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Autore: Redazione StudioNews

Roma, “Tra Mito e Sacro” dal 17 aprile al 14 settembre

Roma, “Tra Mito e Sacro” dal 17 aprile al 14 settembreRoma, 16 apr. (askanews) – Dal 17 aprile al 14 settembre gli spazi del Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese a Roma ospiteranno il progetto espositivo di arte contemporanea, ideato in occasione delle celebrazioni dell’Anno giubilare, ‘Tra Mito e Sacro. Opere dalle collezioni capitoline di arte contemporanea’. La mostra, a cura di Antonia Rita Arconti, Claudio Crescentini e Ileana Pansino, è promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali; organizzazione Zètema Progetto Cultura.


Caratterizzata da un allestimento immersivo e coinvolgente, l’esposizione si pone l’obiettivo di indagare come l’arte contemporanea esprime il rapporto dell’uomo con la dimensione del sacro, della spiritualità e del mito, attraverso un’accurata selezione di circa trenta opere del XX e XXI secolo provenienti dalle collezioni capitoline, alcune esposte solo in rare occasioni. Dipinti, sculture, fotografie e grandi installazioni: lavori eterogenei caratterizzati da linguaggi artistici variegati e originali, tutti accomunati da assonanze formali e poetiche che traggono ispirazione da un bagaglio di valori spirituali universalmente condivisi come la nascita, il dolore, l’espiazione, la sublimazione, la morte, la resurrezione. Una corrispondenza che pone queste opere in continuità con la tradizione storico-artistica precedente, nonostante il rapporto tra gli artisti contemporanei e la religione si risolva spesso in una dimensione più filosofica e intellettualizzata rispetto al passato. Sarà possibile ammirare la grande installazione di Alessandra Tesi, Cattedrale, che torna “visitabile” dopo dieci anni, una soglia simbolica, realizzata con 750mila perle montate su 650 fili pendenti dal soffitto, per immergersi nella sacralità di un vero e proprio spazio liturgico; il sublime volto angelicato del Trascendente di Carlo Maria Mariani, tempestato di ardenti fiammelle e lo scheletro in preghiera di Marc Quinn, opera a grandezza naturale di grande impatto visivo ed emotivo, ironico emblema della caducità della vita umana.


In mostra anche Stendardo Antico, vessillo familiare di fine XVIII secolo decostruito, ritagliato e ricucito, opera di Sidival Fila, frate minore francescano, artista e Presidente dell’omonima Fondazione filantropica, la cui produzione artistica si caratterizza per il recupero e il riscatto di materiali in disuso. Le cinque sezioni tematiche seguono un percorso concettuale ed estetico che abbraccia tutti i segni del sacro, dal mito classico all’iconografia della tradizione cristiana, dalla ritualità alle figure mistiche, trascendentali e divine. La prima, ‘Dal mito al sacro’, trae ispirazione dai miti classici e ne richiama i profondi significati metaforici. L’imponente trittico Orestiade di Paola Gandolfi (1998-99), celebrazione di uno dei momenti più alti della drammaturgia greca, è uno spazio pittorico irreale e visionario in cui sono sospesi i frammenti dei corpi di Oreste, Elettra e Clitennestra, dove centrale è l’indagine della psiche femminile. Tutta l’ambivalente sensualità di Venere si esprime nell’opera Goldfinger Miss di Mario Ceroli (1964), il cui titolo è mutuato da un episodio della serie cinematografica James Bond Agente 007. La silhouette della dea botticelliana, riprodotta serialmente su sette sagome di legno dorato e ridotta a puro contorno stereotipato, aggiunge una riflessione sui miti nella società contemporanea dominata dai mezzi di comunicazione di massa.


Al piano superiore, l’esposizione prosegue con il metafisico Orfeo (1973) di Giorgio de Chirico, meraviglioso cantore ispirato alle verità misteriche della dimensione divina, parte della collezione permanente del museo; con l’enigmatico dipinto Verso il tempio di Salvatore Pulvirenti (1999), ricerca introspettiva che si materializza in una sovrapposizione di differenti, indecifrabili piani di realtà e con L’angelo sotterraneo di Stefano Di Stasio, realizzato in occasione del Giubileo del 2000, che si staglia azzurro e alato nel buio di un edificio e che ricorda a sua volta l’ambientazione di un tempio. La seconda sezione, ‘Culto e ciclo della vita’ è caratterizzata da due grandi installazioni: la prima è il trittico Universal Keyboard di Alessandro Valeri (2016), tre moduli quadrati che richiamano la circolarità e continuità dell’esistenza nei quali si alternano scritte al neon con le parole chiave life (“vita”), milk (“latte”), dead (“morte”) e Revo (“Rivoluzione”). L’altra è la monumentale Cattedrale di Alessandra Tesi (2002), ricompresa nella White Room, uno spazio allestitivo totalmente dedicato: 750mila perle di vetro opalescente montate su 650 fili, una soglia vibrante che immerge nella sacralità di un vero e proprio spazio liturgico. Su questo eccezionale schermo, infatti, è riprodotto in loop un video girato nella cattedrale di Notre Dame a Parigi – prima del disastroso incendio del 2019 – che, indugiando in particolare su alcuni dettagli, trasporta il visitatore in una dimensione fantastica. Nell’ambientazione di un luogo di culto ci proietta anche Our first port of call di Simon Roberts (2016), disorientante rielaborazione fotografica di cartoline e istantanee che ritraggono luoghi storici del paesaggio urbano.


‘Il dolore, la morte, la sublimazione’ è il titolo della terza sezione che introduce ai grandi interrogativi universali. Densa di suggestioni simboliche, l’opera In piedi sul cielo di Bruno Ceccobelli (1998) è una struttura cruciforme composta da quattro pannelli rettangolari di legno su cui sono riprodotti un pesce, un uccello e una figura umana al centro. Ancora alla devozione cristiana è ispirato il ritratto Anagramma di Maria di Andrea Fogli (1994), quattro stampe fotografiche su sfondo nero dove l’iconografia della Madonna, presentata sotto diverse angolazioni, produce un effetto evanescente e onirico. Dalla simbologia cristiana all’ideale perfezione della cultura classica, l’armonioso volto Trascendente di Carlo Maria Mariani (2010), attraversato da una pioggia di fiammelle, esprime tutta l’eleganza figurativa che ha scandito il lungo percorso artistico e spirituale dell’autore. Di tutt’altro stile la scultura bronzea Waiting for Godot di Marc Quinn (2006), scheletro umano realistico e a grandezza naturale ritratto in ginocchio e con le mani giunte in preghiera. Un linguaggio tetro e ironico, una vanitas moderna nel contrasto tra energia vitale e decadimento, che esibisce la condizione di eterna attesa e speranza in cui si trova l’umanità. Esposte anche le “figure del male”, reali o metafisiche: dal Diavolo di Lionello Giorni Savioli (seconda metà del XX secolo) e la sua compagna, La morte, di Carlo Fontana (1950-56), che rappresentano due arcani maggiori dei tarocchi, alla Diavoleria di Ferruccio Ferrazzi (1947-48), visione notturna e apocalittica resa con prospettiva deformante, entro la quale è possibile riconoscere l’ospedale romano di San Giacomo dove l’artista fu ricoverato. L’esperienza umana e universale della sofferenza e dell’angoscia è esemplificata nella Maschera del dolore (Autoritratto) di Adolf Wildt (1906), manifesto scultoreo del percorso dell’artista in un momento di profonda crisi personale e creativa. La sezione si conclude con un messaggio di salvezza affidato a due opere che attingono all’iconografia cristiana: la Deposizione, bassorilievo in bronzo di Pericle Fazzini (1946), e la Resurrezione del maestro dell’aeropittura Tato (1955/60). Del resto, sarà proprio in seno al Futurismo che maturerà la riflessione moderna sul rinnovamento stilistico dell’arte religiosa, esemplificata dal “Manifesto futurista dell’Arte Sacra” del 1931. La quarta sezione, ‘Astrazione e rappresentazione del divino’, accoglie i visitatori in un’atmosfera fortemente evocativa di stati d’animo e mondi spirituali in cui i principi religiosi si traducono in riflessioni più propriamente filosofiche. Vi si incontrano figure mistiche quali L’Angelo di Corrado Cagli (1958), materia “assoluta”, incorporea e duttile che si offre alla manipolazione dell’artista, e il San Sebastiano nero di Leoncillo (1963), il cui taglio centrale trafigge l’argilla e richiama, anche cromaticamente, le ferite del santo martirizzato. Una riflessione sul tema del passaggio e sui tempi meditativi di percezione è suggerita dalla Soglia di Claudio Verna (1996), spazio pittorico bidimensionale e disomogeneo nei toni del rosa e dell’arancio. La Chiave di volta di Fiorella Rizzo (1996-97), selezione ragionata di sette pannelli dei dodici di cui si compone il progetto installativo originario, è un richiamo al significato simbolico e cabalistico del numero 7. Dall’astrazione alla concretezza della materia, La cera di Roma #4 di Alessandro Piangiamore (2012) è un pannello solido e compatto di cera fusa delle candele raccolte nelle chiese romane, autentico omaggio alla sacralità della città eterna. Uno speciale approfondimento è dedicato a Sidival Fila, la cui produzione artistica si distingue per il recupero e il riscatto di materiali obsoleti e invita a una riflessione critica sul tema del consumo, dello spreco e della sostenibilità. Esposta l’opera Stendardo antico (2021): uno stendardo araldico di fine Settecento decostruito, ritagliato e ricucito insieme a frammenti specchiati che rivela la tensione dell’uomo verso la natura divina attraverso l’esaltazione della propria storia famigliare. Chiude il percorso di mostra la sezione ‘Ritualità e idoli contemporanei’, con due opere di Benedetta Bonichi dove tornano i temi del sacro, della cerimonialità e della morte. L’installazione To see in the dark. Banchetto di nozze (2002) è la stampa di un’immagine ai raggi X che ritrae una coppia di sposi e gli invitati attorno a una tavola imbandita con stoviglie e frutta vera, dove la tangibilità degli oggetti contrasta con le forme scheletriche dei personaggi. Un invito, proposto in maniera del tutto inedita, a guardare oltre il sensibile. La figura dello scheletro, con la sua presenza conturbante, è posta anche sull’immagine di un dollaro nell’opera Oh my god! del 2023, in prestito dalla collezione personale dell’artista, un monito a non cadere nell’adorazione degli idoli terreni.

Il Fre apre la stagione con uno speciale menu di primavera

Il Fre apre la stagione con uno speciale menu di primaveraMilano, 16 apr. (askanews) – Come ogni anno, il ristorante Fre, una stella Michelin al Réva Resort di Monforte d’Alba, riapre le sue porte dopo la chiusura stagionale in occasione della Pasqua, e celebra l’arrivo della primavera con un menu dedicato ai festeggiamenti


La nuova stagione inizia ricca di novità, studiate dallo chef Francesco Marchese e dal suo team nel corso di questi mesi di chiusura per omaggiare il territorio, la primavera e le materie prime locali, con quel tocco di personalità che da sempre caratterizza i suoi piatti, spesso di forte influenza francese – chef Marchese si è formato alla corte del leggendario chef Jannick Alléno – nelle tecniche e nelle ispirazioni. La sala del Fre, che da sempre accompagna con la massima professionalità ed efficienza i clienti del ristorante nel percorso di scoperta della cucina dello chef, riapre le sue porte rafforzata dalla presenza di Federico Rauseo, che porta nella squadra del ristorante la sua grande competenza enologica e la sua formazione precedente al Castello di Reschio, hotel tre chiavi Michelin a Lisciano Niccione e al Ristorante Campo del Drago, due stelle Michelin a Montalcino. Sarà lui ad affiancare a partire da questa riapertura la consueta squadra di sala e l’head sommelier del FRE Andrea Gardella, a cui è affidata la gestione una carta composta da più di 1700 etichette.


Quanto alla proposta gastronomica, il FRE riapre con due percorsi degustazione: il Tradizione, con quattro corse alla scoperta del territorio a 110 euro e il FRE, che lascia più spazio alla creatività dello chef Marchese, con sette corse a 150 euro. A questi si aggiungono una piccola selezione di piatti signature ordinabili alla carta e la novità assoluta di questa stagione, il Piccolo Menu, pensato per chi vuole approcciare la cucina del FRE in modo semplice, e per dare la possibilità a tutti gli ospiti del Réva Resort di godere della cucina di Francesco Marchese, anche quotidianamente. Il Piccolo Menu, infatti, è una soluzione veloce, che prevede un percorso di tre piatti (antipasto, primo e dessert) a scelta della cucina al prezzo di 65 euro (bevande escluse).


Alla proposta primaverile dello chef Francesco Marchese per festeggiare la Pasqua circondati dalle verdi colline delle Langhe, si aggiunge, come ormai da tradizione del FRE, la proposta per la grigliata di Pasquetta: un’idea informale e conviviale per condividere una giornata di festa accompagnati da un menu d’eccellenza, da gustare divertendosi e godendosi la vista della meravigliosa terrazza del FRE, magari abbinando a grigliata al regalo di un pacchetto speciale per trascorrere le festività circondati dal calore e dall’atmosfera unica di Réva. Il Menu per il pranzo di Pasqua è pensato dallo chef per celebrare il Risveglio della primavera, con una serie di sapori stagionali che rimandano anche agli ingredienti tipici della tradizione pasquale.


Per una Pasquetta all’aperto, come tradizione vuole, il FRE ha pensato di ospitare nei suoi spazi, e nella sua scenografica terrazza, una grigliata di carne, conviviale e divertente. Un momento di festa nello stile che caratterizza il resort e il ristorante, con le migliori materie prime e tutta l’attenzione dell’accoglienza che caratterizza questo luogo.

Anthony Genovese compie 40 anni di carriera e lancia nuovo menu

Anthony Genovese compie 40 anni di carriera e lancia nuovo menuRoma, 16 apr. (askanews) – Anthony Genovese compie quest’anno i 40 anni di carriera e lancia “MODE.XL – quaranta”, un menù che racconta l’evoluzione della sua filosofia ai fornelli, dalle prime esperienze al Pagliaccio, ristorante due stelle Michelin di Roma.


Da oggi e per tutto il 2025 il menu sarà proposto in tavola al Pagliaccio ma non è un percorso degustazione realizzato da piatti omaggio al passato ma un menù completamente nuovo, frutto però dell’esperienza di 40 anni di cucina. Il tutto con una comunicazione visiva nuova, supportata dall’Accademia d’Arte Circense di Verona, tra le più importanti a livello europeo. A inaugurare questa nuova stagione a tu per il tu con il proprio pubblico, il gesto del silenzio. “Parlo io”, per iniziare un nuovo capitolo.

La Corte suprema del Regno Unito: la definizione “donna” si basa sul sesso biologico

La Corte suprema del Regno Unito: la definizione “donna” si basa sul sesso biologicoRoma, 16 apr. (askanews) – Una sentenza della Corte suprema del Regno unito relativa all’Equality Act del 2010 ha stabilito oggi che la definizione giuridica di “donna” si basa sul sesso biologico, non su quanto riportato sul certificato di nascita di una persona.


Il pronunciamento s’innesta su una complessa questione giuridica prodotta da un’interpretazione della legge sull’uguaglianza di genere da parte dei ministri scozzesi i quali, nell’applicazione della norma in questione, facevano riferimento non già al sesso biologico ma a quello dichiarato nel certificato di nascita. “La decisione unanime di questa Corte è che i termini ‘donna’ e ‘sesso’ nell’Equality Act del 2010 si riferiscono a una donna biologica e al sesso biologico”, ha affermato Lord Hodge nel pronunciare la determinazione della Corte suprema.


Durante l’udienza di novembre, Aidan O’Neill, legale del gruppo For Women Scotland (FWS), aveva dichiarato ai giudici che la posizione dei ministri scozzesi, secondo cui i termini sesso, uomo e donna nell’Equality Act si riferiscono al “sesso certificato” – ossia il sesso indicato sul certificato di nascita di una persona, anche se successivamente modificato mediante un certificato di riconoscimento di genere (GRC) – è “completamente sbagliata e dovrebbe essere respinta dalla Corte”. Al contrario, Ruth Crawford, legale del governo scozzese, aveva sostenuto che una persona che diventa donna “a seguito di un GRC” ha diritto a quella protezione “proprio come coloro che, registrati come donne alla nascita, godono di tali protezioni”. Ha inoltre affermato che l’”inevitabile conclusione” della contestazione mossa da FWS, qualora avesse avuto successo, sarebbe che le donne trans con GRC “rimarrebbero uomini fino alla morte, ai fini dell’Equality Act”. Alla Corte è stato inoltre riferito che, dal passaggio del Gender Recognition Act nel 2004, 8.464 persone nel Regno Unito hanno ottenuto un GRC. Nella sentenza, lunga 88 pagine, Lord Hodge insieme a Lady Rose e Lady Simler hanno chiarito che la definizione di sesso contenuta nell’Equality Act 2010 prevede un concetto binario: una persona è o una donna o un uomo. Sebbene il termine “biologico” non compaia esplicitamente nella definizione, il significato ordinario di tali parole, chiare e non ambigue, corrisponde alle caratteristiche biologiche che determinano se un individuo è un uomo o una donna. Secondo la corte, questa interpretazione è ovvia e non richiede ulteriori spiegazioni: uomini e donne sono distinti nella definizione in virtù della biologia che condividono, formando così gruppi distinti a seconda del sesso biologico.


Un’interpretazione basata sul “sesso certificato” si configurerebbe come un’interpretazione incoerente rispetto alla definizione della caratteristica protetta del sesso, secondo la sentenza, destinata a far discutere. D’altronde, secondo la Corte, i riferimenti a “donna” e “donne” come gruppo che condivide la caratteristica protetta del sesso includerebbero tutte le femmine, a prescindere dall’età e da qualsiasi altra caratteristica protetta, nonché quelle donne trans (cioè uomini biologici) che possiedono la caratteristica protetta della transizione di genere e un Certificato di Riconoscimento di Genere (GRC), e che pertanto sono considerate femmine ai sensi della legge.


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Biennale Musica, il Leone d’oro alla carriera a Meredith Monk

Biennale Musica, il Leone d’oro alla carriera a Meredith MonkMilano, 16 apr. (askanews) – È la compositrice e performer statunitense Meredith Monk il Leone d’oro alla carriera della Biennale Musica 2025, artista multidisciplinare la cui influenza si estende dalla musica d’avanguardia alla classica contemporanea, dall’elettronica sperimentale al jazz e al pop, ispirando generazioni di artisti. Il Leone d’argento è attribuito a Chuquimamani-Condori, statunitense di origine boliviana, voce visionaria nella musica sperimentale contemporanea. La decisione è stata presa dal Consiglio di amministrazione della Biennale di Venezia su proposta di Caterina Barbieri, direttrice del Settore Musica.


La cerimonia di consegna del Leone d’oro e del Leone d’argento avrà luogo nel corso del 69esimo Festival Internazionale di Musica Contemporanea in programma dall’11 al 25 ottobre. Secondo la motivazione per il Leone d’oro “Meredith Monk ha rivoluzionato la musica e l’arte della performance con un approccio che ha ampliato le potenzialità della voce umana, trasformandola in un veicolo di esplorazione sonora senza precedenti. Il Leone d’oro alla carriera per la Musica è un riconoscimento al suo impatto straordinario e duraturo sul panorama musicale contemporaneo, alla sua visione artistica unica e al costante impegno nella ricerca sonora. Attraverso le sue composizioni e performance, Meredith Monk ha dimostrato un’incessante capacità di innovazione, trasformando la musica in un’esperienza immersiva e rituale. La sua musica esiste nello stesso spazio che La Stella Dentro si propone di esplorare: una cosmogonia sonora, una vibrazione che ci attraversa connettendoci con l’altro, un’eco profonda in cui l’ascolto diventa trasformazione. Le sue incantazioni senza parole e la capacità di costruire interi mondi sonori a partire dai gesti più semplici danno vita a un dialogo tra materia e spirito, tra presenza e trascendenza. Il suo lavoro non si lascia imbrigliare da categorie storiche, ma apre un universo sonoro vivo in continua evoluzione, che appare al tempo stesso arcaico e radicalmente innovativo”.


Nata a New York nel 1942, dopo gli studi al Sarah Lawrence College, Meredith Monk è diventata una figura di spicco della scena sperimentale newyorkese degli anni Sessanta, sviluppando una tecnica vocale estesa e un’estetica interdisciplinare che ha ridefinito la performance contemporanea. Fondatrice di The House (1968) e del Meredith Monk & Vocal Ensemble (1978), ha creato opere che fondono musica, teatro, danza e cinema, spingendo oltre i confini delle arti. Tra i suoi lavori più significativi figurano Dolmen Music (1981), che ha segnato un punto di svolta nella musica vocale, e Atlas (1991), un’opera lirica su larga scala commissionata dalla Houston Grand Opera. Un altro lavoro visionario è Vessel: an opera epic (1971), per un ensemble di 75 voci, organo elettronico, dulcimer e fisarmonica, consolidando la reputazione di Monk come pioniera nell’arte interdisciplinare. Il suo ciclo Songs of Ascension (2008) rappresenta una delle vette della sua ricerca musicale, unendo voce, architettura sonora e spiritualità in una composizione che esplora l’elevazione in musica. L’opera, concepita per una torre a otto piani progettata dall’artista visiva Ann Hamilton, unisce quartetto d’archi, strumenti a fiato, percussioni e coro. A Venezia Meredith Monk era stata invitata alla Biennale Teatro e Musica del 1975 e del 1976, le celebri edizioni dirette da Luca Ronconi, con Education of the Girlchild: an opera e Quarry: an opera in three movements, due dei lavori che l’hanno imposta al mondo intero.


La Biennale Musica 2025 ospiterà una performance speciale di Meredith Monk al Teatro Malibran, con un ampio programma di opere che abbracciano tutta la sua carriera, interpretate da lei e da membri del suo ensemble vocale. Il festival presenterà anche testimonianze della sua multiforme carriera creativa attraverso film, installazioni e riflessioni. “Per il contributo innovativo alla musica contemporanea, la sperimentazione artistica multidisciplinare e la partecipazione a un discorso culturale più ampio, che connette la musica a temi di identità e storia, la Biennale Musica assegna il Leone d’argento a Chuquimamani-Condori”.


“Artista multidisciplinare e musicista di origine boliviana – si legge nella motivazione – Chuquimamani-Condori, il cui progetto è noto anche come Elysia Crampton Chuquimia, è una voce visionaria nella musica sperimentale contemporanea. La sua opera ridefinisce i confini della composizione elettronica, intrecciando le sonorità folk della tradizione indigena Aymara con le tecnologie digitali e la club culture. Radicata nella cosmologia Aymara e nella filosofia decoloniale, la sua musica si pone come un atto di resistenza alle convenzioni temporali lineari e alle strutture musicali occidentali. Con una carriera che si estende per oltre due decenni, Chuquimamani-Condori ha sviluppato un approccio innovativo al suono attraverso l’uso del campionamento, strutture poliritmiche, synth melodici futuristici e narrazioni personali complesse. La sua estetica sonora, che fonde folk e iper-contemporaneo, si distingue per la costruzione di stratificazioni massimaliste che riflettono la sua eredità culturale e identità queer. La sua ricerca artistica non è solo pratica decoloniale, ma anche una forma di resistenza culturale e politica queer, in grado di aprire nuovi sentieri estetici e concettuali su temi di identità, diaspora e decolonizzazione. La musica di Chuquimamani-Condori non si limita a riflettere tradizioni esistenti, ma rielabora le possibilità del suono come mezzo di narrazione storica, identità e trasformazione”. In occasione della Biennale Musica 2025, Chuquimamani-Condori presenterà un progetto commissionato dal festival in cui far risuonare le “cerimonie d’acqua” del passato e del presente. Una processione musicale di barchini attraverserà i canali di Venezia, culminando in un concerto live dei Los Thuthanaka, il duo composto dall’artista e dal fratello Joshua Chuquimia Crampton, davanti all’Isolotto dell’Arsenale.

Liguria, Orlando: su bilancio da maggioranza muro contro muro

Liguria, Orlando: su bilancio da maggioranza muro contro muroRoma, 16 apr. (askanews) – “Ieri sono intervenuto in Consiglio Regionale in Liguria sulla manovra di variazione di bilancio. All’inizio della legislatura ci saremmo aspettati che ci fosse un segnale, non soltanto negli aspetti contabili, ma indicando una direzione di marcia. Accade il contrario, con un provvedimento che ricalca le linee fondamentali di quelli precedenti. Per questo credo che l’argomento della scarsa ambizione sia abbastanza fondato. Il centrodestra ha deciso di fare muro contro muro, di evitare il dialogo con l’opposizione bocciando ogni nostra richiesta e indicando come ostacolo l’inadeguatezza delle coperture”. Lo dice l’ex ministro del Lavoro e consigliere regionale Pd, Andrea Orlando, in un video pubblicato sui social del suo intervento ieri nel Consiglio regionale della Liguria.


“Entriamo in tempi incerti, che nessuna sicumera riuscirà a rendere più rassicuranti. I dazi sono un bene, sono un male – aggiunge Orlando – io penso che siano un male, ma che cosa provocheranno non lo sa esattamente nessuno. Non sa nessuno quali siano le conseguenze delle grandi crisi geopolitiche che stiamo vivendo, non sa nessuno quali siano gli effetti delle nuove tecnologie che impattano sulla società. E il centrodestra pensa di affrontare tutto questo alzando le spalle e ostentando arroganza? Credo che invece si dovrebbe aprire un’altra fase politica, discutendo su quali sono le novità che stiamo per affrontare e su come le vogliamo affrontare. L’autoelogio, l’esaltazione di se stessi, il mantra ricorrente dell’incapacità e della falsità dell’interlocutore, sicuramente non sono gli strumenti per affrontare questo tempo. Cambiare soprattutto l’atteggiamento – conclude l’esponente dem – sarebbe il presupposto per aprire una fase politica. Se non lo si farà, si pagheranno dei danni tutti, ma li pagherà anche chi è stato chiamato pro tempore a governare questa regione”.

Barbabietola zucchero: raccolto dalle Marche all’E-R su rotaia

Barbabietola zucchero: raccolto dalle Marche all’E-R su rotaiaRoma, 16 apr. (askanews) – Il raccolto dei 2.500 ettari di barbabetola da zucchero di Coprob Italia coltivati nelle Marche arriverà in Emilia Romagna su rotaia anziché su gomma, garantendo fino a 50 autotreni al giorno in meno per 60 giorni sulle strade delle due regioni, ovvero per tutta la durata della campagna bieticolo-saccarifera. Il tutto se saranno positivi gli esiti del tavolo tecnico, che si aprirà tra pochi giorni, nato a seguito dell’incontro istituzionale nel pomeriggio di ieri tra Regione Marche, Interporto Marche spa, Coldiretti Marche, Confcooperative Marche e Coprob-Italia Zuccheri. Un traguardo che, se supportato dalle positive analisi costi-benefici, ora sotto la lente dei tecnici potrebbe, già da quest’anno, garantire un rilevante beneficio economico e ambientale.


Grazie agli scambi ferroviari intermodali infatti Coprob Italia Zuccheri potrà gestire il trasporto della barbabietola dall’Interporto Marche di Jesi allungando la campagna anche nello stabilimento veneto di Pontelongo, oltre che in quello più vicino di Minerbio, nel Bolognese. La filiera agricola della barbabietola nel comprensorio Marchigiano coinvolge centinaia di imprese per oltre 2500 ettari coltivati, tutti soci conferenti della cooperativa Coprob che stagionalmente trasporta il raccolto nei due stabilimenti di Minerbio (Bo) e Pontelongo nel padovano, dove viene eseguito, da 60 anni, il processo di trasformazione in zucchero certificato. Al summit sulla gestione del trasporto della barbabietola hanno preso parte tra gli altri il presidente di Regione Marche Francesco Acquaroli, Luigi Maccaferri presidente Coprob Italia Zuccheri, il direttore dell’Interporto Marche spa Massimo Stronati, il direttore di Coldiretti Marche Alberto Frau, il direttore di Coldiretti Macerata David Donninelli, il direttore di Confcooperative Marche Mauro Scattolini.


Maccaferri ha sottolineato che il tavolo tecnico “potrebbe portare ad un risultato estremamente proficuo sia per la nostra filiera sia per l’ambiente in cui operiamo con un beneficio per le imprese agricole e con una rinnovata attenzione per la sostenibilità del territorio”. E c’è già la massima disponibilità da parte dell’Interporto, ha garantito Stronati, ad attivarsi per “concorrere alla realizzazione dei collegamenti più utili attraverso l’intermodalità favorendo il trasporto ferroviario. La struttura interportuale, già qualche anno fa, aveva organizzato per la barbabietola altri collegamenti per altri zuccherifici”.

Alcohol Prevention Day, nel 2023 in Italia 8 mln di consumatori a rischio

Alcohol Prevention Day, nel 2023 in Italia 8 mln di consumatori a rischioMilano, 16 apr. (askanews) – Nel 2023, circa 8 milioni di italiani di età superiore a 11 anni (pari al 21,2% dei maschi e al 9,2% delle femmine) hanno bevuto quantità di alcol tali da esporre la propria salute a rischio. Quattro milioni e 130 mila persone hanno bevuto per ubriacarsi e 780.000 sono stati i consumatori dannosi, coloro cioè che hanno consumato alcol provocando un danno alla loro salute, a livello fisico o mentale. Rimane distante il raggiungimento degli Obiettivi di Salute Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. A scattare la fotografia è, come ogni anno, l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità, Ona-Iss, che ha rielaborato attraverso il Sisma (Sistema di Monitoraggio Alcol-DPCM 3/3/20217), i dati della Multiscopo Istat, in occasione dell’Alcohol Prevention Day (Apd). I dati sono stati presentati il 16 aprile, nel corso dell’annuale workshop internazionale in programma presso l’ISS.


Nel 2023, in Italia, non si registra alcuna delle attese riduzioni dei comportamenti a rischio legate all’uso di alcol. Stabili i consumatori a rischio, soprattutto tra i target più vulnerabili della popolazione: i minori, i giovani, le donne, gli anziani. Il bere per ubriacarsi (binge drinking), diffuso tra tutte le fasce di popolazione, non risparmia gli anziani, tra i quali, peraltro, si registrano le più elevate frequenze di consumatori dannosi con disturbi da uso di alcol non intercettati dal Servizio Sanitario Nazionale. I consumi fuori pasto risultano in costante aumento in particolare tra le donne (23,9%) tra le quali sono 1 milione e 230 mila le consumatrici che bevono per ubriacarsi. In ripresa l’incremento della mortalità totalmente attribuibile all’alcol lì dove era attesa una riduzione, registrata soprattutto per le classi di età produttive per entrambi i sessi. “I consumi di alcol in Italia evidenziano una situazione consolidata e preoccupante di tutti gli indicatori monitorati di danno e di rischio, dilagante nelle fasce più vulnerabili della popolazione: minori, adolescenti, donne e anziani” afferma Emanuele Scafato, Direttore dell’Ona-Iss, aggiungendo che “la prevenzione nazionale e regionale, la più efficace possibile, è possibile se si mira ai target principali. È necessario innalzare l’attenzione per i giovani, i minori in particolare, prevedendo maggiori tutele nei luoghi di aggregazione e l’educazione alla salute nelle scuole. È dimostrato – ha evidenziato – che è efficace investire in prevenzione e attivare l’intercettazione precoce dei consumatori a rischio, specialmente con interventi differenziati per donne e anziani, favorendo il counselling e l’intervento motivazionale. Occorre assicurare adeguate risorse per le reti curanti – ha proseguito Scafato – e l’applicazione delle linee guida per i disturbi da uso di alcol che l’Iss ha reso disponibili alle strutture del Ssn per la cura dei consumatori con danno o alcoldipendenti, pazienti clinici a tutti gli effetti in necessità di trattamento. Occorre – ha concluso – favorire un incremento della consapevolezza sui rischi derivanti dall’uso di alcol a sostegno delle persone, delle famiglie e in osservanza degli obiettivi delle strategie delle Nazioni Unite, che non abbiamo raggiunto nel 2025, ma in cui siamo impegnati per il 2030”.


Il quadro delineato dal comportamento dei 36 milioni di consumatori di alcol in Italia, pari al 77,5% dei maschi e al 57,6% delle femmine, presenta luci e molte ombre. Tra i consumatori a rischio, preoccupano soprattutto i giovani (circa 1.260.000 tra gli 11 e 24 anni, di cui 615.000 minorenni) e le donne (circa 2,5 milioni, con il 13,3% di consumatrici a rischio tra le minorenni 11-17enni). Spiccano i 4,13 milioni di “binge drinker” (74.000 sono minori) il cui andamento negli ultimi 10 anni mostra un aumento dell’80% nelle femmine, passando dal 2,5% nel 2013 al 4,5% nel 2023; anche i maschi vedono un incremento del 19% tra il 2019 e il 2023 senza alcun accenno all’atteso calo dei consumi tesi all’intossicazione. Dei 780.000 consumatori dannosi, clinicamente pazienti con Disturbi da Uso di Alcol (DUA), 310.000 sono donne. Tutti i consumatori dannosi sono in necessità di essere presi in carico, mentre lo sono solo l’8,1%, non essendo il 91,9% dei consumatori dannosi “in need for treatment” mai intercettati dal Ssn.

Exposed Torino Foto Festival, le mostre in tutta la città

Exposed Torino Foto Festival, le mostre in tutta la cittàTorino, 16 apr. (askanews) – Raccontare la complessità e le sfide del nostro tempo, dal cambiamento climatico, alle disuguaglianze sociali solo per citare qualche tema: è l’obiettivo della seconda edizione di EXPOSED Torino Foto Festival, che attraverso 12 mostre offre spunti di riflessione su temi come la memoria storica, le identità diasporiche, l’ecologia e il rapporto tra uomo e tecnologia.


All’Accademia Albertina di Belle Arti, quartier generale del festival, cinque artisti presentano progetti che riflettono sulle tensioni del presente. Il fotografo congolese Georges Senga, propone Décalquer, un’indagine visiva su una comunità dimenticata di origine nippo-congolese, nata da un passato minerario segnato dal neocolonialismo. Accanto a lui, l’artista statunitense Gregory Halpern, membro dell’Agenzia Magnum, espone Omaha Sketchbook, una serie di immagini che esplorano la città di Omaha, Nebraska, con uno sguardo che mescola elementi di cultura rurale e urbana. Halpern ha scelto questa città come teatro di indagine per raccontare una realtà sospesa tra passato e futuro. Le sue fotografie sono un racconto visivo che riflette sulle tensioni sociali, economiche e culturali che segnano la provincia americana. Lisa Barnard, artista e ricercatrice britannica, presenta la sua prima retrospettiva a Torino con Running Fast – Senses Off, una riflessione sull’interazione tra guerra, tecnologia e percezione visiva. Il lavoro combina estetica fotografica e ricerca sul campo, muovendosi tra droni, realtà virtuale ed ecosistemi naturali. Silvia Rosi, vincitrice del C/O Berlin Talent Award 2024, porta in mostra Disintegrata, un progetto che intreccia autoritratto e memoria diasporica, rievocando la fotografia da studio dell’Africa occidentale come strumento di rappresentazione identitaria. Valeria Cherchi, vincitrice nell’ambito dell’avviso pubblico Strategia Fotografia 2024, assegnato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura italiano, presenta, invece, RE:Birth, un lavoro personale e politico che affronta il tema della violenza ostetrica e ginecologica, costruendo una narrazione stratificata tra archivio, testimonianza e paesaggio.


All’Archivio di Stato il taiwanese Sheng-Wen Lo espone Not Bad Intentions. Attempts to Coexist, progetto in collaborazione con FOTODOK e curato da Daria Tuminas, che mette in discussione l’antropocentrismo nelle politiche ambientali, con opere che spaziano dall’installazione al video. Il progetto si avvale del contributo di OGYRE, startup italiana impegnata nella salvaguardia dell’Oceano, che ha donato le reti da pesca dismesse presenti in mostra e ha avviato una campagna di recupero rifiuti per la protezione della biodiversità marina in collaborazione con EXPOSED. Nella stessa sede, la mostra collettiva To Be In and Out of the World, curata dalla ricercatrice e scrittrice Zoé Samudzi, presenta i lavori di tre artisti internazionali, Tiffany Sia (Hong Kong), Ahlam Shibli (Palestina) e Nolan Oswald Dennis (Sudafrica), in una triangolazione visiva che indaga il rapporto tra territorio, appartenenza e potere attraverso approcci concettuali e politici. Alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea il fotografo boliviano River Claure, vincitore dell’EXPOSED Grant for Contemporary Photography 2024, espone Once Upon a Time in the Jungle, una rilettura dell’immaginario amazzonico che mescola western americano, cultura indigena e riflessioni postcoloniali.


Alle OGR Torino, Almost Real. From Trace to Simulation esplora il confine tra fotografia e intelligenza artificiale. La collettiva, curata da Samuele Piazza e Salvatore Vitale, riunisce Alan Butler (Irlanda), Nora Al-Badri (Germania/Iraq) e Lawrence Lek (Regno Unito/Singapore): tre visioni differenti per affrontare il ruolo dell’immagine generata, la simulazione museale e la coscienza artificiale. Nell’atrio di Palazzo Carignano, Climate Tribunal di Paolo Cirio, artista e attivista italiano con una lunga carriera internazionale, si articola come un’installazione di denuncia simbolica nei confronti delle aziende responsabili del cambiamento climatico, trasformando i ghiacciai in soggetti giuridici e politici.


A CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, la fotografa italo-svizzera, Olga Cafiero presenta Cultus Langarum, un progetto sviluppato durante una residenza d’artista presso l’Azienda Vinicola Garesio nelle Langhe. Il lavoro, tra fotografia sperimentale e documentazione del paesaggio, riflette sul rapporto tra territorio, sostenibilità e tradizione. Alle Gallerie d’Italia – Torino, la retrospettiva The Heart of the Matter è dedicata a Carrie Mae Weems, figura centrale della fotografia afroamericana e internazionale. La mostra, curata da Sarah Meister in collaborazione con Aperture, presenta alcuni dei suoi lavori più emblematici insieme all’inedito Preach, una potente installazione sulla spiritualità come forma di resistenza storica delle comunità nere americane.

Torino, apre Exposed Foto Festival: diffuso e internazionale

Torino, apre Exposed Foto Festival: diffuso e internazionaleMilano, 16 apr. (askanews) – Si apre oggi 16 aprile la seconda edizione di EXPOSED Torino Foto Festival, la rassegna internazionale dedicata al mondo della fotografia contemporanea. Diretto da Menno Liauw e Salvatore Vitale, quest’anno EXPOSED Torino Foto Festival ruota attorno al tema Beneath the surface, tema che invita lo spettatore a esplorare la realtà nascosta sotto la superficie delle immagini e delle loro storie, non solo quelle catturate dagli obiettivi degli artisti, ma anche quelle trasformate, ritoccate e generate dalle tecnologie digitali e dall’intelligenza artificiale. Sedici gli artisti internazionali che espongono a Torino e che riportano in primo piano, attraverso la loro ricerca artistica, temi come le disuguaglianze sociali, il cambiamento climatico, la prospettiva postcoloniale, i mutamenti degli equilibri geopolitici.


Organizzato dalla Fondazione per la Cultura Torino e promosso da Città di Torino, Regione Piemonte, Camera di commercio di Torino, Intesa Sanpaolo, Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT in sinergia con Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, EXPOSED Torino Foto Festival si inaugura alle Gallerie d’Italia – Torino di Intesa Sanpaolo, alla presenza di Carrie Mae Weems, una delle più importanti esponenti della fotografia internazionale. L’esposizione, inserita nel palinsesto di EXPOSED, è una retrospettiva con opere tratte dalle sue serie fotografiche più famose con, al centro, un progetto originale Preach commissionato da Intesa Sanpaolo. La mostra è curata da Sarah Meister, Executive Director di Aperture, con un passato da curatrice presso il Museum of Modern Art (MoMA) di New York. Il quartier generale di EXPOSED è invece l’Accademia Albertina di Belle Arti, che ospita 5 mostre. Lisa Barnard, Valeria Cherchi, Gregory Halpern, Silvia Rosi e Georges Senga sono gli artisti in mostra, portatori nelle loro opere di riflessioni potenti sul nostro tempo, tessitori di narrazioni che si nutrono delle loro esperienze personali e culturali.


Il festival per la prima volta sarà quasi totalmente gratuito. Obiettivo dichiarato di questa seconda edizione di EXPOSED Torino Foto Festival è coinvolgere un pubblico ampio, con un occhio di riguardo ai giovani. Di qui la scelta di rendere la manifestazione accessibile gratuitamente a tutti (su prenotazione tramite Qr Code), o con un prezzo speciale di 5 euro per la mostra alle Gallerie d’Italia – Torino Carrie Mae Weems: The Heart of the Matter. Il Pass digitale potrà essere utilizzato dal 16 aprile al 2 giugno. “L’internazionalità è il cuore pulsante di EXPOSED Foto Festival Torino, un tratto che si riflette sia nella selezione degli artisti coinvolti, provenienti da contesti e culture diverse, sia nelle tematiche affrontate, che esplorano questioni globali. In questo senso EXPOSED non è solo un festival, ma anche un motore di nuove idee, un luogo in cui far incontrare visioni artistiche e riflessioni critiche, che trascendono i confini geografici, per affrontare le sfide del nostro tempo con uno sguardo creativo e inclusivo”, hanno dichiarato i direttori artistici Menno Liauw e Salvatore Vitale.