante la sua “mini plenaria” di novembre a Bruxelles, se avviare la marcia indietro sul Green Deal, cominciando, come vuole il Ppe, da una delle sue misure più importanti: il regolamento Ue contro la deforestazione importata, che era già stato approvato definitivamente dal Consiglio Ue il 16 maggio 2023, ed è già entrato in vigore dal 29 giugno dello stesso anno.


Il regolamento impone un “dovere di diligenza”, con norme obbligatorie, a tutti gli operatori e commercianti che immettono sul mercato Ue, o esportano da esso alcune materie prime (olio di palma, prodotti bovini, legno, caffè, cacao, gomma e soia), in modo da garantire che non provengano da terreni che sono stati oggetto di deforestazione. Le norme si applicano anche a una serie di prodotti derivati quali cioccolato, oggetti di arredamento, carta stampata e prodotti per l’igiene personale a base di olio di palma. Gli operatori saranno tenuti a garantire la tracciabilità delle materie prime da loro vendute, rispetto ai terreni da cui provengono. Il regolamento prevede che le sue disposizioni diventino vincolanti dal 30 dicembre 2024 per le imprese e gli importatori di grandi e medie dimensioni, e sei mesi dopo, dal 30 giugno 2025, per le piccole e micro imprese. Ma la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa il 2 ottobre scorso, che prevede di una modifica del testo già approvato, per ritardare di un anno esatto queste due scadenze, portandole rispettivamente a fine 2025 e a metà 2026.


L’obiettivo dichiarato è quello di rendere le nuove norme applicabili in modo più agevole ed efficace da parte degli operatori di mercato. La proposta della Commissione, nella sua introduzione, sottolinea quattro volte che non intende modificare alcuna norma sostanziale del regolamento. Dopo che i ministri in Consiglio Ue hanno già approvato in prima lettura la proposta di rinvio di un anno, tocca ora al Parlamento europeo pronunciarsi. Ma invece di limitarsi ad approvare la proposta, o al limite a pronunciarsi per una modifica della durata del rinvio, la plenaria del Ppe è chiamata a votare 15 emendamenti, presentati a sorpresa dal Ppe, che mirano anche a cambiare sostanzialmente il testo del regolamento, introducendo una serie di esenzioni per tutto il settore del commercio, definendo una nuova categoria di paesi “a rischio zero di deforestazione” che potrebbero esportare nell’Ue senza controlli, e cancellando alcune delle misure vincolanti per certe categorie di imprese.


Se non vi sarà un rinvio all’ultimo momento del voto di domani, o un accordo tra gruppi politici che convinca il Ppe a ritirare i propri emendamenti, è molto probabile che le “modifiche sostanziali” richieste siano sostenute dalla cosiddetta “maggioranza Venezuela” (Ppe, conservatori dell’Ecr e “Patrioti” e Sovranisti dall’estrema destra). Questo innanzi tutto aumenterebbe la tensione già molto alta in seno alla vecchia “maggioranza Ursula” (Popolari da una parte e S&D e Liberali di Renew dall’altra) che non è ancora riuscita a uscire dal pantano dei veti incrociati sulle audizioni di conferma dei membri designati della prossima Commissione europea. E in secondo luogo metterebbe von der Leyen in una situazione delicata, perché dovrebbe decidere se bloccare il tentativo del suo stesso partito, il Ppe, di stravolgere un regolamento già in vigore, che ha dichiarato ripetutamente di non voler assolutamente modificare (tranne che per i tempi di attuazione), o se invece tacere, e aspettare di vedere se i Ventisette, in Consiglio Ue, accetteranno le modifiche eventualmente introdotte dal Parlamento europeo.


Va ricordato che, nel primo caso, la Commissione può ritirare, o minacciare di ritirare, in qualunque momento del processo di approvazione le sue proposte legislative, se lo considera opportuno. Inoltre, se l’Esecutivo comunitario si oppone a degli emendamenti, il Consiglio Ue può approvarli in seconda lettura solo all’unanimità (non basta la normale maggioranza qualificata). Da anni, comunque, il Parlamento europeo e il Consiglio Ue non ricorrono quasi più alla seconda lettura, perché approvano i testi legislativi in prima lettura dopo aver raggiunto accordi informali in negoziati a tre (“triloghi”) con la Commissione. Se, nel secondo caso, il Consiglio accettasse anche solo in parte le modifiche sostanziali chieste dal Parlamento europeo, senza una ferma opposizione da parte della Commissione, è evidente il segnale che verrebbe dato dall’Esecutivo comunitario, nonostante i proclami contrari ripetuti da gran parte dei commissari designati durante le loro audizioni di conferma: il segnale che dal Green Deal si può tornare indietro, e che la retromarcia può essere innestata persino riguardo alle misure che sono già state adottate e sono entrate in vigore. Esattamente quello che vogliono l’estrema destra, i Conservatori dell’Ecr e una buona parte del Ppe. A questo punto, si potrebbe concludere che il processo legislativo dell’Unione europea è ormai finito in mano a questi gruppi, ovvero alla “maggioranza Venezuela”, e non è più controllato dalla vecchia “maggioranza Ursula” europeista.

L’Europarlamento domani vota se avviare la retromarcia sul Green Deal

L’Europarlamento domani vota se avviare la retromarcia sul Green DealBruxelles, 13 nov. (askanews) – Il Parlamento europeo potrebbe votare domani, durante la sua “mini plenaria” di novembre a Bruxelles, se avviare la marcia indietro sul Green Deal, cominciando, come vuole il Ppe, da una delle sue misure più importanti: il regolamento Ue contro la deforestazione importata, che era già stato approvato definitivamente dal Consiglio Ue il 16 maggio 2023, ed è già entrato in vigore dal 29 giugno dello stesso anno.


Il regolamento impone un “dovere di diligenza”, con norme obbligatorie, a tutti gli operatori e commercianti che immettono sul mercato Ue, o esportano da esso alcune materie prime (olio di palma, prodotti bovini, legno, caffè, cacao, gomma e soia), in modo da garantire che non provengano da terreni che sono stati oggetto di deforestazione. Le norme si applicano anche a una serie di prodotti derivati quali cioccolato, oggetti di arredamento, carta stampata e prodotti per l’igiene personale a base di olio di palma. Gli operatori saranno tenuti a garantire la tracciabilità delle materie prime da loro vendute, rispetto ai terreni da cui provengono. Il regolamento prevede che le sue disposizioni diventino vincolanti dal 30 dicembre 2024 per le imprese e gli importatori di grandi e medie dimensioni, e sei mesi dopo, dal 30 giugno 2025, per le piccole e micro imprese. Ma la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa il 2 ottobre scorso, che prevede di una modifica del testo già approvato, per ritardare di un anno esatto queste due scadenze, portandole rispettivamente a fine 2025 e a metà 2026. L’obiettivo dichiarato è quello di rendere le nuove norme applicabili in modo più agevole ed efficace da parte degli operatori di mercato. La proposta della Commissione, nella sua introduzione, sottolinea quattro volte che non intende modificare alcuna norma sostanziale del regolamento.


Dopo che i ministri in Consiglio Ue hanno già approvato in prima lettura la proposta di rinvio di un anno, tocca ora al Parlamento europeo pronunciarsi. Ma invece di limitarsi ad approvare la proposta, o al limite a pronunciarsi per una modifica della durata del rinvio, la plenaria del Ppe è chiamata a votare 15 emendamenti, presentati a sorpresa dal Ppe, che mirano anche a cambiare sostanzialmente il testo del regolamento, introducendo una serie di esenzioni per tutto il settore del commercio, definendo una nuova categoria di paesi “a rischio zero di deforestazione” che potrebbero esportare nell’Ue senza controlli, e cancellando alcune delle misure vincolanti per certe categorie di imprese. Se non vi sarà un rinvio all’ultimo momento del voto di domani, o un accordo tra gruppi politici che convinca il Ppe a ritirare i propri emendamenti, è molto probabile che le “modifiche sostanziali” richieste siano sostenute dalla cosiddetta “maggioranza Venezuela” (Ppe, conservatori dell’Ecr e “Patrioti” e Sovranisti dall’estrema destra). Questo innanzi tutto aumenterebbe la tensione già molto alta in seno alla vecchia “maggioranza Ursula” (Popolari da una parte e S&D e Liberali di Renew dall’altra) che non è ancora riuscita a uscire dal pantano dei veti incrociati sulle audizioni di conferma dei membri designati della prossima Commissione europea. E in secondo luogo metterebbe von der Leyen in una situazione delicata, perché dovrebbe decidere se bloccare il tentativo del suo stesso partito, il Ppe, di stravolgere un regolamento già in vigore, che ha dichiarato ripetutamente di non voler assolutamente modificare (tranne che per i tempi di attuazione), o se invece tacere, e aspettare di vedere se i Ventisette, in Consiglio Ue, accetteranno le modifiche eventualmente introdotte dal Parlamento europeo.


Va ricordato che, nel primo caso, la Commissione può ritirare, o minacciare di ritirare, in qualunque momento del processo di approvazione le sue proposte legislative, se lo considera opportuno. Inoltre, se l’Esecutivo comunitario si oppone a degli emendamenti, il Consiglio Ue può approvarli in seconda lettura solo all’unanimità (non basta la normale maggioranza qualificata). Da anni, comunque, il Parlamento europeo e il Consiglio Ue non ricorrono quasi più alla seconda lettura, perché approvano i testi legislativi in prima lettura dopo aver raggiunto accordi informali in negoziati a tre (“triloghi”) con la Commissione. Se, nel secondo caso, il Consiglio accettasse anche solo in parte le modifiche sostanziali chieste dal Parlamento europeo, senza una ferma opposizione da parte della Commissione, è evidente il segnale che verrebbe dato dall’Esecutivo comunitario, nonostante i proclami contrari ripetuti da gran parte dei commissari designati durante le loro audizioni di conferma: il segnale che dal Green Deal si può tornare indietro, e che la retromarcia può essere innestata persino riguardo alle misure che sono già state adottate e sono entrate in vigore.


Esattamente quello che vogliono l’estrema destra, i Conservatori dell’Ecr e una buona parte del Ppe. A questo punto, si potrebbe concludere che il processo legislativo dell’Unione europea è ormai finito in mano a questi gruppi, ovvero alla “maggioranza Venezuela”, e non è più controllato dalla vecchia “maggioranza Ursula” europeista.

Calcio, Ranieri, pronto il Roma ter per il figlio giallorosso

Calcio, Ranieri, pronto il Roma ter per il figlio giallorossoRoma, 13 nov. (askanews) – Quando si parla di Roma al cuore non si resiste. La Roma al terzo cambio di panchina in 90 giorni, scommette su un normal one, Claudio Ranieri, romano de Roma e romanista, classe di ferro 1951. Ranieri ricomincia da una Serie A da cui sembrava essersi congedato definitivamente dopo le due stagioni monumentali vissute al Cagliari. Aveva preso la squadra sarda in B fuori dalla zona playoff per trascinarla allo spareggio promozione vinto a Bari davanti ai 60mila del San Nicola. Poi l’anno scorso una salvezza sofferta, come da copione, e un saluto tra le lacrime dei cagliaritani. Ranieri venne nominato per la prima volta tecnico della Roma il 2 settembre 2009 al posto di Luciano Spalletti, dimessosi in seguito alle sconfitte rimediate contro Genoa e Juventus nelle prime due giornate di campionato. Con Sir Claudio al timone, Francesco Totti e compagni svoltarono dal punto di vista dei risultati, soprattutto tra i confini nazionali: in Coppa Italia arrivò una sconfitta in finale per mano dell’Inter campione di tutto, trionfatrice anche in Serie A al culmine di un entusiasmante duello proprio con la Roma di Ranieri. Alla fine furono appena due i punti di svantaggio dai nerazzurri, che impedirono a Ranieri di festeggiare uno storico Scudetto alla guida della squadra della propria città. Nel 2011 presentò le proprie dimissioni non riuscendo a riconfermare i risultati dell’anno precedente. Fu sostituito da un giovanissimo Vincenzo Montella promosso dalla guida della formazione dei Giovanissimi a quella della prima squadra. Otto anni dopo la sua seconda esperienza a Trigoria, in cui, sempre in corsa, subentrò a Eusebio Di Francesco e chiuse con la Roma al 6° posto. Quel giugno 2019 Ranieri assisteva anche all’addio al calcio di Daniele De Rossi. Oggi il Rona-ter. Prende una squadra dove l’incertezza regna sovrana. A cominciare la Joya Dybala che ha rinunciato ai petrodollari degli arabi pur di restare alla Roma. Claudio Ranieri ottiene sempre il massimo dal gruppo senza alzare mai la voce, con l’umiltà dei grandi e con estremo garbo. Non a caso è stato insignito del “Premio Gentilezza”. Basteranno i sue modi da lord a risollevare la Roma? La risposta presto sul campo.