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La Siria apre altri due valichi al confine con la Turchia

La Siria apre altri due valichi al confine con la TurchiaMilano, 13 feb. (askanews) – La Siria ha annunciato la decisione di aprire due ulteriori valichi umanitari al confine con la Turchia per consentire gli aiuti umanitari nelle aree colpite dal terremoto. Un decisione salutata con favore dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
“Mentre le Nazioni Unite lavorano per fornire assistenza ai sopravvissuti al devastante terremoto nel nord-ovest della Siria, @antonioguterres accoglie con favore la decisione che consentirà l’apertura di due ulteriori valichi umanitari lungo il confine con Türkiye”, è scritto sul profilo Twitter dell’Onu.

Calcio, Sampdoria-Inter 0-0, resiste il muro Samp

Calcio, Sampdoria-Inter 0-0, resiste il muro SampMilano, 13 feb. (askanews) – Finisce 1-1 tra Sampdoria e Inter la gara che chiude la 22esima giornata di serie A. Gara di grande compattezza della squadra di Stankovic che riesce a guadagnare un punto nella sfida di Marassi contro l’Inter. La formazione di Inzaghi attacca per tutto il primo tempo e ci prova ripetutamente con Calhanoglu, Lautaro, Darmian e Skriniar. Lammers impensierisce Onana. Nella ripresa la Samp crea qualche pericolo: Gabbiadini sfiora il palo. L’Inter non riesce a essere incisiva e il match termina in parità. Nerazzurri a -15 dal Napoli
22^ Giornata Milan-Torino 1-0, Empoli-Spezia 2-2, Lecce-Roma 1-1, Lazio-Atalanta 0-2, Udinese-Sassuolo 2-2, Bologna-Monza 0-1, Juventus-Fiorentina 1-0, Napoli-Cremonese 3-0, Verona-Salernitana 1-0, Sampdoria-Inter 0-0
Classifica: Napoli 59, Inter 44, Milan, Atalanta, Roma 41, Lazio 39, Torino, Udinese 30, Bologna, Monza, Juventus 29, Empoli 27, Fiorentina, Lecce, Sassuolo 24, Salernitana 21, Spezia 19, Verona 17, Sampdoria 11, Cremonese 8

Meloni: governo promosso dalle urne.Ma Fi-Lega sotto osservazione

Meloni: governo promosso dalle urne.Ma Fi-Lega sotto osservazione

Gli alleati tengono, ma le Europee non sono così lontane. C’è anche partita nomine

Roma, 13 feb. (askanews) – Il mood di giornata sta nelle parole che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, prende in prestito da Julio Velasco, l’allenatore che riportò l’Italia del volley sulla cima del mondo: “Chi vince festeggia, chi perde spiega”. L’affermazione alle Regionali in Lazio e Lombardia, è vero, era attesa ma la maggioranza assoluta conquistata da Attilio Fontana e Francesco Rocca consente a Giorgia Meloni di parlare di “vittoria netta” e di godersi qualche ora di compiacimento dopo essere stata costretta a gestire una nuova crisi internazionale a causa dell’intemerata di Silvio Berlusconi contro il leader ucraino Volodomyr Zelensky.
La presidente del Consiglio prova a metterci una pezza anche cercando di accelerare l’organizzazione del viaggio a Kiev che dovrebbe avvenire proprio a ridosso del 24 febbraio, anniversario dell’inizio della guerra. Ma le scorie dello scontro restano, anche se la linea ufficiale è che tutto è sistemato perchè sono “i fatti a parlare”. Come se l’incidente potesse essere derubricato a una voce dal sen fuggita.
Ma oggi, appunto, il centrodestra ha vinto e quindi può permettersi il lusso di festeggiare di più e spiegare di meno. Giorgia Meloni aveva detto esplicitamente che questo voto, visto anche l’alto numero di elettori coinvolti, sarebbe stato anche un primo test sul suo esecutivo. E, dunque, ha gioco facile a dire che si tratta di un risultato che “consolida la compattezza del centrodestra e rafforza il lavoro del governo”, anche se ha trovato avversari mai così divisi e un dato dell’affluenza mai così basso. Di più, chi ha avuto modo di sentirla, spiega che la premier è convinta anche di aver dimostrato che la narrazione di una squadra già in crisi dopo 100 giorni sia stata platealmente smentita. “Ancora una volta abbiamo sconfitto gli uccelli del malaugurio”.
Fratelli d’Italia si conferma primo partito e nel Lazio, sua storica roccaforte, riesce ad andare persino oltre il risultato delle Politiche toccando il 33%. Ma anche gli alleati tutto sommato sorridono. La Lega di Matteo Salvini non solo regge e cresce rispetto alle elezioni nazionali ma, se si sommano i suoi voti con quelli della lista di Fontana, di fatto si colloca non così lontano dal partito di Meloni. Tiene oltre le previsioni anche Forza Italia nonostante la concorrenza del Terzo Polo e di Letizia Moratti. Insomma, poche variazioni rispetto al 25 settembre: una situazione che cristallizza i rapporti di forza all’interno dell’esecutivo.
Ma il fatto è che alla fine di un’elezione, c’è sempre una elezione da ricominciare: le Europee – dove si vota con il proporzionale – saranno fondamentali per tutte e tre le formazioni del centrodestra e anche per la partita che la presidente del Consiglio vuole giocare a Bruxelles portando l’asse del governo comunitario verso un’alleanza Ppe-Conservatori. Per questo a via della Scrofa mettono in conto che la festa per la vittoria delle Regionali non durerà poi molto.
D’altra parte, ci sono già degli scogli parlamentari da affrontare nel breve periodo, per esempio in maggioranza non è ancora stato trovato un accordo sul decreto per la trasparenza sui prezzi della benzina. E a fine marzo si entrerà nel vivo di una partita importante, quella delle nomine. Al momento, però, nonostante la sbandierata armonia all’interno della coalizione, un vertice con i tre leader non è in agenda.

L’affluenza crolla sotto il 40%. E travolge il centrosinistra

L’affluenza crolla sotto il 40%. E travolge il centrosinistraRoma, 13 feb. (askanews) – Un quarto del paese chiamato al voto per le elezioni Regionali, il centrodestra che vince di larga misura in Lazio e in Lombardia, l’affluenza in picchiata, in media sotto il 40%. Ed è proprio l’affluenza a rappresentare per tutti i partiti il cigno nero di questa consultazione elettorale. Un tonfo nella partecipazione al voto che, secondo le prime analisi del voto, ha danneggiato soprattutto lo schieramento del centrosinistra. Molti i dati da tenere in considerazione, ma, forse, nessuno risolutivo. Innanzitutto, come è stato fatto notare dagli stessi candidati – Pierfrancesco Majorino in primis che ha perso in Lombardia contro il governatore di centrodestra Attilio Fontana che è stato riconfermato – il fatto che il principale partito del centrosinistra, il Pd, sia impegnato nel proprio congresso e abbia un segretario uscente. Poi l’impressione che alcune sfide fossero già vinte e, insieme, le geometrie variabili delle alleanze nel centrosinistra – in Lombardia con i Cinquestelle e nel Lazio contro – non hanno deposto a favore dello schieramento.
“Divisi non solo si perde ma non si porta nemmeno la gente a votare. Le due opa sono state bloccate ma questo non può consolarci” ha osservato l’ex ministro Dem Andrea Orlando riferendosi, come ha fatto anche il segretario Enrico Letta alle opa di M5s e Terzo Polo sui Dem.
Guardando ai dati nel Lazio solo un abitante su tre si è recato alle urne: ha votato il 37,2% degli aventi diritto contro il 66,5% del 2018, quando però si disputò un election day (con le Politiche). Ancora più basso, come ha spiegato Lorenzo Pregliasco di Quorum-Youtrend, il dato su Roma città: nella capitale ha votato il 33,1%, poco più di un avente diritto su tre. In Lombardia il dato finale dell’affluenza si è attestato al 41,61% contro il 73,8% di cinque anni fa quando, peraltro, si votò in un solo giorno e contro il 64,6% del 2010 che era stato finora il dato più basso.
Il trend è in atto da tempo, negli ultimi dieci anni l’affluenza alle Regionali è andata calando ma finora non era mai scesa così tanto. I numeri assoluti restituiscono la dimensione del problema astensionismo molto più delle percentuali: nelle regionali 2023 i votanti sono stati 5,1 milioni, mentre erano stati 8,9 milioni nelle precedenti regionali del 2018. Il record negativo in assoluto apparteneva al 2014 quando in Emilia Romagna i votanti per il nuovo presidente della Regione, dopo le dimissioni di Vasco Errani coinvolto in un’inchiesta giudiziaria da cui è stato poi prosciolto, furono appena il 37,7% e fu eletto Stefano Bonaccini.
Guardando i primi flussi elettorali si rileva come il crollo dell’affluenza abbia penalizzato, soprattutto nel Lazio, il centrosinistra. Appena poche settimane fa nessun sondaggio indicava una distanza così larga tra il candidato del centrodestra Francesco Rocca e quello del centrosinistra Alessio D’Amato. E nemmeno se l’accordo con i Cinquestelle fosse andato in porto e i voti raccolti (intorno all’11% secondo rilevazioni ancora non definitive) da Donatella Bianchi, in corsa per il M5s, si fossero riversati su D’Amato il centrosinistra avrebbe potuto vincere la guida della Regione.
Fratelli d’Italia, intanto, si conferma il primo partito sia in Lombardia con il 26% (seguito dal Pd oltre al 21% e dalla Lega che veleggia intorno al 17%) che, soprattutto, nel Lazio, dove più di un voto su tre è andato al partito di Giorgia Meloni (33%) sempre seguito dal Pd al 21,5%.
Ma come mai questa disaffezione verso le urne, soprattutto nel campo del centrosinistra? Secondo Romano Prodi, ex premier e fondatore de L’Ulivo, “siamo davanti a due problemi: uno generale, i leader non parlano più con le persone, non le ascoltano e la democrazia è in crisi, perché si sta allontanando dalla gente” e poi “bisogna riconoscere che le Regioni non sono nel cuore delle persone! Anche quando sono ben amministrate. E d’altra parte pochi ne conoscono le competenze” mentre “la politica fatica ad affrontare e risolvere i problemi nostri, di tutti i giorni. Il distacco cresce perché scarseggiano i mediatori”. Di certo le tre opposizioni principali dovranno iniziare a dialogare e magari costruire un percorso comune se vorranno essere competitive con il centrodestra. Per dirla con Giorgio Gori, sindaco Dem di Bergamo, “col maggioritario a turno secco si è competitivi solo unendo tutto il centrosinistra (si, pure i 5S). O lo capite o la destra vincerà ogni volta”.

Rocca succede a Zingaretti, il centrodestra si riprende il Lazio

Rocca succede a Zingaretti, il centrodestra si riprende il Lazio

Dopo 10 anni il centrosinistra torna all’opposiozione. L’astensionismo batte tutti

Roma, 13 feb. (askanews) – Francesco Rocca è il nuovo presidente della regione Lazio. Dopo dieci anni ininterrotti di governo, il centrosinistra ha passato il testimone al centrodestra che torna a sedere negli uffici di via Cristoforo Colombo e torna maggioranza alla Pisana. L’avventura della Giunta Zingaretti con il suo Modello Lazio, l’esperimento del “campo largo” e la convivenza tra il Pd e i 5 Stelle, è terminata e i numeri che questa due giorni elettorale restituisce, fotografano una crisi del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle.
Rocca avvocato ed ex presidente della Croce rossa internazionale, si è imposto con oltre il 50% sul suo avversario di centrosinistra, l’assessore regionale uscente alla sanità, Alessio D’Amato, che ha conquistato poco più del 30%, dietro Donatella Bianchi per M5S, a poco più del 10%. A spoglio ancora in corso è chiaro che i cittadini hanno chiaramente indicato la volontà di premiare il centrodestra, anche se il segnale che esce prepotente dalle urne è il dato dell’astensione.
Nel Lazio solo il 37,2% ha deciso di andare a votare, un dato che deve far riflettere i partiti tutti, una disaffezione che per il neo eletto presidente Rocca va analizzata e presa in carico con impegno e responsabilità. E la parola “responsabilità” è stata tra le prime pronunciate da Rocca. Emozionato e soddisfatto ha assicurato: “ci impegneremo affinché possa tornare la fiducia degli elettori” ha detto ponendo appunto l’accento sul dato dell’astensione che ha pesato su questo turno elettorale.
“Da questo momento serve tanta responsabilità” ha rivelato assicurando: “ci impegneremo per far ritornare la fiducia” ha assicurato. “Saremo all’altezza di formare una squadra straordinaria” ha assicurato. Al quartier generale del centrosinistra Alessio D’Amato per primo ha spiegato che il dato dell’astensione deve imporre una riflessione profonda. Intanto Rocca già appare proiettato al futuro. La formazione della giunta deve essere “parte di un ragionamento insieme a tutta la coalizione, l’ultima volta ci sono voluti una ventina giorni. Dobbiamo partire subito, non possiamo perdere nemmeno un giorno” ha detto spiegando che seguirà la sanità molto da vicino e che sarà subito al lavoro. “Bisogna sbrigarsi” ha spiegato.

Berlusconi chiama Meloni e Salvini: “governo di legislatura”

Berlusconi chiama Meloni e Salvini: “governo di legislatura”

“E’ stato un grande successo del centrodestra, stimolo per ottimo lavoro govermo”

Roma, 13 feb. (askanews) – “Il presidente Silvio Berlusconi ha chiamato il presidente del consiglio e leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e il vicepresidente del consiglio e leader della Lega, Matteo Salvini, e si è complimentato per il grande successo della coalizione alle elezioni Regionali in Lombardia e in Lazio”. Inoltre “i tre leader hanno convenuto che questo nuovo successo del centrodestra deve essere e sarà da stimolo a proseguire l’ottimo lavoro fatto sinora dal governo, un esecutivo forte che ha come orizzonte l’intera legislatura”. Lo ha reso noto Forza Italia, pubblicando un post sui social di Berlusconi in cui è ritratto con Meloni e Salvini mani alzate con sullo sfondo la scritta “Vittoria” da lui sottoscritta.

In Lombardia Fontana centra il bis. Senza terremoto centrodestra

In Lombardia Fontana centra il bis. Senza terremoto centrodestraMilano, 13 feb. (askanews) – Nell’appuntamento elettorale meno partecipato nella storia delle regionali lombarde, con quasi sei elettori su dieci che non si sono recati alle urne, il presidente uscente, candidato per il centrodestra, Attilio Fontana si riconferma alla guida di Palazzo Lombardia con oltre il 50 per cento dei voti (fra il 53,5% e il 54,6% secondo le proiezioni Rai), distaccando di quasi venti punti il suo principale rivale di centrosinistra Pierfrancesco Majorino, fermo al 34/35%, sostenuto dal Pd, dal M5s e dall’Alleanza Verdi-sinistra. Il forte astensionismo non ha, come temuto dal presidente uscente, favorito il centrosinistra. Né l’appello di Majorino agli elettori del Terzo Polo a dargli fiducia per mandare a casa la Giunta Fontana ha avuto successo.
Contrariamente alle speranze del centrosinistra, che puntava dopo 28 anni a strappare il Pirellone al centrodestra proponendo un netto “cambiamento” rispetto a una gestione della sanità e dei trasporti presentata come fallimentare, e a una controversa gestione del Covid, il centrodestra è tornato a macinare consensi questa volta perfino superiori a quelli delle ultime elezioni regionali del 2018, quando Fontana vinse con il 49,7 per cento e l’allora suo sfidante Giorgio Gori indietro di 20 punti al 29,7, con il Movimento 5 Stelle che correva da solo al 17.3%. Non ha pagato come sperato, per il partito di Majorino, il Pd, l’alleanza con il Movimento 5 Stelle. Ma nemmeno Letizia Moratti, l’ex vice dello stesso Fontana ed ex assessore alla Sanità, sostenuta dal Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda, è entrata nella partita per la presidenza, con consensi che sembrano non superare il 10 per cento e un risultato per Azione-Iv, dopo il buon esito in Lombardia alle politiche di settembre, attorno al 4 per cento.
Con questo risultato il centrodestra torna in Lombardia a livelli di consenso non lontani a quelli del quattro volte presidente Roberto Formigoni, che nel 2010 ottenne il 56%, contro il 33 per cento dello sfidante Filippo Penati. Un esito, quello odierno, che viene letto a caldo non solo come una conferma di gradimento per il centrodestra di governo al primo test nazionale, ma anche come un successo personale di Attilio Fontana, che con la propria lista ottiene, secondo le proiezioni, il 5,5 per cento dei voti (il miglior risultato delle liste dei candidati presidenti e poco meno di Forza Italia, che si attesta al 6,5%) che si aggiungono ai risultati dei partito della coalizione: Fratelli d’Italia al 26,2 per cento, che stacca non di molto la Lega, che ottiene, sempre secondo le proiezioni il 23,2 per cento. Un successo personale, quello di Fontana, che si fonda anche sulle liste civiche che ha promosso in questi cinque anni, quelle di “Lombardia ideale” nelle sue declinazioni locali, con oltre trecento eletti che gli hanno consentito quel “radicamento” sul territorio e di “dialogo con tutti” di cui oggi ha parlato nella conferenza stampa al Pirellone. Stesso “radicamento” in un sistema con le preferenze in luogo dei listini bloccati, che avrebbe favorito anche il buon risultato della Lega, al 17 per cento, ma che insieme alla lista civica Fontana presidente guadagna 10 punti rispetto alle politiche di soli cinque mesi fa.
Mentre continua lo spoglio dei voti, già iniziano al Pirellone i primi informali conteggi sulla composizione del nuovo Consiglio almeno per quanto riguarda la maggioranza, per cui è più facile il conteggio. Fratelli d’Italia esprimerà la maggioranza dei consiglieri della propria coalizione ma senza surclassare, come da alcuni previsto, quelli della Lega: dovrebbero andare a Fdi 22 seggi, 15/16 alla Lega, 6 a Forza Italia, 5 alla lista Fontana presidente, 0-1 ai centristi di Noi Moderati. Moratti non entrerà comunque in Consiglio regionale, in quanto non candidata a un seggio in assemblea, ma assicura che il suo impegno “per una proposta che va oltre la Lombardia” continua.

La Lega tiene e Salvini stappa: risultato inatteso e straordinario

La Lega tiene e Salvini stappa: risultato inatteso e straordinario

In Lombardia subisce il sorpasso Fdi. Ma il leader lumbard glissa: “Conta la squadra”

Milano, 13 feb. (askanews) – La Lega tira un sospiro di sollievo.Il risultato della Lombardia è migliore delle aspettative, e il sorpasso di Fratelli d’Italia – ormai ampiamente previsto – non assume le dimensioni del tracollo. Anche perchè al dato del Carroccio (intorno al 16%) a via Bellerio sommano anche il 6 abbondante della lista Fontana, arrivando così vicini al 25% circa del partito di Giorgia Meloni. Nel Lazio la Lega è ferma sotto il 10%, superata anche da Forza Italia, ma Matteo Salvini si dice ugualmente “contento” del risultato del suo partito.
Il vicepremier scende in sala stampa alle otto meno un quarto, spiega che farà solo dichiarazioni perchè “ci rivedremo tra un’oretta, un’oretta e mezza con dati più approfonditi”. Evita così di rispondere alle domande sulle parole di Silvio Berlusconi. O a quelle su Fratelli d’Italia che chiede di cambiare gli equilibri nella Giunta della Lombardia. Salvo poi lasciare via Bellerio e far sapere che “per la serata non sono previste altre dichairazioni”.
Nella dichiarazione rilasciata, Salvini parla di risultato “straordinario” e “inatteso” per la Lega, cita i risultati di “Como, Lecco, Bergamo, Brescia, Sondrio”, con il Carroccio “sopra il 20%” e sommando i voti della Lista Fontana “primo partito”: “È la strada giusta”. Sul Lazio elenca i risultati a due cifre di “Latina, Rieti, Frosinone… Tanta roba”. Poi sottolinea che per lui “la competizione non è mai interna”, e che le vittorie in Lazio e Lombardia testimoniano “che il gioco di squadra con Giorgia e Silvia funziona. Si chiacchierava di competizione interne, rivalità… ho sentito sia Silvio che Giorgia e siamo tutti contenti dell’affermazione della squadra”. Ma la frecciata la lancia: “A differenza di altri non mi interessava il confronto interno, ma che i ministri della Lega fossero apprezzati. Così è”.
L’afflato unitario torna però subito: “Lega e centrodestra hanno smentito quelli che dicevano che avremmo avuto tanti problemi, stiamo recuperando credibilità in Europa”, sostiene. Per poi assicurare: “Siamo al governo da 4 mesi, ci stiamo per 5 anni”.

Pd respinge tenaglia M5s-centristi, ma i big litigano tra loro

Pd respinge tenaglia M5s-centristi, ma i big litigano tra loroRoma, 13 feb. (askanews) – E’ un Pd che alla fine si scopre più robusto del previsto quello che esce dallo schiaffo, ampiamente previsto, delle regionali. Eppure nemmeno questo sembra sufficiente a fare uscire il partito dalla sindrome dell’autoflagellazione.
La sconfitta in Lazio e Lombardia era praticamente scontata, visto che il centrosinistra si presentava diviso, ma i democratici sostanzialmente tengono rispetto al dato delle politiche mentre fallisce l’offensiva concentrica di M5s e centristi. Un dato che, però, di fatto viene esaltato solo dal segretario uscente Enrico Letta, perché la sfida congressuale porta gli altri dirigenti del partito a preferire appunto letture più severe, nel tentativo di marcare una discontinuità con il “vecchio” Pd.
Letta usa uno schema simile a quello già adoperato il giorno dopo le politiche, ma in questo caso infierendo sugli alleati-avversari di M5s e Azione-Iv. Il Pd, rivendica, è ancora la “seconda forza politica” e il “primo partito dell’opposizione”, mentre “l’Opa contro il Pd ha fatto male a chi l’ha tentata. Ci auguriamo che questo risultato dimostri finalmente a M5s e Terzo Polo che l’opposizione va fatta al governo e non al Pd”. Una frase che provoca la reazione polemica di Giuseppe Conte e di Carlo Calenda, ma che nemmeno nel Pd alla fine viene troppo apprezzata.
I toni di molti dirigenti Pd sono assai diversi. Andrea Orlando, in un tweet, avverte: “Divisi non solo si perde ma non si porta nemmeno la gente a votare. Le due opa sono state bloccate ma questo non può consolarci”. E Goffredo Bettini ritiene che “l’esito delle elezioni regionali è negativo in modo schiacciante”, altro che Pd seconda forza politica. Anche per Elly Schlein “la sconfitta di oggi in Lazio e Lombardia è netta”, e la via d’uscita da questa situazione è “fare la sinistra”. Stefano Bonaccini, invece, è convinto che per la rivincita serva un “Pd che torna centrale e attrattivo”.
Scoppia anche una polemica con Bonaccini, che attacca i ‘big’ che sostengono Schlein: “Qualcuno ha detto che i migliori del Pd non starebbero con me, indicando persone che sono state protagoniste di questa serie di sconfitte. Diciamo così: se quelli indicati sono i migliori, allora si fermano un giro e stavolta facciamo giocare quelli che sono più banalmente normali, discreti, ma che hanno dimostrato di saper vincere contro la destra”. Ribatte Bettini: “Non è serio – afferma- sostenere che che i responsabili delle sconfitte degli ultimi anni siano Zingaretti, Orlando, Franceschini e il sottoscritto. Questo è il gruppo dirigente che ha invertito la catastrofica rotta del Pd di Renzi. E in due anni ha portato il Pd oltre il 22%, lo ha collocato al centro del governo del Paese, ha vinto alle regionali e nei grandi comuni italiani. Questa è la verità”.
E poi, il presidente dell’Emilia Romagna se la prenda con M5s e Terzo polo: “Se vogliono continuare ad andare da soli sappiano che si riveleranno i migliori alleati della destra”. Per Bettini, invece, è bene che “riflettano anche coloro che nel Pd hanno dimostrato insofferenza e persino dileggio circa la necessità delle alleanze, in particolare con i 5Stelle”.
Di fatto, un Pd che accusa il colpo, nonostante il tentativo di Letta di buttare la palla nel campo degli alleati-avversari. Il congresso, del resto, dura fino al 26 febbraio e tra gli sfidanti Bonaccini e Schlein non è tempo di fair-play.

##Conte ammette: M5s cresce ma risultato Lazio non ci soddisfa

##Conte ammette: M5s cresce ma risultato Lazio non ci soddisfaRoma, 13 feb. (askanews) – Ci sono volute quasi quattro ore prima che un rappresentante del M5s commentasse i risultati delle elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia. Bocche cucite tra i vertici del MoVimento nella sede di via Campo Marzio, chiusi in una saletta al primo piano, davanti a un televisore che snocciolava prima gli exit poll e poi le proiezioni, mentre in sala stampa, gli oltre 60 tra giornalisti e operatori chiedevano una battuta.
Dopo le 19, uno dopo l’altro, sono comparsi davanti alle telecamere, la candidata alla presidenza della Regione Lazio, Donatella Bianchi, e il leader di M5s, Giuseppe Conte. Tutti e due si sono trovati concordi sul risultato “insoddisfacente” e “lontano dalle aspettative”.
A chi nel corso del pomeriggio, recitava il ‘de profundis’ per il MoVimento, Conte ha detto che “qualcuno suona le campane a morto per il M5s, ma non esagererei la portata, rimane un risultato territoriale. Anzi secondo un ultimo sondaggio siamo in crescita”. Per il presidente il risultato ottenuto “è in linea con la serie storica del M5s, non avendo strutture territoriali” e ha annunciato che “da domani avremo i coordinatori territoriali. C’è l’impegno a fare di più”.
Conte ha lanciato una stoccata anche al segretario uscente del Pd, Enrico Letta. “Capisco che il Pd è in pieno congresso e ha i suoi problemi interni, ma ascoltare Letta che sembra stappare bottiglie di champagne sulle performance Pd”, se “pensiamo al Lazio dove c’è un candidato di Letta e Calenda” che “ha consegnato la regione al centrodestra, francamente avrei poco da festeggiare”.
Il leader di M5s ha ribadito che “un’accozzaglia e un cartello elettorale non ci avrebbe portato da nessuna parte. Per noi contano i programmi, non ci interessa vincere con i cartelli elettorali. In politica conta anche la coesione, e noi non siamo sati capaci di comunicare ai cittadini la solidità e la concretezza del nostro progetto politico”.
Da parte sua Bianchi si è detta preoccupata “del forte astensionismo. Una regione in cui vota solo 37% degli aventi diritto è una regione parzialmente rappresentata. Bisogna tornare a credere nella politica e nei partiti. Speravo con la mia discesa in campo di rinvigorire il partito dell’astensionismo”.
“Il mio 11,9% è un buon risultato ma abbiamo avviata la campagna elettorale in ritardo e in un tempo brevissimo non siamo riusciti a raggiungere e a convincere tutti gli elettori che erano indecisi”, ha detto ancora Bianchi.