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Le partite Iva della Generazione Z: tra libertà e meritocrazia

Le partite Iva della Generazione Z: tra libertà e meritocraziaMilano, 17 dic. (askanews) – Si identifica sempre meno nel lavoro da dipendente o nelle carriere lineari, sceglie la libertà di gestire il proprio tempo e le proprie risorse per vivere una vita piena e dinamica, dove lavoro e interessi personali si alimentano a vicenda. Ama la flessibilità, gli stimoli e la meritocrazia, ma soffre la pressione fiscale, la difficoltà di accedere al credito e la mancanza di tutele. È la fotografia del libero professionista della Gen Z, la generazione compresa tra i 18 e i 26 anni. A restituirla è un’indagine svolta tramite sondaggio, condotto a novembre dalla tech company Fiscozen su un campione di 1.127 lavoratori con partita Iva per analizzarne lo stato di salute. Otto giovani liberi professionisti su dieci, il 79%, si dichiara molto soddisfatto della scelta intrapresa e il 35,8% afferma di aver ottenuto sul piano del business risultati significativi accompagnati da una crescita progressiva, sebbene il 61,5% sia alla costante ricerca di un equilibrio tra alti e bassi nei flussi di lavoro.


Le principali motivazioni che hanno spinto i giovani lavoratori a percorrere questa strada sono la possibilità di decidere quando e da dove lavorare per il 29,8% e il riconoscersi sempre meno nel lavoro subordinato per 24,1%. Seguono l’appartenenza ad albi professionali per il 15,7% e la prospettiva di guadagnare di più per il 13,4%. Il 17,1% ha aperto partita Iva non per scelta, dato più basso rispetto ad altre fasce di età. Ad almeno un anno dall’inizio dell’avventura professionale nel mondo del lavoro autonomo, ciò che gratifica maggiormente i professionisti è la libertà di gestire tempo, risorse, priorità e clienti, segnalata dal 44,8% degli intervistati. Dallo studio emergono inoltre aspetti di soddisfazione secondari, ma molto caratterizzanti della Gen Z: il 13,7% è contento di essere artefice del proprio destino, un altro 13% rivendica il piacere di potersi confrontare con realtà e aziende eterogenee e il 12,4% è stimolato dalla possibilità di guadagnare in maniera proporzionale alle proprie capacità. Questi dati raccontano come il lavoro in partita Iva offra un’esperienza dinamica, varia e orientata al merito, in linea con il desiderio della Gen Z di costruire una carriera non convenzionale e ricca di sfide. “Questi ultimi tratti identitari della Gen Z sono più accentuati rispetto ad altre fasce d’età. I giovanissimi in partita iva si allontanano dai percorsi lavorativi lineari, non solo perché le retribuzioni entry level sono mediamente più basse nel lavoro da dipendente rispetto a quanto si può ottenere nella libera professione, ma anche e soprattutto perché si tratta di persone cresciute con maggiore flessibilità, reattività ai nuovi stimoli e attenzione alla meritocrazia. Spesso vittima di una narrazione stereotipata che la vede poco predisposta a rimboccarsi le maniche e ad assumersi responsabilità, la Gen Z si affaccia al lavoro in partita iva con coraggio e passione, pur trovandosi di fronte ad ostacoli e dinamiche non semplici da gestire in giovane età” ha spiegato Enrico Mattiazzi, CEO e co-founder di Fiscozen.


Le principali preoccupazioni dei giovani professionisti registrate dall’indagine sono: l’eccessiva pressione di tasse e contributi (nel 22,7% dei casi), riuscire a guadagnare abbastanza (20,7%), l’assenza di tutele (15,7%), trovare nuovi clienti (12,4%). Due aspetti in particolare spiccano tra gli under 26 rispetto agli altri lavoratori, ovvero la possibilità di accedere al credito (11,7%) e lavorare troppo finendo per trascurare la vita privata (10,4%). Sul piano strettamente burocratico, invece, ciò che turba maggiormente la loro serenità è il timore di commettere errori e di incappare nelle conseguenti sanzioni per quasi uno su due, il 42,9%. In linea con questi dati, emergono anche gli accorgimenti che li aiuterebbero a vivere con maggiore serenità: tutele per malattia (30,8%), semplificazione degli adempimenti fiscali (20,1%) e, più che per le altre fasce d’età, maggiore fiducia da parte degli enti di credito (19,7%). “Più che le percentuali in senso assoluto, sono proprio i tratti distintivi rispetto alle altre generazioni a raccontarci quanto la Gen Z non si identifichi col proprio lavoro e non sia guidata dall’aspetto economico come driver principale. La cosa più rilevante per loro è poter scegliere una modalità di lavoro che sia in armonia con la propria vita privata, così da potersi sentire realizzati pienamente. È proprio questa visione che la rende una generazione naturalmente più predisposta a lavorare come libero professionista” conclude Mattiazzi.

Meloni irritata per aumento stipendi ministri: norma va ritirata

Meloni irritata per aumento stipendi ministri: norma va ritirataRoma, 17 dic. (askanews) – “Sono d’accordo con il collega Crosetto, mi unisco alla richiesta di ritiro dell’emendamento” che aumenta lo sipendio di ministri e sottosegretari non parlamentari. Giorgia Meloni approfitta di una domanda sollevata nel corso del dibattito alla Camera sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo per chiarire la posizione del governo sul caso.


La premier, nei giorni scorsi, ha assistito con grande “irritazione” – viene riferito da chi ci ha parlato – alle polemiche per l’emendamento apparso nel percorso parlamentare della legge di bilancio. Grave, per lei, che di tutta la manovra (per la quale sottolinea sempre di aver fatto il “massimo” date le risorse disponibili) emergesse nel dibattito e sui media solo questo aspetto, che certo non contribuisce ad accrescere il consenso per l’esecutivo. “Non credo – ha detto ancora alla Camera – che l’attenzione sulla legge di bilancio che abbiamo varato, che concentra risorse su famiglie e redditi medio bassi, debba essere spostata da una norma del genere”. Una difesa che però, nell’intervento in Aula, ha unito anche a un attacco nei confronti del Movimento 5 stelle. “Per amore di verità” – ha scandito – la norma “è un po’ diversa da come è stata raccontata: si voleva equiparare il trattamento del ministro parlamentare a quello del ministro non parlamentare, fanno lo stesso lavoro, è normale abbiano lo stesso trattamento. Prendo atto che per i colleghi dell’opposizione lo stipendio di un parlamentare è troppo alto per un ministro, ma eviterei di farmi dare lezioni dai colleghi del M5s perchè è possibile che questa norma non vada bene, ma detto da quelli che hanno speso soldi degli italiani per dare 300mila euro l’anno a Beppe Grilo anche no…”. Polemiche a parte, il danno di immagine c’è stato e Meloni pretende che l’emendamento sia cancellato. Per questo lunedì sera, dopo ore di stallo, aveva fatto intervenire il ministro della Difesa Guido Crosetto per chiedere il ritiro del provvedimento. Obiettivo solo in parte raggiunto: dopo ore di sospensione dei lavori della commissione, infatti, il testo è stato riformulato (per ora) dai relatori. Nella norma resta solo un fondo da 500 mila euro per il rimborso delle spese di trasferta dei ministri non eletti. In particolare la norma prevede che i ministri e i sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma “hanno il diritto al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni”. Per questo scopo viene istituito dal 2025 un fondo da 500mila euro presso la Presidenza del Consiglio, le cui risorse sono destinate alle amministrazioni interessate con un Dpcm su proposta del ministro dell’Economia. Modificata anche la cosiddetta norma “anti-Renzi”, che era contenuta nello stesso emendamento: parlamentari e presidenti di Regione potranno ricevere compensi, contributi o prestazioni da soggetti pubblici o privati non aventi sede operative nell’Unione europea o nello spazio europeo, solo con autorizzazione dell’ente di appartenenza. E comunque non potranno essere superiori a 100.000 euro l’anno. Nell’ultima formulazione sparisce il divieto di ricevere compensi dall’estero per i membri del governo non parlamentari.


Adesso i nuovi emendamenti dovranno passare al voto della commissione e non si escludono altre sorprese.

Meloni irritata per l’aumento degli stipendi dei ministri: la norma va ritirata

Meloni irritata per l’aumento degli stipendi dei ministri: la norma va ritirataRoma, 17 dic. (askanews) – “Sono d’accordo con il collega Crosetto, mi unisco alla richiesta di ritiro dell’emendamento” che aumenta lo sipendio di ministri e sottosegretari non parlamentari. Giorgia Meloni approfitta di una domanda sollevata nel corso del dibattito alla Camera sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo per chiarire la posizione del governo sul caso.


La premier, nei giorni scorsi, ha assistito con grande “irritazione” – viene riferito da chi ci ha parlato – alle polemiche per l’emendamento apparso nel percorso parlamentare della legge di bilancio. Grave, per lei, che di tutta la manovra (per la quale sottolinea sempre di aver fatto il “massimo” date le risorse disponibili) emergesse nel dibattito e sui media solo questo aspetto, che certo non contribuisce ad accrescere il consenso per l’esecutivo. “Non credo – ha detto ancora alla Camera – che l’attenzione sulla legge di bilancio che abbiamo varato, che concentra risorse su famiglie e redditi medio bassi, debba essere spostata da una norma del genere”. Una difesa che però, nell’intervento in Aula, ha unito anche a un attacco nei confronti del Movimento 5 stelle. “Per amore di verità” – ha scandito – la norma “è un po’ diversa da come è stata raccontata: si voleva equiparare il trattamento del ministro parlamentare a quello del ministro non parlamentare, fanno lo stesso lavoro, è normale abbiano lo stesso trattamento. Prendo atto che per i colleghi dell’opposizione lo stipendio di un parlamentare è troppo alto per un ministro, ma eviterei di farmi dare lezioni dai colleghi del M5s perchè è possibile che questa norma non vada bene, ma detto da quelli che hanno speso soldi degli italiani per dare 300mila euro l’anno a Beppe Grilo anche no…”. Polemiche a parte, il danno di immagine c’è stato e Meloni pretende che l’emendamento sia cancellato. Per questo ieri sera, dopo ore di stallo, aveva fatto intervenire il ministro della Difesa Guido Crosetto per chiedere il ritiro del provvedimento. Obiettivo solo in parte raggiunto: dopo ore di sospensione dei lavori della commissione, infatti, il testo è stato riformulato (per ora) dai relatori. Nella norma resta solo un fondo da 500 mila euro per il rimborso delle spese di trasferta dei ministri non eletti. In particolare la norma prevede che i ministri e i sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma “hanno il diritto al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni”. Per questo scopo viene istituito dal 2025 un fondo da 500mila euro presso la Presidenza del Consiglio, le cui risorse sono destinate alle amministrazioni interessate con un Dpcm su proposta del ministro dell’Economia. Modificata anche la cosiddetta norma “anti-Renzi”, che era contenuta nello stesso emendamento: parlamentari e presidenti di Regione potranno ricevere compensi, contributi o prestazioni da soggetti pubblici o privati non aventi sede operative nell’Unione europea o nello spazio europeo, solo con autorizzazione dell’ente di appartenenza. E comunque non potranno essere superiori a 100.000 euro l’anno. Nell’ultima formulazione sparisce il divieto di ricevere compensi dall’estero per i membri del governo non parlamentari.


Adesso i nuovi emendamenti dovranno passare al voto della commissione e non si escludono altre sorprese.

Schlein a Meloni: scendi dal ring, Parlamento è luogo serio

Schlein a Meloni: scendi dal ring, Parlamento è luogo serioRoma, 17 dic. (askanews) – “Presidente Meloni faccio una premessa: scenda dal ring, perché questo è un ruolo serio”. Lo ha detto la segretaria Pd Elly Schlein parlando in aula alla Camera dopo le comunicazioni della premier in vista del Consiglio Ue. “Capisco la necessità di cercare un nemico al giorno ma le ricordo che lei è la presidente del Consiglio di tutti gli italiani. Se avesse messo un euro per ogni volta che ci attacca avrebbe già dimezzato le liste di attesa”.

Conti e Cattelan presentano Sarà Sanremo, novità anche per i big

Conti e Cattelan presentano Sarà Sanremo, novità anche per i bigMilano, 17 dic. (askanews) – “C’è un livello molto alto in gara” lo ha detto Alessandro Cattelan in occasione della conferenza stampa di presentazione della serata finale di Sarà Sanremo, il talent televisivo che decreterà le quattro Nuove Proposte in gara al prossimo Festival. “Vedremo che Sanremo sarà, siamo fiero di questa selezione tra i giovani attraverso il sistema delle sfide” ha detto Claudio Fasulo – Vicedirettore Intrattenimento Prime Time.


La conduzione sarà affidata al Direttore Artistico Carlo Conti con Alessandro Cattelan. “Considero Sanremo la mia seconda casa, proprio per questo legame ho accettato di tornare su questo palco cedendo a diverse pressioni. Tenevo a separare la gara dei giovani, perchè ha tirato fuori tanti nomi importanti” ha detto Carlo Conti. Questa serata verranno presentati i titoli delle canzoni dei 30 Big che saranno in gara all’Ariston al Festival in programma dall’11 al 15 febbraio; verranno anche scelti i nomi dei quattro artisti delle Nuove proposte.


Gli 8 artisti in gara stasera dal Contest Sanremo Giovani sono Angelica Bove con La nostra malinconia, Alex Wyse con Rockstar, Mew con Oh my God, Selmi con Forse per sempre, Settembre con Vertebre, Vale Lp e Lil Jolie con Dimmi tu quando sei per fare l’amore, a cui si aggiungono da Area Sanremo Etra con Lo spazio tra le dita Maria Tomba con Goodbye (Voglio Good vibes). “I ragazzi che passeranno al Festival porteranno la canzone con cui hanno partecipato a Sarà Sanremo” ha precisato Carlo Conti. “I Big saranno 31” ha aggiunto Conti, “stasera vi dirò chi è” il misterioso concorrente in più: “sarà una coppia inedita che in extremis mi ha presentato un brano bellissimo” ha annunciato Conti che invece ha detto che i giovani saranno solo 4. Poi sulla presenza dei Jalisse esclusi per la 28esima volta ha ironizzato: “In qualche modo ci saranno perchè sono citati in un brano in concorso”.


Gli ascolti saranno misurati con il nuovo Standard Total Audience che sarà introdotto da Auditel a partire dal prossimo 30 dicembre. Verranno censiti non solo le visualizzazioni classiche degli apparecchi televisivi, ma anche quelle in streaming viste da computer, telefonino o Ipad e aggiungendovi anche gli ascolti on demand. “Non sono appassionato dei dati di ascolto, ma sono curioso di vedere come andrà” ha detto Carlo Conti.

Meloni alla Camera (senza Lega), nuovo attacco a Pd: fa macumbe e voodoo

Meloni alla Camera (senza Lega), nuovo attacco a Pd: fa macumbe e voodooRoma, 17 dic. (askanews) – ‘Missione compiuta’, Giorgia Meloni arriva alla Camera alla vigilia di una due giorni europea a Bruxelles (con coda in Lapponia) e rivendica, ancora una volta, il risultato della nomina di Raffaele Fitto, accusando il Pd di aver remato contro l’Italia e di aver fatto inutili ‘macumbe’ e ‘riti vodooo’ per far fallire il G7.


La premier prende la parola per le sue comunicazioni in un’Aula in cui spicca l’assenza dei leghisti: non c’è Matteo Salvini, ci sono i ministri Giancarlo Giorgetti e Giuseppe Valditara, con la sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento Giuseppina Castiello e il vice ministro ai Trasporti Edoardo Rixi. I deputati del Carroccio si contano invece sulle dita di una mano: ci sono Stefano Candiani, Laura Ravetto, Mirko Carloni. La ‘colpa’ viene data, inizialmente, a un ritardo dei treni (smentito poi da Trenitalia). ‘Arriveranno…’, dice allargando le braccia in Transatlantico il ministro Luca Ciriani mentre Antonio Tajani nega che ci sia una motivazione ‘politica’. Passa qualche ora e dal Carroccio arriva ai parlamentari l’invito ad andare in Aula e alla stampa l’assicurazione che ‘la Lega voterà compatta e con convizione, come sempre, la risoluzione del centrodestra per confermare pieno sostegno a Giorgia Meloni’. Intanto Meloni, ancora con la voce rauca dopo la ‘fatica’ del discorso ad Atreju, delinea la posizione dell’Italia nel primo Consiglio europeo presieduto da Antonio Costa, che ha promesso incontri ‘più snelli e concreti’. Quello che serve, per la premier, ‘di fronte a sfide sempre nuove e sempre più complesse’ e di fronte al ‘concreto rischio di marginalizzazione se non addirittura di irrilevanza’ dell’Ue. In questo ambito, il ruolo di vicepresidente esecutivo a Fitto, con un ‘portafoglio importante che vale mille miliardi’ non è un ‘titolo onorifico’, ottenuto nonostante – accusa alzando la voce – le ‘macumbe’ di un Pd che non è stato ‘abbastanza con l’Italia’ ma una posizione che consentirà di portare una ‘sensibilità italiana’ per superare la ‘deriva ideologica e dogmatica’ degli ultimi anni.


Questo vale sulla politica industriale, in particolare sull’automotive, che sconta ‘un modello di decarbonizzazione basato unicamente sull’elettrico che se fosse confermato rischierebbe di portare al collasso l’intera industria automobilistica europea’. Per questo l’Italia, insieme a Repubblica Ceca e altri partner, ha proposto alcuni interventi, a partire dalla ‘sospensione delle multe nei confronti delle case costruttrici’ che ‘stanno già portando alla chiusura di importanti stabilimenti’ e dalla riapertura del ‘capitolo della neutralità tecnologica’. Meloni vede con favore le ‘aperture’ del commissario Sejourné ma servono ‘significativi passi avanti per correggere una traiettoria sbagliata’. Altro capitolo da correggere, per la presidente del Consiglio, è quello dell’accordo con i Paesi del Mercosur. Un rapporto più stretto con l’America Latina è una ‘priorità geopolitica’, riconosce, ma il problema è la ‘sostenibilità’ dell’accordo per alcuni settori come l’agricoltura che ha ‘spesso pagato il prezzo più alto’ per l’apertura a prodotti di Paesi terzi in cui ‘non vengono rispettati gli stessi standard ambientali e di sicurezza alimentare che imponiamo ai nostri produttori’ e la cui competitività è stata ‘minata da una devastante deriva ideologica’. Ursula von der Leyen deve quindi ‘sedersi al tavolo con le associazioni di agricoltori’ per definire ‘compensazioni’. Se – ha ammonito – verranno ‘attuati meccanismi efficaci di salvaguardia incluso un sistema di adeguate compensazioni per le filiere che dovessero essere danneggiate’ il governo dirà sì, altrimenti ‘il sostegno dell’Italia non ci sarà perché siamo convinti che l’accordo debba portare vantaggi per tutti e non solo per alcuni’.


E a proposito di competitività, preoccupa la possibile politica protezionistica della nuova amministrazione Trump che però ‘non è un nemico’, mentre ‘è indispensabile mantenere un apporto una approccio pragmatico costruttivo e aperto’ con la Casa Bianca, ‘sfruttando le aree di potenziale e fruttuosa cooperazione Ue-Usa e cercando di prevenire diatribe commerciali che certamente non farebbero bene a nessuno’. E nell’ambito della cosiddetta ‘Internazionale sovranista’, nella repolica Meloni chiarisce che Javier Milei ‘ha spunti molto interessanti’ ma ‘il modello non è replicabile’ in Italia. Sui migranti, Meloni ribadisce che ‘intendiamo andare avanti nell’attuazione del protocollo Italia-Albania nel pieno rispetto della legge italiana e delle norme europee’ e chiede una ‘revisione’ che considera ‘improcrastinabile’ della direttiva sui rimpatri e ‘una accelerazione della revisione del concetto di paese terzo sicuro’, ‘anche al fine di fare definitiva chiarezza su un argomento recente oggetto di sentenze italiane dal sapore ideologico che, se fossero sposate dalla Corte di giustizia Ue, rischierebbero di compromettere i rimpatri da tutti gli Stati membri: una prospettiva preoccupante e inaccettabile che occorre prevenire’. Rispondendo a Matteo Orfini (Pd), la premier si dice poi ‘molto colpita’ dalla vicenda di Jasmine, la bimba salvata – unica sopravvissuta – al largo di Lampedusa, però, ribadisce, ‘il salvataggio si rende necessario perchè ci sono dei trafficanti senza scrupoli che si prendono migliaia di euro per mettere persone disperate in mezzo al mare e mandarle alla deriva. Se non fermiamo questo non fermeremo mai queste tragedie’.


Al centro del Consiglio europeo naturalmente i temi di politica internazionale, a partire dalla situazione in Siria dove la caduta del regime di Bashar al-Assad è ‘una buona notizia’ ma non fuga le ‘preoccupazioni’ per il futuro del Paese. ‘L’Italia, unica tra le nazioni del G7 ad avere un’ambasciata aperta a Damasco, è pronta a interloquire con la nuova leadership siriana, ovviamente in un contesto di valutazioni e azioni condivise con i partner europei e internazionali. I primi segnali sembrano incoraggianti, ma serve la massima prudenza. Alle parole devono seguire i fatti e sui fatti giudicheremo le nuove autorità siriane’. La cosa fondamentale è che ‘non ci deve essere spazio per un ritorno dell’ISIS o ambiguità verso gruppi che intendano fare della Siria una base per nuovi nuclei terroristici’. In Libano l’Italia è impegnata ‘per contribuire al monitoraggio del rispetto dell’accordo’ di tregua ‘e garantire piena sovranità’ al Paese. Così come è impegnata per la crisi di Gaza, continuando a chiedere un ‘immediato cessate il fuoco basato sul non più rinviabile rilascio degli ostaggi israeliani’ e la ‘fornitura di un’assistenza umanitaria adeguata a Gaza’. Questo con l’obiettivo di ‘continuare a lavorare per la ripresa di un processo politico credibile’ per ‘una pace giusta e sostenibile nella regione’ che ‘potrà raggiungersi soltanto attraverso una soluzione a due Stati’. Infine l’Ucraina. Mercoledì sera, a Bruxelles, Meloni parteciperà a un incontro convocato dal segretario generale della Nato Mark Rutte, presente il presidente Volodymyr Zelensky, il presidente Francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco (sfiduciato) Olaf Scholz, il primo ministro britannico Keir Starmer, Costa e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Sul tavolo la questione del sostegno all’Ucraina, di fronte a un possibile disimpegno Usa. L’obiettivo è ‘la fine della guerra in Ucraina e la costruzione di una pace giusta, complessiva e duratura’ con il ‘sostegno alla legittima difesa’ di Kiev. Serve però, in questo come in altri teatri, un’Europa ‘più forte e autonoma’ e per questo vanno studiate strade come ‘emettere obbligazioni europeee per investimenti in difesa’. Per la conclusione Meloni si affida a una citazione di Aldo Moro, che rappresentava l’Italia nel 1974 quando fu deciso di riunire periodicamente i capi di Stato e di governo dell’allora Comunità Europea: ‘Disse Aldo Moro che partecipava a quel consesso che l’Europa è ‘il luogo in cui le nazioni diventano più grandi senza perdere la loro anima, è una casa comune per le differenze’. È una lettura che condivido, molto di più di letture che ho dentito dare di recente’.

Meloni alla Camera (senza Lega), nuovo attacco al Pd: fa macumbe e voodoo

Meloni alla Camera (senza Lega), nuovo attacco al Pd: fa macumbe e voodooRoma, 17 dic. (askanews) – ‘Missione compiuta’, Giorgia Meloni arriva alla Camera alla vigilia di una due giorni europea a Bruxelles (con coda in Lapponia) e rivendica, ancora una volta, il risultato della nomina di Raffaele Fitto, accusando il Pd di aver remato contro l’Italia e di aver fatto inutili ‘macumbe’ e ‘riti vodooo’ per far fallire il G7.


La premier prende la parola per le sue comunicazioni in un’Aula in cui spicca l’assenza dei leghisti: non c’è Matteo Salvini, ci sono i ministri Giancarlo Giorgetti e Giuseppe Valditara, con la sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento Giuseppina Castiello e il vice ministro ai Trasporti Edoardo Rixi. I deputati del Carroccio si contano invece sulle dita di una mano: ci sono Stefano Candiani, Laura Ravetto, Mirko Carloni. La ‘colpa’ viene data, inizialmente, a un ritardo dei treni (smentito poi da Trenitalia). ‘Arriveranno…’, dice allargando le braccia in Transatlantico il ministro Luca Ciriani mentre Antonio Tajani nega che ci sia una motivazione ‘politica’. Passa qualche ora e dal Carroccio arriva ai parlamentari l’invito ad andare in Aula e alla stampa l’assicurazione che ‘la Lega voterà compatta e con convizione, come sempre, la risoluzione del centrodestra per confermare pieno sostegno a Giorgia Meloni’. Intanto Meloni, ancora con la voce rauca dopo la ‘fatica’ del discorso ad Atreju, delinea la posizione dell’Italia nel primo Consiglio europeo presieduto da Antonio Costa, che ha promesso incontri ‘più snelli e concreti’. Quello che serve, per la premier, ‘di fronte a sfide sempre nuove e sempre più complesse’ e di fronte al ‘concreto rischio di marginalizzazione se non addirittura di irrilevanza’ dell’Ue. In questo ambito, il ruolo di vicepresidente esecutivo a Fitto, con un ‘portafoglio importante che vale mille miliardi’ non è un ‘titolo onorifico’, ottenuto nonostante – accusa alzando la voce – le ‘macumbe’ di un Pd che non è stato ‘abbastanza con l’Italia ma una posizione che consentirà di portare una ‘sensibilità italiana’ per superare la ‘deriva ideologica e dogmatica’ degli ultimi anni.


Questo vale sulla politica industriale, in particolare sull’automotive, che sconta ‘un modello di decarbonizzazione basato unicamente sull’elettrico che se fosse confermato rischierebbe di portare al collasso l’intera industria automobilistica europea. Per questo l’Italia, insieme a Repubblica Ceca e altri partner, ha proposto alcuni interventi, a partire dalla ‘sospensione delle multe nei confronti delle case costruttrici’ che ‘stanno già portando alla chiusura di importanti stabilimenti’ e dalla riapertura del ‘capitolo della neutralità tecnologica’. Meloni vede con favore le ‘aperture’ del commissario Sejourné ma servono ‘significativi passi avanti per correggere una traiettoria sbagliata’. Altro capitolo da correggere, per la presidente del Consiglio, è quello dell’accordo con i Paesi del Mercosur. Un rapporto più stretto con l’America Latina è una ‘priorità geopolitica’, riconosce, ma il problema è la ‘sostenibilità’ dell’accordo per alcuni settori come l’agricoltura che ha ‘spesso pagato il prezzo più alto’ per l’apertura a prodotti di Paesi terzi in cui ‘non vengono rispettati gli stessi standard ambientali e di sicurezza alimentare che imponiamo ai nostri produttori’ e la cui competitività è stata ‘minata da una devastante deriva ideologica’. Ursula von der Leyen deve quindi ‘sedersi al tavolo con le associazioni di agricoltori’ per definire ‘compensazioni’. Se – ha ammonito – verranno ‘attuati meccanismi efficaci di salvaguardia incluso un sistema di adeguate compensazioni per le filiere che dovessero essere danneggiate’ il governo dirà sì, altrimenti ‘il sostegno dell’Italia non ci sarà perché siamo convinti che l’accordo debba portare vantaggi per tutti e non solo per alcuni.


E a proposito di competitività, preoccupa la possibile politica protezionistica della nuova amministrazione Trump che però ‘non è un nemico’, mentre ‘è indispensabile mantenere un apporto una approccio pragmatico costruttivo e aperto’ con la Casa Bianca, ‘sfruttando le aree di potenziale e fruttuosa cooperazione Ue-Usa e cercando di prevenire diatribe commerciali che certamente non farebbero bene a nessuno’. E nell’ambito della cosiddetta ‘Internazionale sovranista’, nella repolica Meloni chiarisce che Javier Milei ‘ha spunti molto interessanti’ ma ‘il modello non è replicabile’ in Italia. Sui migranti, Meloni ribadisce che ‘intendiamo andare avanti nell’attuazione del protocollo Italia-Albania nel pieno rispetto della legge italiana e delle norme europee e chiede una ‘revisione’ che considera ‘improcrastinabile’ della direttiva sui rimpatri e ‘una accelerazione della revisione del concetto di paese terzo sicuro’, ‘anche al fine di fare definitiva chiarezza su un argomento recente oggetto di sentenze italiane dal sapore ideologico che, se fossero sposate dalla Corte di giustizia Ue, rischierebbero di compromettere i rimpatri da tutti gli Stati membri: una prospettiva preoccupante e inaccettabile che occorre prevenire’. Rispondendo a Matteo Orfini (Pd), la premier si dice poi ‘molto colpita’ dalla vicenda di Jasmine, la bimba salvata – unica sopravvissuta – al largo di Lampedusa, però, ribadisce, ‘il salvataggio si rende necessario perchè ci sono dei trafficanti senza scrupoli che si prendono migliaia di euro per mettere persone disperate in mezzo al mare e mandarle alla deriva. Se non fermiamo questo non fermeremo mai queste tragedie’.


Al centro del Consiglio europeo naturalmente i temi di politica internazionale, a partire dalla situazione in Siria dove la caduta del regime di Bashar al-Assad è ‘una buona notizia’ ma non fuga le ‘preoccupazioni’ per il futuro del Paese. ‘L’Italia, unica tra le nazioni del G7 ad avere un’ambasciata aperta a Damasco, è pronta a interloquire con la nuova leadership siriana, ovviamente in un contesto di valutazioni e azioni condivise con i partner europei e internazionali. I primi segnali sembrano incoraggianti, ma serve la massima prudenza. Alle parole devono seguire i fatti e sui fatti giudicheremo le nuove autorità siriane. La cosa fondamentale è che ‘non ci deve essere spazio per un ritorno dell’ISIS o ambiguità verso gruppi che intendano fare della Siria una base per nuovi nuclei terroristici. In Libano l’Italia è impegnata ‘per contribuire al monitoraggio del rispetto dell’accordo di tregua ‘e garantire piena sovranità’ al Paese. Così come è impegnata per la crisi di Gaza, continuando a chiedere un ‘immediato cessate il fuoco basato sul non più rinviabile rilascio degli ostaggi israeliani’ e la ‘fornitura di un’assistenza umanitaria adeguata a Gaza. Questo con l’obiettivo di ‘continuare a lavorare per la ripresa di un processo politico credibile’ per ‘una pace giusta e sostenibile nella regione’ che ‘potrà raggiungersi soltanto attraverso una soluzione a due Stati’. Infine l’Ucraina. Domani sera, a Bruxelles, Meloni parteciperà a un incontro convocato dal segretario generale della Nato Mark Rutte, presente il presidente Volodymyr Zelensky, il presidente Francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco (sfiduciato) Olaf Scholz, il primo ministro britannico Keir Starmer, Costa e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Sul tavolo la questione del sostegno all’Ucraina, di fronte a un possibile disimpegno Usa. L’obiettivo è ‘la fine della guerra in Ucraina e la costruzione di una pace giusta, complessiva e duratura’ con il ‘sostegno alla legittima difesa’ di Kiev. Serve però, in questo come in altri teatri, un’Europa ‘più forte e autonoma’ e per questo vanno studiate strade come ‘emettere obbligazioni europeee per investimenti in difesa’. Per la conclusione Meloni si affida a una citazione di Aldo Moro, che rappresentava l’Italia nel 1974 quando fu deciso di riunire periodicamente i capi di Stato e di governo dell’allora Comunità Europea: ‘Disse Aldo Moro che partecipava a quel consesso che l’Europa è ‘il luogo in cui le nazioni diventano più grandi senza perdere la loro anima, è una casa comune per le differenze’. È una lettura che condivido, molto di più di letture che ho dentito dare di recente.

Cesvi: nel 2024 oltre 200mila persone uccise da guerre e eventi estremi

Cesvi: nel 2024 oltre 200mila persone uccise da guerre e eventi estremiRoma, 17 dic. (askanews) – Nei primi 11 mesi del 2024 i conflitti armati e i disastri naturali hanno provocato 200mila morti e 117 milioni di sfollati; tra le vittime anche 283 operatori umanitari, che hanno perso la vita mentre lavoravano sul campo per portare aiuto alle popolazioni colpite dalle emergenze. A lanciare l’allarme è l’organizzazione umanitaria CESVI, che sottolinea come quest’anno sia stato caratterizzato da un drammatico paradosso: «a fronte di 300 milioni di persone al limite della sopravvivenza, è sempre più difficile e pericoloso per gli operatori umanitari portare aiuti».


Attualmente nel mondo sono attivi ben 56 conflitti armati, il numero più alto dalla Seconda Guerra Mondiale, e da gennaio 2024 ad oggi si sono verificati oltre 100 disastri naturali legati al clima, uno ogni tre giorni. È in questo quadro allarmante che gli operatori umanitari lavorano in prima linea ogni giorno per aiutare la popolazione – nel 2024 hanno già raggiunto almeno 116 milioni di persone- esponendosi a rischi sempre più elevati per la propria incolumità. «Nell’anno in corso sono già 283 gli operatori umanitari morti sul campo, oltre il doppio rispetto a cinque anni fa e quattro volte il numero di vittime registrate venti anni fa (56)», sottolinea Stefano Piziali, direttore generale di CESVI. Nel 2024 la guerra a Gaza è stata la causa principale delle vittime: almeno 178 operatori umanitari sono stati uccisi, mentre 25 sono morti in Sudan e 11 in Ucraina. Sono dati che testimoniano come, a fronte di milioni di persone che soffrono, sia sempre più difficile per le organizzazioni umanitarie accedere ai contesti di emergenza e portare aiuto in maniera sicura.


«In molte situazioni, come a Gaza dove CESVI è presente dal 1994, l’accesso stesso agli aiuti è ora gravemente compromesso: i corridoi umanitari spesso rimangono bloccati e i convogli non riescono a raggiungere le popolazioni in difficoltà. Gli operatori locali inoltre vivono in una condizione di doppia vulnerabilità, essendo essi stessi sfollati, ma anche responsabili degli interventi di aiuto», prosegue Piziali. «Una violenza inconcepibile che contravviene il diritto internazionale umanitario che dovrebbe proteggere gli operatori impegnati in zone di conflitto. Situazioni di forte pericolosità si riscontrano anche in Ucraina, dove le aree vicine al fronte sono soggette a continui attacchi. La popolazione civile, così come gli operatori umanitari, sono costretti a passare lunghe ore nei bunker per proteggersi dai bombardamenti». Nel 2024, il nostro pianeta ha affrontato una serie di sfide senza precedenti. Le aree colpite da conflitti in tutto il mondo sono cresciute del 65% dal 2021: 6,15 milioni di km2 sono scenario di un conflitto, una superficie pari al doppio delle dimensioni dell’India

Stellantis, Urso: in Europa battaglia per la sopravvivenza dell’auto

Stellantis, Urso: in Europa battaglia per la sopravvivenza dell’autoRoma, 17 dic. (askanews) – “Oggi l’Italia può cambiare la politica industriale europea. Siamo in prima linea per superare le ideologie del green deal e realizzare finalmente un approccio pragmatico e realistico, capace di coniugare la sostenibilità ambientale con le esigenze produttive e sociali del nostro sistema industriale”. È quanto ha affermato, secondo quanto si apprende, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, aprendo i lavori del Tavolo Stellantis in corso al Mimit. “Dobbiamo essere tutti consapevoli che la grande battaglia per la sopravvivenza del sistema automotive, e quindi industriale, si svolge in questi mesi in Europa. Di fronte al collasso dell’industria auto del continente, serve un grande sforzo di sistema per tutelare la produzione e salvaguardare l’occupazione. Per questo il nostro ‘non paper’ che abbiamo presentato al Consiglio competitività, ha subito raccolto un ampio consenso tra i Paesi dell’Unione, oltre al sostegno esplicito delle associazioni imprenditoriali di Italia, Germania e Francia, delle maggiori associazioni europee delle Pmi e dell’ACEA (l’associazione delle case automobilistiche europee). Anche il gruppo parlamentare del Ppe, maggioritario a Strasburgo, ha elaborato un documento in sintonia la linea italiana”.

Calcio, Ranieri: “Voglio giocatori contenti di essere a Roma”

Calcio, Ranieri: “Voglio giocatori contenti di essere a Roma”Roma, 17 dic. (askanews) – “Abbiamo fatto un secondo tempo non accettabile per essere la Roma. Alla Coppa Italia, che abbiamo vinto 9 volte, ci teniamo: ci tengono i nostri tifosi, ci tengo io e ci tengono i ragazzi”. Così Claudio Ranieri ai microfoni di Sport Mediaset dopo la deludente partita contro il Como e alla vigilia di Roma-Sampdoria valida per gli ottavi di Coppa Italia. “Adesso – continua – pensiamo alla Sampdoria che ha cambiato allenatore e tutti vorranno mettersi in mostra. Sarà una partita da prendere con le molle: dobbiamo essere pronti e tenaci”. Nel post Como inevitabile tornare anche sulle parole della proprietà che si è detta pronta ad accelerare una rivoluzione nel club: “Mi fa piacere che allora parlano: dite sempre che non lo fanno. Non commento, quello che ci diciamo io e la proprietà rimane tra di noi. Saremo vigili con gli occhi aperti portando dei calciatori che sono da Roma e che migliorino quelli che abbiamo sennò prendere per prendere per lavare la faccia ai nostri tifosi non ci tengo. Se si può migliorare si migliora altrimenti si va avanti così”. Ultima notazione sul futuro di Dybala dopo le voci che lo vorrebbero in trattativa con il Galatasaray per gennaio: “Ognuno fa il suo gioco e fa il suo lavoro. A me fa piacere averlo e metterlo in campo, quando sta bene, però, se ha altre priorità bisogna anche essere d’accordo in due, Se il ragazzo non vuole restare e c’è una possibilità… Voglio solo giocatori che siano contenti di stare qua.