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Autore: Redazione StudioNews

Abruzzo, Calenda: non è grande sfida nazionale, ma per la regione

Abruzzo, Calenda: non è grande sfida nazionale, ma per la regioneMilano, 5 mar. (askanews) – “Dico una cosa in controtendenza: non credo che sia una grande sfida nazionale, ma che sia una grande sfida per l’Abruzzo”. Lo ha detto il leader di Azione, Carlo Calenda, a diMartedì su La7, a proposito delle regionali in Abruzzo del 10 marzo. “Il mio invito è agli elettori che si definiscono di centrodestra di votare per una volta per la qualità della persona che dovrà gestire l’Abruzzo perché in questo caso, se no io non avrei fatto alcuna alleanza” con il centrosinistra è candidata “una di quelle persone che noi dovremmo desiderare di avere in politica quindi il mio suggerimento è agli elettori di centrodestra è di guardare il curriculum vitae” ha aggiunto riferendosi a Luciano D’Amico.


Quanto ai provvedimenti per la regione annunciati dal governo a pochi giorni dal voto Calenda ha osservato che “queste cose le hanno fatte tutti i governi, però in Abruzzo la situazione è particolare: spende 90 milioni di euro per mandare i suoi cittadini a curarsi fuori dalla regione, però Marsilio ha spese 17 milioni di euro per dare ad ogni consigliere regionale la possibilità di finanziare, senza sapere cosa, le associazioni che gli sono vicine e 8 milioni al calcio Napoli per fare il ritiro a Roccaraso. Davanti c’è un candidato che ha rimesso a posto la società dei trasporti, che ha rilanciato l’università di Teramo, che è un simbolo, è colto, perbene, un liberal, un progressista”.

Difesa, il nuovo piano Ue per aumentare la capacità industriale

Difesa, il nuovo piano Ue per aumentare la capacità industrialeBruxelles, 5 mar. (askanews) – “Due anni fa, presentando la ‘Bussola strategica’ dell’Ue, dissi “l’Europa è in pericolo’. Purtroppo avevo ragione. L’Europa era in pericolo, ed  è ancora più in pericolo oggi. La pace non è più scontata, purtroppo. La guerra è ai nostri confini. La guerra di aggressione della Russia ha suscitato un grande senso di urgenza per rafforzare le nostre capacità industriali della difesa”. 


L’Alto Rappresentante per la Politica estera comune dell’Ue, Josep Borrell, lo ha affermato in modo chiarissimo: non possiamo più affidarci alla normalità a cui eravamo abituati, alla pace certa, sotto l’ombrello americano.  Borrell ha parlato oggi a Bruxelles, durante la conferenza stampa di presentazione di due nuove iniziative della Commissione europea: la nuova  “Strategia europea per l’industria della difesa” (Edis) , e la  proposta legislativa per un Programma europeo per l’industria della difesa (Edip) , con l’obiettivo di convincere gli Stati membri a investire in questo settore di più, meglio, insieme e in una dimensione europea, superando la frammentazione attuale. 


La guerra in Ucraina, alle nostre porte, ha cambiato tutto; ora l’Europa deve tornare a pensare a una vera e propria difesa comune, come alle sue origini, quando la Ced (Comunità europea di Difesa) sembrava la seconda tappa naturale dell’integrazione europea appena avviata, dopo la Comunità del Carbone e dell’Acciaio: il Trattato Ced era già stato firmato dai sei paesi fondatori, ma in Francia, nell’agosto del 1954, il Parlamento bocciò la ratifica, e il progetto rimase là, accantonato per 70 anni.    Oggi la guerra è tornata nel cuore dell’Europa, alle nostre porte, la minaccia esistenziale è tornata, bisogna preparare, rafforzare e coordinare al meglio le capacità di difesa degli Stati membri. Non attraverso un esercito europeo, non ancora almeno; ma con una forte accelerazione della produzione di armamenti e altri dispositivi militari, e con l’ottimizzazione e standardizzazione di questa capacità  produttiva  per avere il massimo dell’efficacia, della sinergia e degli effetti di scala.  Il piano presentato oggi prevede uno stanziamento Ue da 1,5 miliardi di euro, da investire tra il 2025 e il 2027 in un programma congiunto per l’industria europea della difesa. Non molto, in effetti, rispetto a esigenze così importanti. E non è ancora il momento di parlare di un nuovo strumento di debito comune, come è stato per il NextGenerationEu e per il programma Sure.   Vengono comunque fissati degli obiettivi indicativi per gli Stati membri, che sono invitati a procurarsi entro il 2030 almeno il 40% dei loro armamenti e dispositivi militari effettuando acquisti in comune con gli altri Stati membri (nel 2022 la percentuale di questi appalti congiunti è stata appena del 18%), e a comprare sul mercato interno dell’Ue almeno il 35% delle loro forniture. 


Quella in Ucraina, ha ricordato Borrell, “all’inizio era una guerra fatta con le scorte” di armamenti. Ora è diventata  “una guerra di produzione industriale. Dura da due anni, non sembra che finirà presto e il fabbisogno di attrezzature militari è andato aumentando, mentre le scorte sono andate esaurendosi e stiamo incrementando la capacità della nostra produzione industriale. Questa guerra ha cambiato il modo in cui guardiamo alle nostre capacità di difesa”, ha insistito l’Alto Rappresentante.  Certo, ha ammesso Borrell, “l’Unione europea non è un’alleanza militare; ma i Trattati Ue parlano di costruire una politica di sicurezza e di difesa comune. E parte di questa politica di sicurezza e difesa comune è avere una buona ed efficiente base industriale”.


“Abbiamo fatto molto attraverso lo Strumento europeo per la pace (il fondo con cui sono stati finanziati in gran parte gli aiuti militari a Kiev, ndr) per fornire ciò che avevamo. Ora dobbiamo passare da una modalità di emergenza, di urgenza; a una visione a medio e lungo termine che rafforzi la nostra preparazione industriale nel campo della difesa, per continuare a fornire sostegno militare all’Ucraina. Non si tratta più di guardare alle scorte – ha puntualizzato Borrell -, ma di riuscire a generare un flusso produttivo continuo”. “Sulle munizioni, ad esempio, l’industria ha risposto rapidamente all’emergenza. Dall’inizio della guerra – ha indicato l’Alto Rappresentante –  l’industria europea della difesa ha aumentato la propria capacità industriale del 50%. E oggi quello che ci manca non è la capacità produttiva, ma i finanziamenti. Ma guardando al futuro, abbiamo bisogno anche di maggiore capacità produttiva: deve ancora aumentare di più del 50%,  e più rapidamente, e i finanziamenti sono fondamentali. Non abbiamo un Pentagono in Europa. Non abbiamo un’istituzione con una forte capacità d’acquisto che guida il mercato e guida l’industria”. “Ma dobbiamo fare di più, non solo sul fronte delle munizioni.  Abbiamo bisogno – ha sottolineato Borrell – di una politica industriale della difesa, perché l’industria della difesa è unica. Non si va al supermercato per comprare prodotti per la difesa. C’è un unico acquirente: i governi. I produttori sono diversi, ma il 90% della capacità industriale del settore è concentrata in pochi Stati membri”. “Prima della guerra – ha indicato  – la nostra industria della difesa soddisfaceva circa il 40% del fabbisogno dei nostri eserciti ed esportava circa la metà della sua produzione. Pertanto, il nostro settore è competitivo: metà della sua produzione era destinata all’esportazione. Ma dall’inizio della guerra, il nostro bisogno di acquistare all’estero è aumentato”.   “La nostra domanda è frammentata, ovviamente perché abbiamo eserciti nazionali diversi. Siamo divisi in 27 Stati membri, con 27 eserciti diversi”.  Nel 2022, ha ricordato ancora Borrell, “gli investimenti nella difesa dei nostri Stati membri ammontavano a 58 miliardi di euro, frammentati in 27 ‘centri di domanda’. Negli Stati Uniti uno solo, il Pentagono,  chiedeva al mercato 215 miliardi di dollari, quasi quattro volte di più”. Poco prima di Borrell, la  vicepresidente esecutiva della Commissione responsabile per la Concorrenza, Margrethe Vestager, aveva sottolineato questo punto. La frammentazione, aveva rilevato,  “implica grandi inefficienze e un uso inefficiente del denaro dei contribuenti. Inoltre gli Stati membri spendono per molti diversi tipi di dispositivi militari: così abbiamo tre, quattro, a volte anche cinque diversi tipi di dispositivi per ogni arma”, una situazione “da confrontare con quanto avviene in particolare negli Stati Uniti”. “Questo – aveva aggiunto Vestager – crea delle inefficienze, dei doppioni, impedisce di avere delle economie di scala, che offrono più valore per il denaro speso. Inoltre, fin dall’inizio della guerra, e fino a giugno 2023 gli Stati membri hanno speso più di 100 miliardi di euro in acquisti per la difesa, ma quasi l’80% di questo denaro è stato speso al di fuori dell’Unione, e gli Stati Uniti da soli rappresentano più del 60% di questa spesa. Tutto ciò non è più sostenibile, se mai lo è stato”. Ma ora, ha evidenziato Borrell,  questa strategia della Commissione “cerca di far incontrare domanda e offerta, attraverso procedure per investire di più, meglio, insieme e come europei. Dobbiamo superare la frammentazione attraverso la cooperazione”. Questa strategia, ha concluso Borrell “cercherà di incentivare l’acquisizione congiunta di capacità di difesa e progetti di comune interesse europeo”.

Al MITA di Brescia la storia persiana nella mostra Persia Felix

Al MITA di Brescia la storia persiana nella mostra Persia FelixMilano, 5 mar. (askanews) – Persia Felix è la seconda mostra di MITA a Brescia ed è un viaggio nell’impero persiano tra il 1500 e il 1700, dove si raccontano le città, le antiche dimore, i giardini, l’eleganza, quella cultura tanto libera, diffusa, felice attraverso tappeti della Collezione Zaleski e una serie di oggetti tra miniature e metalli.


Dalla capitale Isfahan, dalla quale provengono spettacolari tappeti fioriti a giardino – ha detto Giovanni Valagussa, curatore della mostra e della collezione di Fondazioen Tassara – andiamo a Heritz con i suoi tappeti invece geometrici e in seta, oppure ci spostiamo a Kirman che sviluppa una decorazione vegetale più essenziale e rarefatta di nobilissima indole, e raggiungiamo Tabriz a nord con il suo gusto più schematico e geometrico che si avvicina a quello del Caucaso. E non mancano alcuni tappeti più moderni che risalgono alla fine dell’Ottocento o inizio Novecento, con trionfi naturalistici di gusto quasi Art Nouveau, che sembrano grandi voliere multicolori con centinaia di curiose presenze zoomorfe. Una mostra su una Persia felice, colta ed elegantissima, che ci testimonia la sua grande tradizione e la varietà delle sue espressioni. Circa 40 manufatti, tra tappeti dalla collezione di Fondazione Tassara, insieme ad alcuni prestiti dalle collezioni di Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica (Genova) e The NUR Islamic Metalworks Collection (Milano), consentono di avere un panorama della cultura sviluppata nelle città fiorite durante l’impero safavide, in particolare tra il 1501 e il 1736, una sorta di Rinascimento persiano, grazie alla liberalità e all’apertura intellettuale dell’epoca, in grado di far crescere la società e di sviluppare le arti nella zona che oggi viene fatta coincidere con l’Iran.


I tappeti in mostra, originariamente realizzati per ornare palazzi e dimore di alto rango, sono arrivati in Europa soprattutto attraverso le esportazioni ottocentesche. Creazioni immaginifiche sul tema del giardino, in cui intrecci di tessuto diventano rami, sentieri, stagni e ruscelli abitati da un bestiario tra fantasia e documentario. Orsi e giaguari, cani e cavalli, daini e arieti animano anche le pagine miniate e calligrafate esposte, che testimoniano la millenaria tradizione letteraria della Persia, ricca di scrittori, filosofi, matematici, scienziati e poeti, i cui versi scandiscono l’allestimento e definiscono il percorso museale. Questo viaggio ha inizio grazie ai volumi di Jean Chardin (Parigi, Francia, 1643 – Chiswick, Gran Bretagna, 1713) autore dei Voyages de monsieur le chevalier Chardin en Perse et autres lieux de l’Orient (Viaggi del cavalier Chardin in Persia e in altri luoghi orientali), considerati fino a oggi come testimonianza attendibile, dettagliata e approfondita sulla storia e sulla società dell’epoca. Allo scritto di Chardin (presente in mostra un esemplare del 1686 con disegni di Grelot) è dedicato un video con la regia di Wladimir Zaleski e musica originale di ZÖJ, duo australiano e persiano che produce musica persiana contemporanea.


Il percorso si completa grazie ad alcuni rari oggetti in metallo che permettono di avere uno scorcio sulle attività quotidiane del periodo, spesso con funzioni legate al tema centrale dell’acqua: alcune brocche e un bacile dalle decorazioni fittissime e fluenti, a ghirigori e arabeschi, fino alle forme zoomorfe di una lampada a olio che si trasforma in una lepre dalle orecchie aguzze e di una maniglia in fattezze leonine con l’obiettivo di scoraggiare gli ospiti non graditi.

L’Aeronautica Militare presenta il restauro di un MC.205 “Veltro”

L’Aeronautica Militare presenta il restauro di un MC.205 “Veltro”Roma, 5 mar. (askanews) – Si è tenuto oggi, presso l’Auditorium di Palazzo Aeronautica, a Roma, l’evento dedicato al ritrovamento e restauro di un Macchi C.205 “Veltro”, nell’ambito delle attività di recupero e valorizzazione del patrimonio storico dell’Aeronautica Militare.


Il velivolo, matricola militare 9310, operativo presso il 1° Stormo Caccia, era andato disperso nel 1943 durante la difesa di Pantelleria da parte della Regia Aeronautica, per poi essere individuato nel 2007 e recuperato nel 2023. Lo studio dei reperti ha portato all’identificazione del pilota, l’allora Sottotenente Alvise Andrich, Asso della Seconda Guerra Mondiale, pluridecorato al Valor Militare, abbattuto in data 8 giugno 1943 e salvatosi lanciandosi col paracadute. L’evento, organizzato dall’Aeronautica Militare e moderato dal giornalista Vincenzo Grienti, ha ospitato, tra gli altri, gli interventi del Gen. Isp. Capo Basilio Di Martino, storico aeronautico già Presidente del Comitato per il Centenario dell’Aeronautica Militare; del Col. Franco Linzalone, Comandante del Distaccamento Aeroportuale di Pantelleria; del figlio del Cap. Andrich, Renato Andrich. Hanno partecipato all’evento anche gli enti che, a vario titolo, hanno preso parte al recupero del velivolo: l’operatore subacqueo dell’OTS Green Divers Antonello D’Aietti, che nel 2007 ha individuato il relitto al largo di Pantelleria; il Capitano di Corvetta Sebastiano Sgroi, del 3° Nucleo Operatori Subacquei della Guardia Costiera di Messina; il Dott. Roberto La Rocca, della Soprintendenza del Mare Regione Siciliana. Significativo anche il contributo del Museo dei Motori e dei Meccanismi dell’Università di Palermo per l’identificazione dei reperti recuperati dal mare, in particolare dei resti del motore.


Nel dare il benvenuto ai presenti, il Gen. BA Urbano Floreani, Capo del 5 Reparto SMA – Comunicazione, ha sottolineato: “…i più grandi monumenti agli eroi caduti in battaglia non sono fatti di marmo ma sono in fondo al mare, sotterrati tra dune dei deserti aridi e tra nuvole di cieli lontani. Questa storia è dedicata ad un eroe, un asso, che ha continuato a volare dopo l’incidente che l’ha visto protagonista. Il recupero però è dedicato a tutti coloro che non sono rientrati a casa. Questo è il motivo per il quale il 5° Reparto, l’Aeronautica Militare si è imbattuta in questa impresa. Promuovere la valorizzazione storica e raccontare questa bella storia…” Il Colonnello Linzalone, Comandante del Distaccamento di Pantelleria, ha voluto ripercorrere le tappe di questa affascinante storia. Dal recupero del relitto alla ricerca, tramite fonti storiche, a che tipo di velivolo corrispondessero i pezzi ritrovati. “… quando l’ho visto per la prima volta il relitto, i pezzi mi hanno trasmesso una forte emozione. Essi ci danno una testimonianza di un aereo che ha rappresentato una parte importante della nostra FA. Nell’istante in cui è stato abbattuto l’aereo non è più un pezzo di metallo ma emozione vera. anche una testimonianza importante perché rappresenta una sinergia efficace tra più istituzioni…” Successivamente ha preso la parola il figlio di Alvise Andrich, Renato, che con forte emozione, ha voluto ricordare la figura del padre. “… dell’abbattimento sapevo tramite i racconti della mia mamma che gli ricordava come fu salvato, da un mare in burrasca, da una motovedetta tedesca. Ci ha insegnato il coraggio delle proprie azioni, il senso di responsabilità, l’amor di patria ed il senso del dovere che ha accompagnato per tutta la vita mia e di mia sorella e di tutti i nostri figli… non vedo l’ora di andare a Pantelleria a visitare il sito museale in cui sarà conservato l’aereo di Papà…”. Il progetto di restauro prevede la costruzione di una struttura in legno e acciaio che riproduce la forma dell’aereo. All’interno, saranno visibili pezzi originali recuperati, mentre la parte posteriore del velivolo sarà rivestita in alluminio dall’artista Marco Mazzei. Alla fine dei lavori, il velivolo sarà esposto presso l’hangar Nervi dell’Aeroporto di Pantelleria, da dove il velivolo operava durante la guerra.


L’Aeronautica Militare è da sempre fortemente impegnata in attività di valorizzazione della storia operativa, industriale e tecnologica del volo in Italia, anche attraverso lo sviluppo di un polo museale diffuso, che vede nel MUSAM – Museo Storico dell’Aeronautica Militare, a Vigna di Valle, il principale luogo di aggregazione del patrimonio storico aeronautico.

Abruzzo, Meloni: noi insieme per scelta, altri si vergognano

Abruzzo, Meloni: noi insieme per scelta, altri si vergognanoPescara, 5 mar. (askanews) – “Anche noi affrontiamo un contesto che facile non è, ma i risultati ci incoraggiano ad andare avanti e sono figli anche della nostra compattezza. Perché ci sono due realtà, quelle che raccontano i giornali della sinistra che è un racconto dei loro sogni notturni in cui non stiamo sempre a litigare e presto andremo a casa, e poi ci sono i fatti, e i fatti dicono che c’è un modo solo per misurare la compattezza di un governo ed è vedere quanto il governo procede veloce nelle sue decisioni. Noi qui non candidiamo una persona che ci chiede di non venire ai comizi, noi ci mettiamo la faccia perché stiamo insieme per scelta” mentre loro “sono tutti alleati ma si vergognano a dirlo”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il comizio a Pescara a sostegno di Marco Marsilio per la guida della regione Abruzzo.

Abruzzo, Marsilio: nessuno ha portato i nostri investimenti

Abruzzo, Marsilio: nessuno ha portato i nostri investimentiPescara, 5 mar. (askanews) – “Nessuno andava a Palazzo Chigi e tornava con un miliardo e duecento milioni a disposizione degli investimenti dell’Abruzzo. Nessuno portava il presidente del Consiglio all’Aquila a firmare un accordo di coesione che vale un altro miliardo e trecento milioni. Stiamo colmando trent’anni di abbandono e di disattenzione. Ho mantenuto l’impegno che avevo preso cinque anni fa con il mio popolo e con la mia gente e voglio portare a termine l’opera.” Lo ha detto Marco Marsilio a Pescara nel comizio per le prossime elezioni regionali del 10 marzo, alla presenza della premier Giorgia Meloni e dei vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani.

Transpotec e Nme: Fiera Milano espone il futuro della mobilità sostenibile

Transpotec e Nme: Fiera Milano espone il futuro della mobilità sostenibileMilano, 5 mar. (askanews) – L’evoluzione del trasporto merci e delle persone sta vivendo un’evoluzione guidata dalla tecnologia, ma anche dalla consapevolezza crescente che il progresso debba avvenire nel rispetto dell’ambiente. Parte da qui la proposta di Nme-Next mobility exhibition, manifestazione dedicata a mezzi, soluzioni, politiche e tecnologie per un sistema di mobilità collettiva sostenibile, e di Transpotec Logitec, evento dedicato all’autotrasporto e alla logistica, due appuntamenti fieristici organizzati da Fiera Milano, che si svolgeranno in contemporanea a maggio 2024.


Nme si terrà a Fiera Milano nei padiglioni di Rho dall’8 al 10 maggio 2024, mentre Transpotec Logitec durerà un giorno di più, fino all’11. Le due manifestazioni, che occuperanno un totale di sei padiglioni, manterranno ciascuna la propria identità e il proprio progetto, ma offriranno agli operatori punti di contatto. Obiettivo di Transpotec logitec e Nme sarà creare nuova consapevolezza intorno gli obiettivi di medio e lungo periodo dei due settori, mettendo a disposizione strumenti e know-how per raggiungerli. Un cambio di prospettiva possibile anche attraverso il contributo dell’innovazione raccontata dalla offerta espositiva, che ad oggi vede già confermate 425 aziende da 22 Paesi, con le principali presenze estere da Germania, Turchia, UK, Olanda e Polonia. Per supportare lo sviluppo internazionale delle due manifestazioni si sta inoltre lavorando allo scouting di 150 hosted buyer da 44 Paesi, selezionati – per area geografica e alta capacità di spesa – da Fiera Milano in collaborazione con Agenzia ICE e provenienti da Europa, Sudafrica e paesi CIS.


“Il trasporto merci e la mobilità delle persone rappresentano due mercati separati, con modalità proprie e logiche specifiche, ma sono oggi accomunati dalla sfida della transizione energetica – spiega Simona Greco, direttore manifestazioni di Fiera Milano – In quest’ottica abbiamo unito nelle stesse date Transpotec logitec e Next mobility exhibition, per raccontare con più forza le urgenze comuni, ma anche il contributo che la loro innovazione può offrire. Oggi abbiamo in casa più di 400 aziende, ma il nostro obiettivo è ospitarne il prossimo maggio 500, mettendo così a disposizione degli operatori un panorama completo di mezzi, servizi e soluzioni, utili per dimostrare la centralità di questi settori per l’intera società”. Allo stato attuale, la nuova sensibilità verso l’ambiente e verso gli effetti del cambiamento climatico è centrale per il mondo del trasporto: basti pensare che il settore è responsabile del 24% delle emissioni dirette di CO2, ovvero di otto miliardi di tonnellate di emissioni totali (Fonte: United Nations. Sustainable transport, sustainable development. Interagency report for second Global Sustainable Transport Conference 2021).


Per raggiungere gli obiettivi posti dalla Comunità Europea, cioè zero emissioni nette entro il 2050, le emissioni dei trasporti dovrebbero diminuire di oltre il 3% all’anno entro il 2030. Si tratta di un obiettivo davvero sfidante, che richiama gli operatori dei due settori a un impegno senza precedenti. “I sistemi di trasporto dovranno mostrarsi capaci di garantire una transizione verso modelli di mobilità inclusivi ed economicamente sostenibili, capaci di trasformare la sfida ambientale in un’opportunità di sviluppo. L’innesco potrà avvenire, da una parte, per effetto di un cambiamento dei comportamenti individuali e, dall’altra, dallo sfruttamento delle opportunità tecnologiche”, afferma Pierluigi Coppola, professore di pianificazione dei trasporti al Politecnico di Milano.


La tecnologia c’è: le motorizzazioni alternative – elettrico, idrogeno e, in particolare per il trasporto pesante, anche biodiesel e biometano – sono già presenti sul mercato e le sperimentazioni di veicoli a guida connessa e autonoma (dal track platooning per i veicoli merci ai Robotaxi per il trasporto passeggeri, ai droni per le merci) si stanno facendo strada. In crescita, con buone prospettive d’uso anche in Italia, c’è anche l’Urban Air Mobility, che comporta l’utilizzo di velivoli elettrici a decollo verticale per il trasporto passeggeri. Anche l’analisi dei big data e la digitalizzazione rappresentano un fattore di innovazione di alto profilo, utile per ottimizzare il trasporto e minimizzarne l’impatto ambientale: se nel trasporto pubblico locale si sta andando verso il MaaS (mobility as a service) la lettura di grandi masse di dati – come quelli derivati dal traffico urbano – sta cambiando anche il trasporto merci, legato ormai a doppio filo ad una logica di logistica avanzata che si basa su sistemi di tracciamento digitale delle rotte e dei mezzi, sul coordinamento remoto delle flotte e sulla valutazione dei percorsi migliori. Ma anche fattori esterni incidono su come può evolvere in senso sostenibile il settore dei trasporti. L’aumento e l’invecchiamento della popolazione, la sua polarizzazione verso i centri urbani (nel 2050% il 68% delle persone vivrà in città, rispetto al 55% di oggi) cambieranno il modo di gestire i servizi di trasporto sia persone (maggiore accessibilità ed efficienza), sia merci (maggiore investimento sull’”ultimo miglio”). Infine, ci sono i comportamenti che stanno cambiando: la sharing economy è sempre più pervasiva e si prevede che i ricavi della mobilità condivisa possano raggiungere oltre 1500 miliardi di dollari nel 2024 a livello globale, con una crescita fino al 3,5% nel medio periodo (2028). Stiamo poi diventando “ipermobili” e ottimizziamo sempre di più gli spostamenti per fare acquisti o per svago, ampliando le tipiche sequenze “casa-lavoro-casa”, verso dinamiche più complesse. Nascono quindi esigenze nuove, che devono trovare nuove risposte nel mondo del trasporto.

Abruzzo, Meloni: anche ultima volta Pescara pioveva, poi ho vinto

Abruzzo, Meloni: anche ultima volta Pescara pioveva, poi ho vintoPescara, 5 mar. (askanews) – Gocce di pioggia cominciano a cadere su Pescara dove è in corso il comizio del centrodestra a sostegno di Marco Marsilio, ricandidato governatore in Abruzzo. Anche per questa ragione è stata anticipata la foto di famiglia con i leader.


Giorgia Meloni ne ha approfittato per prendere brevemente la parola. “Nel caso venisse il diluvio e non riuscissi a fare il comizio voglio dire che tutte le volte che vengo a Pescara e salgo sul palco piove. Ma l’ultima volta era per le elezioni politiche e sono diventata presidente del Consiglio, quindi tutto sommato se piove non sarà una cattiva cosa”.

Basilicata, Schlein: unità coalizione viene prima di tutto

Basilicata, Schlein: unità coalizione viene prima di tuttoRoma, 5 mar. (askanews) – In Basilicata la discussione è ancora in corso nel centrosinistra, ma per il Pd è prioritario costruire una “coalizione in grado di competere con le destre” alle elezioni regionali. Lo ha detto la segretaria Pd Elly Schlein parlando a ‘Porta a porta’, in onda stasera su Rai1. “C’è una discussione ancora in corso, come c’è in Piemonte”, ha spiegato. “Il Pd sta provando ovunque a essere testardamente unitario. Non perché ce l’ha ordinato il medico, ma perché ce lo dice la gente che incrociamo per strada. Chiedono a noi di costruire un’alternativa”.


E l’alternativa “non la fai se cerchi solo quelli uguali a te, ma se riesci a mettere a valore un progetto comune comune e a un cammino che vogliamo fare insieme. Io sono fiduciosa che riusciremo a trovare una accordo anche in queste regioni. Da parte nostra l’unità di una coalizione in grado di competere con le destre e vincere è la cosa che viene prima di ogni altra”.

Mattarella: non sono un sovrano, firmare leggi non è condividerle

Mattarella: non sono un sovrano, firmare leggi non è condividerleRoma, 5 mar. (askanews) – Piccolo vademecum, in tempi di riforme costituzionali, di conflitti mai del tutto spenti tra poteri dello Stato, di gestioni talvolta discutibili dell’ordine pubblico e di dossieraggi, su cosa fa e cosa non fa il capo dello Stato. In una giornata dal cielo plumbeo Sergio Mattarella coglie l’occasione dell’incontro con i vertici della Casagit, la cassa di assistenza sanitaria dei giornalisti, per diradare alcune nubi. Il presidente della Repubblica ribadisce alcuni concetti e rivendica i suoi poteri nei limiti che la Costituzione gli assegna. Un ripasso, diciamo, in un clima politico piuttosto avvelenato.


Comincia da se stesso: il presidente della Repubblica “non è un sovrano, fortunatamente” e quindi non ha il potere legislativo, la sua firma sulle leggi approvate dal Parlamento è solo un atto dovuto dopo un vaglio di natura squisitamente costituzionale. Dunque, “non firma le leggi, ne firma la promulgazione, che è una cosa ben diversa”, fa semplicemente il suo dovere ed è “quell’atto indispensabile per la pubblicazione ed entrata in vigore delle leggi, con cui il Presidente della Repubblica attesta che le Camere hanno entrambe approvato una nuova legge, nel medesimo testo, e che questo testo non presenta profili di evidente incostituzionalità”. Fine. Se il capo dello Stato “andasse al di là di questo limite che gli assegna la Costituzione”, “si arrogherebbe indebitamente il compito che è rimesso alla Corte costituzionale”. Insomma promulgare una legge non significa “farla propria” o “condividerla”. Poi il grande capitolo della libertà di stampa che è “fondamentale per la nostra democrazia” perchè proprio “nella nostra Costituzione vi è una tutela netta, chiara, indiscutibile, a fronte della quale vi è una assunzione di responsabilità da parte dei giornalisti: la lealtà, l’indipendenza dell’informazione, la libertà di critica, nel rispetto della personalità altrui, il rispetto dei fatti”. E, attenzione, il ruolo della libertà di stampa è così “indispensabile”, ricorda Mattarella, che “sta a cuore alle istituzioni, chiamate a tutelarla ciascuno nelle proprie competenze e nei propri ambiti e, naturalmente, nelle proprie responsabilità”. Come dire che il governo, il Parlamento, tutte le istituzioni e i partiti devono fare la loro parte nel garantire e difendere la libertà di stampa.


Infine, il compito più specifico, più forte, forse, del Quirinale: quello di “fare in modo che ciascuno rispetti la Costituzione”. A partire dallo stesso capo dello Stato, a tutti gli altri poteri – legislativo, esecutivo e giudiziario – il Colle vigila sul rispetto della Costituzione anche “nel colloquio e nel confronto tra gli organi costituzionali”. “Sarebbe grave se uno di questi”, compreso “anche” il Presidente della Repubblica, “pretendesse di attribuirsi compiti che la Costituzione assegna ad altri poteri dello Stato – avverte Mattarella -. E questa è una indicazione di democrazia che si inserisce in quell’armonico disegno che la nostra Costituzione indica”.