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Roche acquisirà Poseida Therapeutics, accordo da 1,5 miliardi dollari

Roche acquisirà Poseida Therapeutics, accordo da 1,5 miliardi dollariRoma, 26 nov. (askanews) – Il colosso farmaceutico svizzero Roche ha annunciato l’acquisizione di Poseida Therapeutics con sede a San Diego, negli Stati Uniti. L’accordo del valore di 1,5 miliardi di dollari, consente all’azienda elvetica di portare internamente il suo attuale partner con l’obiettivo di sviluppare terapie cellulari in oncologia, immunologia e neurologia. L’azione fa parte degli sforzi di Roche per rifornire la sua pipeline di farmaci e guidare la crescita delle vendite verso la fine del decennio.


Roche ha reso noto martedì di aver stipulato un accordo di fusione definitivo per acquisire Poseida Therapeutics per circa 1 miliardo di dollari, o 9 dollari ad azione, con pagamenti aggiuntivi correlati alle prestazioni del valore di 4,00 dollari ad azione che potrebbero portare il valore totale dell’accordo a circa 1,5 miliardi di dollati. Le azioni Poseida avevano chiuso a 2,86 dollari lunedì. Le due aziende collaborano dal 2022 per sviluppare terapie cellulari CAR-T per pazienti affetti da neoplasie ematologiche.


Le terapie cellulari CAR-T sono personalizzate per i singoli pazienti e vengono realizzate raccogliendo le cellule T del paziente stesso, un tipo di globuli bianchi, e riprogettandole in laboratorio per combattere i tumori. L’accordo include anche altri candidati alla terapia cellulare di Poseida Therapeutics, nonché capacità di produzione e tecnologie di piattaforma correlate.


Roche ha affermato che mira a creare la prossima generazione di terapie cellulari CAR-T pronte all’uso con potenziale per un uso commerciale più ampio. L’azienda spera che la prossima generazione di terapie possa essere fornita su larga scala con maggiore potenza e maggiore sicurezza, ha affermato. La transazione dovrebbe essere completata nel primo trimestre del 2025, ha affermato Roche.

Revenge porn, da Motorola e Telefono Rosa un progetto di education

Revenge porn, da Motorola e Telefono Rosa un progetto di educationMilano, 26 nov. (askanews) – Motorola, nell’ambito del progetto NonMiViolare.it, ha presentato i risultati dell’indagine, realizzata insieme a Nielsen sul tema del revenge porn, e i primi passi per combattere questo fenomeno, con la collaborazione di Telefono Rosa. NonMiViolare è un progetto di education sull’uso responsabile dello smartphone contro il revenge porn, realizzato in collaborazione con Telefono Rosa, la prima associazione italiana al fianco delle donne che dal 1988 offre supporto alle vittime di violenza, con il contributo di Polizia di Stato – Polizia Postale e con il supporto di AC Monza, Pallacanestro Varese e UYBA Volley. Il revenge porn, ovvero la divulgazione non autorizzata di immagini o video intimi, rappresenta una grave forma di violenza e può portare a gravi conseguenze psicologiche e fisiche. Telefono Rosa e Motorola hanno rilevato un gap di comunicazione nei confronti dei giovani su questi temi e da qui nasce l’esigenza di una campagna che possa raggiungere i ragazzi in modo efficace.


Il primo passo per combattere il revenge porn è l’analisi del fenomeno, portata avanti attraverso un’indagine realizzata dalla società di ricerca Nielsen, su ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 27 anni. Alcuni dei dati emersi sono allarmanti: un giovane su quattro conosce una vittima di questo reato, tema familiare al 92% degli intervistati. Nonostante la consapevolezza delle devastanti conseguenze psicologiche – come depressione, isolamento e persino suicidio – la percezione del rischio è sottostimata, con la metà dei giovani disposti a condividere nuovamente le proprie foto intime. Lo smartphone è lo strumento principale per il reato (90%), mentre il fenomeno del deepfake, le tecnologie che inseriscono il volto di una persona in contenuti pornografici senza il suo consenso, pur noto all’83%, è riconosciuto come reato in tutte le sue forme solo dal 52%. Preoccupante la scarsa propensione alla denuncia: meno della metà denuncerebbe conoscendo la vittima, e tra i giovani solo uno su quattro se si trattasse di un estraneo. Le donne intervistate mostrano maggiore consapevolezza dei segnali di pericolo rispetto agli uomini, che sottovalutano battute sulla diffusione di immagini o richieste insistenti di contenuti espliciti – fino a che non diventano pretese. I dati sottolineano anche una forte richiesta di informazioni: il 95% vuole maggiore consapevolezza sul fenomeno e il 79% desidera informazioni su come proteggersi. Queste ultime informazioni sono richieste specialmente dalle donne intervistate – una percentuale pari all’85% contro un 74% degli uomini. A questo link è disponibile un estratto che include ulteriori informazioni sui risultati ottenuti. Sulla base di questi dati, Motorola e le esperte di Telefono Rosa, con il contributo di Polizia di Stato, hanno realizzato una guida pratica, un booklet, digitale e smart, che offre in un linguaggio semplice ai giovani gli strumenti concreti per: comprendere cos’è il revenge porn, quali sono le sue implicazioni legali, fisiche e psicologiche; prevenirlo, promuovendo una cultura del rispetto e della consapevolezza online; reagire in caso di diffusione di immagini intime, indicando a chi rivolgersi e quali passi intraprendere per tutelarsi. Il materiale dell’indagine e della guida pratica è disponibile a partire da oggi, 20 novembre, sulla landing page NonMiViolare.it, uno spazio online sicuro dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne, e sarà distribuito nelle scuole grazie alle attività formative di Telefono Rosa e al supporto dei partner coinvolti.


“In un’epoca in cui le attività dei brand hanno un impatto sulla percezione della collettività – ha detto Carlo Barlocco, Executive Director & General Manager Italy di Motorola Italia – le aziende hanno il dovere di contribuire a sostenere responsabilmente le cause sociali del Paese in cui operano, facendo leva sui propri valori e asset. È emersa l’importanza di educare e fornire gli strumenti per combattere il revenge porn. Con uno smartphone, basta soltanto un minuto per danneggiare la vita di una persona: è importante per Motorola prevenire con un contributo reale e tangibile, disponibile per tutti”. “Come donna, sono orgogliosa di promuovere questo progetto a difesa delle donne. È stato emozionante portarlo avanti, continuando un percorso, avviato l’anno scorso per fornire un sostegno pratico contro un grave reato come quello del revenge porn”, ha aggiunto Giorgia Bulgarella, Head of Marketing di Motorola Italia. “Siamo profondamente preoccupati dai dati emersi: un giovane su quattro conosce una vittima di revenge porn, e la metà di coloro che hanno condiviso foto intime lo rifarebbe, inconsapevoli del rischio. Per Motorola, come produttore di smartphone, è fondamentale promuovere un utilizzo responsabile di questi strumenti, proseguendo il nostro impegno contro questo reato, in particolare per la tutela delle giovani donne. Ringraziamo Telefono Rosa e i nostri partner per aiutarci a raggiungere i giovani, destinatari principali di questa importante iniziativa”.


“La prevenzione è un’arma importante in questa lotta – ha concluso Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente del Telefono Rosa -. Educare i giovani e le giovani al rispetto e alla parità è fondamentale. Come possiamo essere incisivi? Utilizzando i loro strumenti e il loro linguaggio. La tecnologia deve essere una nostra alleata e noi tutti dobbiamo essere capaci di sfruttarla per creare innovazione e non nuove forme di violenza. Usare responsabilmente lo smartphone oggi è necessario. Vogliamo che i giovani e le giovani sappiamo che cosa è la cyber violence e il revenge porn e che siano a conoscenza che ci sono modi per chiedere aiuto. I dati emersi ci hanno sottolineato quello che temevamo, i giovani e le giovani non sono consapevoli di quanto sia pericoloso il revenge porn e delle conseguenze gravi che provoca questo tipo di violenza. Per questo ringraziamo Motorola per questa collaborazione che ci ha permesso di fornire un sostegno pratico ed essenziale”.

Usa, archiviato il caso contro Trump per l’assalto a Capitol Hill

Usa, archiviato il caso contro Trump per l’assalto a Capitol HillRoma, 25 nov. (askanews) – Il giudice federale che sovrintende al procedimento penale di Donald Trump per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 a Washington ha formalmente archiviato il caso contro il presidente Usa eletto dopo che il procuratore speciale Jack Smith aveva chiesto di porre fine allo storico procedimento giudiziario.


Con una breve ordinanza, il giudice distrettuale americano Tanya Chutkan ha accettato di respingere le accuse, ma lo ha fatto in modo che possano essere ripresentate una volta terminato il periodo alla Casa Bianca di Trump. “Il licenziamento senza pregiudizio è anche coerente con l’interpretazione del governo secondo cui l’immunità concessa a un presidente in carica è temporanea e scade quando lascia l’incarico”, ha scritto il giudice. Smith aveva chiesto a Chutkan di archiviare il caso: “La posizione del Dipartimento (di Giustizia) è che la Costituzione richiede che questo caso venga archiviato prima che l’imputato venga insediato”, aveva scritto Smith in una dichiarazione del tribunale.


Esulta Trump: “Questi casi, come tutti gli altri casi che sono stato costretto ad affrontare – ha scritto in un post su X – sono vuoti e illegali e non avrebbero mai dovuto essere intentati. Oltre 100 milioni di dollari di dollari dei contribuenti sono stati sprecati nella lotta del Partito Democratico contro il loro avversario politico, ME. Niente di simile è mai accaduto nel nostro Paese prima. Hanno anche utilizzato procuratori distrettuali e procuratori distrettuali, come Fani Willis e il suo amante, Nathan Wade (che non aveva assolutamente alcuna esperienza in casi come questo, ma è stato pagato MILIONI, abbastanza per fare numerosi viaggi e crociere in giro per il mondo!), Letitia James, che in modo inappropriato, non etico e probabilmente illegale, ha fatto una campagna per “OTTENERE TRUMP” per vincere una carica politica, e Alvin Bragg, che non ha mai voluto intentare questa causa contro di me, ma è stato costretto a farlo dal Dipartimento di Giustizia e dal Partito Democratico. Fu un dirottamento politico e un punto basso nella storia del nostro Paese in cui una cosa del genere potesse accadere, e tuttavia, ho perseverato, contro ogni previsione, e HO VINTO. RENDIAMO L’AMERICA DI NUOVO GRANDE!”.

M5S, Conte: Grillo azzeccagarbugli dice “qui comando io”. Si rivota

M5S, Conte: Grillo azzeccagarbugli dice “qui comando io”. Si rivotaRoma, 25 nov. (askanews) – Gli iscritti del Movimento 5 stelle saranno novamente chiamati a votare sul referendum on line nel quale hanno deciso di cambiare una serie di regole dello Statuto, fra le quali l’esistenza della funzione del garante, finora affidata a Beppe Grillo. Lo ha confermato in un post sui suoi canali social il presidente del Movimento, Giuseppe Conte, dopo che Grillo ha attivato i poteri dello Statuto che gli iscritti hanno deciso di modificare e chiedendo la ripetizione del voto.


“Care amiche, cari amici, ieri – ha sottolineato Conte – si è concluso il processo costituente con il più intenso e coinvolgente bagno di democrazia partecipata e deliberativa che sia mai stato realizzato da una forza politica. Ci siamo completamente rinnovati e ricaricati con tante, significative proposte per cambiare il Paese e guardare fiduciosamente al futuro. Ma Beppe Grillo ha appena avviato un estremo tentativo di sabotaggio: ha chiesto di rivotare, invocando una clausola feudale che si trascinava dal vecchio statuto. Insomma, è passato dalla democrazia diretta al ‘qui comando io’ e se anche la maggioranza vota contro di me non conta niente”. “Come già nei precedenti tentativi di sabotaggio – ha proseguito l’ex presidente del Consiglio – ci sta dicendo che non conta più la regola democratica ‘uno vale uno’, perché c’è uno che vale più di tutti gli altri messi assieme. Potremmo contestare questa vecchia clausola, retaggio del passato e vincere con le nostre buone ragioni un contenzioso legale. Ma dobbiamo occuparci del Paese reale, a cui noi del Movimento vogliamo offrire soluzioni e battaglie da vincere, non capricci e beghe personali del fondatore. Il ruolo dell’azzeccagarbugli lo lascio quindi a Grillo”.


“Noi preferiamo ancora e sempre la democrazia, la partecipazione, la vostra libertà di scelta. Per questo, dateci qualche giorno, e torneremo a votare sulla rete i quesiti sullo Statuto impugnati da Grillo. Avanti, ancora, insieme”, ha concluso Conte.

Basilicata, Amendola (Pd): crisi idrica, intervenga Protezione Civile

Basilicata, Amendola (Pd): crisi idrica, intervenga Protezione CivileRoma, 25 nov. (askanews) – “La palese incapacità gestionale dell’emergenza legata alla crisi idrica del bacino della Camastra da parte della regione Basilicata e del Commissario Bardi richiede un intervento della Protezione civile nazionale. Nelle comunità dei 29 Comuni si stanno registrando difficoltà senza precedenti, zone fino a 30 ore senza acqua e con ripristino del servizio annunciato e mai avvenuto e con nuove sospensioni già programmate. Sta mancando il rispetto verso le persone e la loro dignità. È per questo che la situazione sta diventando drammatica e vi è bisogno dì intervento immediato da parte delle autorità centrali di governo. Il caos continua, intervenga il ministro Musumeci”. Così il deputato dem, Enzo Amendola, in una nota.

Scioperi, garante: ridurre a 4 ore astensione trasporti del 29

Scioperi, garante: ridurre a 4 ore astensione trasporti del 29Roma, 25 nov. (askanews) – Ridurre a quattro ore la durata degli scioperi generali del prossimo 29 novembre, relativamente ai settori del trasporto passeggeri, dal momento che si profila “il fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati”. E’ la misura richiesta dalla commissione di garanzia sugli scioperi al ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, al fine di limitare entro una soglia di tollerabilità il pregiudizio dei cittadini utenti.


In una delibera approvata questo pomeriggio, la commissione ha segnalato al ministro delle Infrastrutture la concentrazione di una pluralità di scioperi, alcuni dei quali già indicati come illegittimi, rilevando che tale addensamento provoca un pregiudizio grave al diritto alla mobilità dei cittadini utenti. Venerdì 29 è in programma lo sciopero generale di 8 ore proclamato da Cgil e Uil.

Colle raccoglie allarme Corti Appello su Dl flussi, 30 giorni per nuove norme

Colle raccoglie allarme Corti Appello su Dl flussi, 30 giorni per nuove normeRoma, 25 nov. (askanews) – L’allarme lanciato dalle Corti d’Appello in vista del nuovo decreto paesi sicuri (inserito nel decreto flussi) ha trovato ascolto in extremis. Ed è il Quirinale ad aver colto l’esigenza dei presidenti delle Corti d’appello per avere un mese per organizzare il nuovo lavoro. Lunedì scorso con una lettera inviata al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla premier Giorgia Meloni, ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, al ministro della Giustizia Carlo Nordio, al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e al vice presidente del Csm Fabio Pinelli le toghe avevano chiesto di scongiurare “il disastro annunciato” e i “gravi esiti” derivanti dal trasferimento di competenze sui trattenimenti dei migranti, materia che la maggioranza trasferisce a quelle Corti togliendole alle sezioni immigrazione dei tribunali.


Fino a questa mattina tuttavia, il Parlamento non era al corrente dei cambiamenti tanto che nel corso della discussione generale in aula la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro dichiarava che “l’appello delle corti d’Appello e dell’Anm è frutto di una lettura poco attenta” perchè “il ripristino dei ricorsi contro il respingimento delle domande d’asilo in corte d’Appello nella versione orginaria del decreto flussi è stato soppresso con l’emendamento che trasferisce le convalide del trattenimento, un intervento che alleggerisce gli uffici evitando il sovraccarico per le corti”. Poche ore dopo però è proprio il governo a fare retromarcia. Al termine della discussione generale, nel primo pomeriggio, il presidente della commissione Affari costituzionali Nazario Pagano chiede un ritorno del decreto in commissione per “correggere la norma transitoria”, quella che disciplina l’entrata in vigore di un provvedimento. Tra i due momenti evidentemente è intervenuta la moral suasion del Colle. E infatti dopo poco l’esecutivo invia una nota al Parlamento in cui spiega di aver omesso un dettaglio che incide sui tempi di applicazione, l’entrata in vigore per le Corti d’Appello necessita di una organizzazione. Una correzione di forma ma anche di sostanza, spiegano i tecnici, dopo la decisione del governo di affidare alle corti d’Appello il ricorso sulla decisione dei trattenimenti, misura adottata in grande fretta dopo il rientro in Italia di tutti i migranti destinati al centro costruito in Albania, ad opera dei tribunali di primo grado specializzati in immigrazione.


Il decreto “paesi sicuri”, approvato lo scorso 23 ottobre è quello che ha introdotto la novità del ruolo delle Corti d’Appello ma per ottenere un iter più spedito il testo è stato trasformato in un emendamento al più ampio provvedimento denominato decreto flussi, già all’esame della Camera, composto di 32 articoli, e che si occupa anche di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori. La trasposizione del decreto in emendamento ha prodotto il corto circuito che ha reso necessaria la correzione di oggi per dare appunto alle Corti d’Appello 30 giorni di tempo per avviare il nuovo lavoro sulla convalida dei trattenimenti. A nulla valgono le proteste delle opposizioni che abbandonano i lavori della commissione denunciando i “gravissimi strappi che annullano le corrette procedure democratiche. Prima procedono a tappe forzate, scrivendo norme improvvisate e palesemente sbagliate, poi pretendono di rimediare ai loro stessi errori con un tratto di penna e senza confronto parlamentare. Quello che fanno è gravissimo e va denunciato forte e chiaro”, dicono. Introdotta l’ultima modifica il governo ha posto la fiducia, domani il voto.

Violenza donne, Meloni in Cdm: politica non si divida su soluzioni

Violenza donne, Meloni in Cdm: politica non si divida su soluzioniRoma, 25 nov. (askanews) – “Con una legge approvata all’unanimità dal Parlamento, abbiamo messo a disposizione delle donne, e di chi lavora ogni giorno per impedire che una tragedia si possa consumare, nuovi strumenti normativi e operativi. Ciò per rendere più efficace la prevenzione, perché riconoscere i campanelli d’allarme e intervenire tempestivamente può essere determinante per evitare che una donna venga uccisa, che ci siano figli costretti ad assistere ai maltrattamenti o a piangere la morte della propria madre”. Lo ha detto, secondo quanto si apprende, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni prendendo la parola in apertura del Consiglio dei Ministri di oggi, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.


“E’ centrale, da questo punto di vista – secondo la premier -, la formazione degli operatori perché le Forze dell’ordine, la magistratura, gli operatori sanitari e chi lavora nel sociale devono essere sempre di più in grado di riconoscerne i segnali, e rapportarsi con le vittime in modo adeguato. Intercettare questi segnali prima che sia troppo tardi è fondamentale e richiede sensibilità e competenza”. “Siamo determinati a dare vita ad una grande svolta culturale, donne e uomini insieme, alleati, affinché si possa davvero dire: mai più. La politica – ha sottolineato la presidente del Consiglio – ha già saputo dare in più occasioni un segnale di unità e mi auguro che si possa continuare su questa strada, al di là delle differenze e oltre gli steccati ideologici. Perché sulle soluzioni ci si può confrontare e anche scontrare, ma su un obiettivo come questo non ci possiamo dividere”.

Cpi su Netanyahu, al G7 Esteri l’Italia spinge per una posizione unica

Cpi su Netanyahu, al G7 Esteri l’Italia spinge per una posizione unicaFiuggi, 25 nov. (askanews) – “L’unità è la nostra forza”. Antonio Tajani lancia il suo messaggio in apertura del G7 Esteri di Anagni e Fiuggi, l’ultimo a presidenza italiana. Il ministro parla di Ucraina, ma non solo. Lo si capisce qualche ora più tardi, in conferenza stampa. L’Italia spinge per una posizione unica dei Sette Grandi sulla Corte penale internazionale e la sua decisione di spiccare un mandato d’arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa, Yoav Gallant. La presidenza italiana, molto prudente, vorrebbe trovare una sintesi, da mettere nero su bianco nel comunicato finale. Un obiettivo non facile, per il quale gli sherpa stanno ancora lavorando. Bisogna limare le spigolature, alcune emerse anche in mattinata.


Gli Stati Uniti non hanno firmato lo Statuto di Roma e non riconoscono l’autorità della Corte. Il Regno unito, per bocca del ministro David Lammy, presente a Fiuggi, ha confermato che Londra darà seguito a un “giusto processo” se Netanyahu dovesse visitare il Paese. La Francia, già nei giorni scorsi, ha preferito non sbilanciarsi, limitandosi a “prendere atto della decisione”. Mentre la Germania ha espresso oggi la sua opinione, con la ministra Annalena Baerbock: “Il governo tedesco rispetta la legge perché nessuno è al di sopra della legge. Si applica l’indipendenza della magistratura, che in questo caso è giunta alla conclusione che ci sono prove sufficienti per compiere questo passo ora”, ha commentato, chiarendo di non voler interferire nei procedimenti in corso. Delle difficoltà è consapevole lo stesso Tajani. “Ho detto che bisogna che ci sia una posizione unica sulla decisione della Corte penale internazionale”, ha spiegato. “Abbiamo parlato, vediamo se si potrà avere nel comunicato finale una parte dedicata a questo. Stiamo lavorando per un accordo, credo che sia giusto, e ci stanno lavorando i direttori politici per avere un testo che permetta una posizione unica”, ha aggiunto il ministro, evidenziando che non si tratta solo di “una questione di giustizia”: “il problema è anche politico”.


Più “fiducioso”, persino “ottimista”, si è detto Tajani riguardo a un possibile accordo di cessate il fuoco tra Israele e il movimento sciita libanese Hezbollah. “Siamo forse vicini a un cessate il fuoco, speriamo che sia vero, e che ci sia qualche passo avanti anche a Gaza, anche se è un po’ più complicato”, ha precisato, aprendo la seconda sessione dei lavori con la partecipazione del Quintetto arabo (Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita a Qatar). Domani potrebbero esserci novità sostanziali, quando il gabinetto di sicurezza israeliano si riunirà per votare l’eventuale fine delle ostilità, sulla base della proposta avanzata dall’amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. “Prima di concludere bisogna avere tutti gli accordi definitivi”, ha avvertito comunque Tajani. Il rischio è che qualcuno, fino all’ultimo momento, possa mettersi di traverso. Il pensiero corre a Teheran. “L’Iran mi pare che sia un po’ contrario o quantomeno voglia allungare i tempi; vediamo”, ha detto il ministro. Timori che fanno il paio con le ultime esternazioni della Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, secondo cui il mandato d’arresto per Netanyahu “non basta”: dovrebbe essere emessa una “sentenza di esecuzione”. La bozza di accordo si basa sulla risoluzione Onu 1701 che ha posto fine alla guerra tra Libano e Israele del 2006 e include il ritiro dei miliziani libanesi Hezbollah dall’area di confine con Israele. La proposta prevede diverse fasi: innanzitutto la cessazione delle ostilità e il ritiro di Hezbollah, quindi il ritiro delle forze israeliane dal sud del Libano. Infine, il passaggio ai negoziati sul confine terrestre, la Blue Line. Un alto funzionario americano ha detto ad Haaretz che l’intesa includerà anche un meccanismo internazionale, guidato dagli Stati Uniti, che monitori le attività di Hezbollah, in modo da impedire che torni a dispiegarsi a sud del fiume Litani o di rafforzarsi a nord. Secondo la fonte, questo meccanismo non sarebbe comunque ancora pronto. Nel corso dei negoziati, inoltre, Israele avrebbe chiesto di avere una lettera di garanzia da parte di Washington a sostegno della libertà d’azione israeliana sul suolo libanese, in caso di nuovi tentativi di Hezbollah di rafforzarsi. Il documento, secondo il quotidiano israeliano, non rappresenterebbe una parte ufficiale dell’accordo, ma avrebbe funzione di appendice.


Di certo, l’Italia resta favorevole a “ogni iniziativa” che possa portare alla pace ed ha confermato la sua disponibilità “a fare la sua parte, anche per il grande impegno profuso in questi anni”. “Ho dato la piena disponibilità del nostro Paese a essere protagonista, a sorvegliare l’applicazione dell’accordo insieme a Stati Uniti e altri. Vogliamo giocare un ruolo”, ha insistito il titolare della Farnesina. “L’ho detto al ministro libanese”, incontrato questa mattina, “vedremo”: “siamo pronti a giocare un ruolo non secondario, come nei Balcani”. Intanto, però, in attesa di concludere qualsiasi accordo, la situazione sul terreno continua ad essere drammatica. Israele ha effettuato oggi una serie di attacchi aerei in tutto il Libano contro 25 centri di comando e altri siti appartenenti al consiglio esecutivo di Hezbollah a Nabatieh, a Baalbek e alla periferia di Beirut. Secondo le Forze di difesa israeliane, gli attacchi hanno danneggiato la capacità del movimento di dirigere e assistere i militanti sul campo, nonché il comando, il controllo e la raccolta di informazioni di Hezbollah.


di Corrado Accaputo

Cavo Dragone: impegno Nato mantenere Mediterraneo area sicura

Cavo Dragone: impegno Nato mantenere Mediterraneo area sicuraMilano, 25 nov. (askanews) – La NATO ha un impegno a mantenere il Mediterraneo “un’area sicura e protetta”. Lo ha detto l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone intervenendo alla sessione “Potere navale nel Mediterraneo: modellare l’influenza globale” alla conferenza Med Dialogues organizzata dal ministero degli Esteri e dall’Ispi.


Cavo Dragone è presidente designato del Comitato militare della NATO ed ex capo di Stato maggiore della Difesa. Nel suo intervento al Med ha sottolineato l’importanza di sviluppare capacità multidominio congiunte per migliorare la deterrenza rispetto agli avversari; aumentare la consapevolezza situazionale con gli alleati, non solo in mare ma anche lungo le coste, a causa delle lotte regionali in corso sui confini marittimi; rafforzare la cooperazione con alleati e partner dell’Indo-Pacifico come Giappone, Australia e Corea del Sud per dimostrare una presenza e capacità congiunte. Negli ultimi anni, l’instabilità e le interruzioni commerciali lungo le rotte marittime critiche, che vanno dal Mar Nero al Mar Rosso, hanno sottolineato il ruolo fondamentale della potenza navale nella salvaguardia della sicurezza nazionale e nell’affrontare sfide comuni. Il Mediterraneo sta emergendo come una regione chiave in cui la potenza marittima può influenzare sia la sicurezza regionale che quella globale.


La direzione strategica a sud è “un elemento fondamentale per la NATO per cercare di capire e studiare cosa sta succedendo a sud” ha detto l’ammiraglio. “E quando dico sud, intendo Nord Africa, Medio Oriente, Africa Sub Sahariana. Cercare di capire, quali sono gli orientamenti, qual è la temperatura di quell’area solo per essere pronti a fornire alla NATO qualsiasi tipo di informazione all’insorgere di una crisi; solo per essere pronti a intercettarla il prima possibile. Questo significa prontezza”, ha aggiunto.