Ue-Mercosur, il concetto ambiguo degli “standard produttivi”Roma, 21 dic. (askanews) – Una delle più importanti rivendicazioni delle associazioni di categoria del settore agricolo europeo, nella loro durissima opposizione all’accordo commerciale Ue-Mercosur, riguarda un concetto a dir poco ambiguo, per il modo in cui viene interpretato. Si tratta degli “standard produttivi” applicati alle imprese agroalimentari dei paesi latino americani, che consentono l’uso di sostanze vietate nell’Ue, o la loro presenza residuale nei prodotti al di sopra delle soglie massime fissate dalla legislazione europea.
L’equazione è semplice: se i produttori del Mercosur sono meno esigenti e usano queste sostanze (antibiotici e ormoni di crescita negli allevamenti, Ogm e determinati pesticidi nelle coltivazioni), allora le ritroveremo nei loro prodotti importati nell’Ue. E i produttori europei, che invece non possono usarle, saranno svantaggiati sul loro proprio mercato nella concorrenza con i sudamericani. Inoltre, le organizzazioni agricole europee, e anche gli ambientalisti, una parte della Sinistra, i partiti di estrema destra e alcuni governi dei Ventisette, paventano l’impatto negativo “importato” sulla salute e sull’ambiente che l’Accordo determinerebbe, aprendo le porte del mercato unico ai prodotti dal Mercosur che non rispettano gli standard di qualità e di sicurezza alimentare dell’Ue.
In realtà, oggi l’Ue importa già diversi prodotti agroalimentari del Mercosur, ma in quantità ridotte a causa degli alti dazi che vengono applicati. L’Accordo prevede un aumento contenuto e contingentato delle importazioni, con dazi “preferenziali” più bassi, per una serie di prodotti “sensibili” (carne bovina e suina, pollame, zucchero, etanolo, riso, miele), che potrebbero provocare perturbazioni sui mercati degli Stati membri. Ma non c’è alcuna modifica, nell’Accordo, del sistema già esistente per quanto riguarda la presenza, nei prodotti importati, di residui delle sostanze proibite o sottoposte a limitazioni d’uso nell’Ue. Il sistema dei controlli all’importazione prevede già oggi che i prodotti che entrano nel mercato unico europeo siano sottoposti a verifiche e ispezioni nel paese d’origine, e che la loro provenienza sia rigorosamente tracciata, per accertare che la produzione avvenga in aziende e stabilimenti certificati che non usano sostanze chimiche, pesticidi, ormoni di crescita o antibiotici vietati nell’Ue. Ulteriori controlli sono poi regolarmente effettuati anche alle dogane, quando i prodotti arrivano sul mercato europeo.
Nei paesi del Mercosur, in effetti, possono esserci “standard produttivi” diversi a seconda che i prodotti siano destinati all’esportazione nell’Ue, al consumo interno o all’esportazione verso altri paesi. Come ci ha spiegato recentemente un funzionario della Commissione, “le nostre regole per l’importazione non cambiano. Riguardo a ormoni e pesticidi, ad esempio, abbiamo una legislazione molto robusta: noi fissiamo i nostri livelli nell’Ue, e questi si applicano anche alle importazioni. È vero che in Brasile vengono usati gli ormoni di crescita negli allevamenti. Ma la carne brasiliana esportata verso il nostro mercato deve rispettare le norme sanitarie dell’Ue, che vietano l’uso degli ormoni, e quindi deve essere senza ormoni. Per questo, in Brasile c’è un doppio sistema (‘split system’, ndr): ci sono aziende agricole che producono per l’Ue e che non possono usare gli ormoni”. “Per queste aziende – ha precisato ancora – ci sono dei controlli al momento della macellazione; e poi c’è il nostro servizio di ispezione: prima di autorizzare l’esportazione verso l’Ue da un allevamento brasiliano, i nostri ispettori vanno sul posto e controllano che i produttori rispettino le nostre regole”.
E’ proprio qui insomma, stando a quanto spiegano alla Commissione, che si rivela fuorviante il concetto secondo cui, siccome gli “standard produttivi” del Mercosur non sono identici o equivalenti a quelli dell’Ue, non si può garantire lo stesso livello di sicurezza per i consumatori. Per assicurare che tutti i prodotti che entrano nel mercato unico siano conformi alle normative europee, non è necessario applicarle all’intera produzione del paese esportatore, ma basta che quelle norme siano rispettate dai soli prodotti importati. E, a quanto afferma ancora la Commissione, non sarebbe comunque un accordo commerciale lo strumento appropriato per introdurre delle “clausole specchio” o “di reciprocità”, che comporterebbero per le controparti l’adozione delle stesse regole e degli stessi standard produttivi su tutto il loro territorio nazionale e per tutte le loro aziende. di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese